Premessa: io il Tenente di Ferrara non l’ho visto. In tutte o quasi le recensioni lette la pietra di paragone posta è il film del ’92. Ogni commento riporta all’incirca le stesse similitudini: “Ma Herzog in confronto a Ferrara…” oppure: “Ma Keitel in confronto a Cage…” E così via.
Uno dei grandi dubbi che mi pervade ogniqualvolta scrivo di un film, è la legittimità del confronto: è giusto, o meglio, è conveniente valutare un’opera comparandola ad un’altra? Nell’attesa di trovare una risposta esprimo di seguito le mie impressioni su
Il cattivo tenente.
Strano film. Poco herzoghiano, ma in una qualche maniera herzoghiano. Molto hollywoodiano, eppure per certi versi lontano dal cinema americano. Mi è piaciuto, e molto.
L’ambiguità propria del film nasce probabilmente da alcune imposizioni poste dai produttori, vedi il titolo che per il regista avrebbe dovuto chiamarsi semplicemente
Ultima chiamata New Orleans, le quali hanno costretto Herzog a dover sgusciare come un serpente tra i cliché dei noir a stelle e strisce.
Il film è solido di per sé, dalla sceneggiatura con dialoghi acidi e divertenti, alla fotografia degradante (anche cromaticamente) come solo l’atmosfera dopo un uragano sa essere, certo che quelle piccole visioni che Herzog inserisce sono un surplus graditissimo che rompe gli schemi narrativi da crime-movie. La presenza delle iguane fitzcarraldesche è l’impronta che il regista ha voluto dare per venare di misticismo una storia realistica, o come Cage l’ha definita: una storia dalla dimensione fisica.
I contatti di Herzog con l’America non sono mai stati troppi, a parte il dimenticabile
L’alba della libertà (2006), Werner non ha mai impiegato troppe energie in terra Yankee. Nel ’77, però, girò nel Wisconsin uno dei suoi film più belli:
La ballata di Stroszek. Trentadue anni dopo si balla ancora, e con la stessa musica. La medesima armonica che scandiva la danza frenetica del pollo, qui viene riproposta nella scena capolavoro in cui il tenente McDonagh strafatto di crack esclama dinanzi al cadavere del ricattatore: “Sparagli di nuovo… La sua anima balla ancora.” E noi vediamo davvero un tizio che tra i morti ammazzati si dimena in un improbabile balletto mentre il tenente lo guarda con espressione estatica. Grandioso.
Le visioni lisergiche del poliziotto cattivo, ma quasi adorabile, declinano il film in un mondo che sarà anche noir ma che contiene dentro e fuori sfaccettature allucinate: un coccodrillo tramortito da un camioncino su una super strada? Due iguane immobili su un tavolino dall’aria stranita? Un tenente che decide di infrangere ogni regola e nonostante questo viene promosso di grado? La miscela tra possibile e impossibile è una vera bomba.
A dire il vero le gesta del tenente immorale spostano l’ago della bilancia nel mondo del possibile. Il fatto che il suo comportamento gli consente di guadagnarsi la nomina di capitano, è una semplice traslazione di ciò che accade nella vita vera.
Il finale, che molti sbagliando hanno visto come un happy end, è in realtà la concretizzazione dell’ingiustizia, dell’iniquità. Al grido de “il crimine paga” quella vissuta da McDonagh è stata giustamente definita un’estasi del Male. Anche dopo aver risolto il caso e pagato i suoi debiti, il tenente continuerà a sottrarre droga indebitamente e a sfarsi di essa. D’altronde Herzog c’è sempre andato a nozze con personaggi al limite in cerca di una propria verità: Kinski-Nosferatu sfidò la luce per mordere il collo di una donzella, Tim Treadwell sfidò la Natura per stare in mezzo agli orsi, Cage-McDonagh sfida se stesso per vivere, balla come i polli di Stroszek. Chissà quanti cattivi tenenti ci sono nella realtà…
Capitolo Cage. Non potendo definirmi un vero e proprio mainstreamer, molti, o quasi tutti i film in cui è apparso non li ho visti. Per questo mi paiono strane le critiche ricevute al suo passato. Qui è nella parte alla grande (forse perché diretto da un grande regista?), basta guardare la postura – perennemente ingobbito – per lasciare un segno. Inoltre il suo personaggio, pur compiendo azioni deprecabili, è meravigliosamente buffo, assurdo, un vero cialtrone. Per dire: la scena della vecchietta a cui toglie la cannetta del respiratore è un vero e proprio momento caustico, eppure non si può fare a meno di sorridere.
La Mendes è un personaggio su cui andrebbe scritto un articolo a parte. Inizialmente sembrerebbe solo la spalla del protagonista con il quale condivide le stesse cattive abitudini, ma alla fine riesce a diventare “autonoma” legittimando la presenza sulla scena, divenendo luce e portatrice di speranza, mentre il povero tenente continua a pippare coca nella stanza di un hotel.
Al primo vero esame hollywoodiano lo studente fuori corso Werner Herzog, nel senso che non seguirà mai la strada imposta, supera ogni perplessità riuscendo con classe a raggirare gli stilemi americani del genere. E se questa è la strada intrapresa ben venga, raccontaci ancora di altre anime danzanti, Werner!