domenica 29 ottobre 2023

I’ve Seen the Unicorn

The Crying Conch (2017), che arriverà tre anni dopo, pur essendo un cortometraggio presenterà una fattura diversa rispetto a I’ve Seen the Unicorn (2014), non dico migliore o peggiore (sì, presumo migliore, ma non ne faccio una gara), però sicuramente più dentro ad un certo cinema autoriale d’oggidì, festivaliero quanto si vuole ma comunque, a tratti, piacevole. Qui il quadro in cui Vincent Toi si muove è quello del documentario simil-etnografico, il regista gioca in casa occupandosi di una manifestazione sportiva tipica della Repubblica di Mauritius, una corsa equina chiamata Maiden Cup, strascico della colonizzazione britannica terminata nel 1968, e, non a caso, il film si apre su delle immagini d’archivio relative alla cerimonia di indipendenza della nazione insulare. Sulla carta mi aspettavo un approccio sociologico e magari anche storico con qualche licenza contemplativa/astraente, nel concreto l’opera ha delle modalità espositive nonché realizzative abbastanza basiche, il taglio dato dal filmmaker è di tipo riprendo-la-realtà-e-poi-ci-lavoro-sopra, che poi è il metodo di praticamente tutti coloro che campano con la settima arte, ma per I’ve Seen the Unicorn la cosa si vede e si sente in modo forse fin troppo chiaro. Tutto è, diciamo, sotto controllo, nel depliant illustrativo mauriziano si coglie una lieve ricerca di coralità che rimbalza da un ragazzino con il sogno di diventare fantino, un fantino irlandese professionista, un muratore rasta che ama scommettere sui cavalli e altri soggetti connessi in qualche maniera alla competizione, nella sua semplicità questa ragnatela di testimonianze può anche andare, va da sé che non ci si può aspettare di trovare altro che non sia ciò che vediamo.

Che poi le intenzioni di Toi credo di averle carpite, l’obiettivo era di fornire il ritratto di un Paese che, seppur piccolo e sperduto in mezzo al mare, fa parte del nostro tempo e di come tale Paese vive tutt’ora il suo periodo post-colonialista, di come, in sostanza, stanno le cose a Mauritius, e per fare ciò ha deciso di utilizzare la lente di ingrandimento fornita da un evento ippico in apparenza un po’ anomalo su un’isola del genere, e che invece è assolutamente radicato nella cultura del luogo. Le eventuali connessioni con il passato al pari di quelle con il presente non fanno scattare la celeberrima scintilla, il film procede nel proprio solco dall’inizio alla fine senza riservare particolari sorprese, né negative né positive. Considerando che si tratta di un debutto quanto asserito dal sottoscritto va ben ben filtrato, più che interessante lo definirei curioso per l’argomento affrontato perché ci mostra un posto famoso per noi occidentali soltanto in ambito vacanziero, resta che dalla mia posizione di appassionato cinefilo speravo che Toi avesse già un tocco distintivo maggiormente marcato.

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