Ribadendo la mortificazione che si procura alle produzioni dello spagnolo nel vederle su piccolo schermo invece che su quello grande, con Red Moon Tide si riesce comunque a godere, e tanto, del pregevole impianto formale elaborato per l’occasione. Che Lois fosse bravo nel comparto naturalistico lo si sapeva, chiaro, fino ad oggi eravamo consci di non avere a che fare con un documentarista classico, ma lo step compiuto per Lúa vermella è davvero notevole e regala scorci e accostamenti da applausi. La forza di un oggetto che non si può negare sia abbastanza ostico, almeno per chi non ha vasta esperienza cinefila nel settore, risiede sicuramente nell’alto tasso di fascinazione che è capace di imprimere, sarà banale sottolinearlo ma la potenza delle immagini, seppur calate in una confezione sedata e quindi contemplativa, esplode sullo schermo in continue detonazioni cristalline, roba che può dialogare senza paura con l’arte visuale di un Matthew Barney meno ossessionato dal simbolo. E in subordine, ma mica tanto perché alla fin fine il nocciolo atomico che arde è proprio qua, si sente (corsivo d’obbligo, siamo ben al di là della razionalità, conta il sentire, e basta, il resto è breviario netflixiano) che le suddette immagini non sono un collage fine a se stesso assemblato per gonfiare l’ego del suo creatore, no, c’è un dialogo importante tra l’uomo e la natura (la diga vs. il mare), c’è un ritmo (ampio merito anche al sonoro), c’è una progressione (il viaggio delle tre streghe), c’è una catarsi (l’impeto acqueo virato in rosso). Racconto per immagini è una frase fatta? Sì, allora invertiamo: immagini (sublimi) di un racconto. Gli unici appunti che mi sento di avanzare sono giusto dei dettagli: 1) non avrei scelto di “freezare” gli esseri umani perché richiamano quelli di Roy Andersson e 2) la scelta dei lenzuoli bianchi per i fantasmi avrebbe il suo impatto se non avessimo visto Finisterrae (2010) o Storia di un fantasma (2017), per il resto inchini a profusione verso Patiño.
Il Buio Oltre la Siepe
47 minuti fa
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