Checcifa un film come Two Lovers su Oltre il fondo? Ci fa ci fa…
È che in preda a leggere le classifiche dei migliori film dell’anno appena passato, mi sono scordato di fare la mia. Anzi, diciamo che non ho voluto stilarla perché le classifiche sono fatte per essere sconfessate. Ciononostante, facendo mente locale, mi pareva giusto menzionare quella che insieme a Frozen River (2008) è stata una delle sorprese più gradite del cinema d’oltreoceano per il sempre Vostro Eraserhead.
Domanda: come mai il film di James Gray ha riscosso così tanti elogi – per Gli Spietati è stato addirittura il miglior film dell’anno – pur raccontando una storia semplice e lineare? Risposta: perché lo fa bene. Perché lo fa sottovoce senza erigere in alto i sentimenti.
Se Two Lovers fosse una stagione sarebbe l’autunno, se fosse una parola sarebbe malinconia. È questa l’aria che tira nella pellicola, dove un Leonard come tanti (come me, come voi, come noi) si trascina dietro un macigno di nome tristezza, e in quest’esistenza amara alcuni coltelli continuano a rigirarsi nella piaga: cicatrici sui polsi, foto sul comodino. La sua visione del mondo, un bianco e nero fotografico, si colora con una Michelle come tante, la vicina che non gli sta affianco ma sopra, di qualche piano. E nel frattempo una Sandra (come, lo sapete) vive la A di amore senza sapere niente, affidandosi a Leonard.
Il cinema americano tritatutto perde spesso e volentieri il senso della misura, Two Lovers è invece un film a misura d’uomo. L’empatia di questo triangolo rettangolo amoroso, laddove il vertice alto Leonard si trova a dover percorrere un’ipotenusa ben al di là delle sue possibilità per raggiungere Michelle, è tanta: perché la storia ci appare reale (i genitori ansiosi), sincera (Leonard mente a Sandra, affanculo il buonismo) e tenera (quel love scritto in punta di dito sul braccio di Michelle).
Il merito di Gray sta nell’aver fatto entrare la vita in un film, senza cercare inutilmente di rinchiuderla in luoghi ultracomuni che finiscono per esasperarla. Beninteso, in quest’opera ci sono momenti ab-usati, vedi la dichiarazione di Leonard a Michelle, in-credibili, vedi l’incontro tra i due e relativo scambio di numeri telefonici, e in-verosimili, vedi l’invito a cena di lei con fidanzato a Leonard che la conosceva da qualche giorno. Tuttavia questi episodi non sono né patetici né retorici. Accadono per una loro ragione che guardando la pellicola si intuisce, convincendosi che poteva e doveva andare così.
Joaquin Phoenix, sempre in bilico tra stati euforici e crisi depressive, ne esce proprio bene. Goffo, scambia una bacchetta per una cannuccia, bastardo nel celare la sua relazione a Sandra, umano nel finale in cui cerca di portare avanti questa cosa che chiamano vita (“sono felice”). Davvero bravo l’attore portoricano. La Paltrow è difficile inquadrarla in un contesto diverso dalle rom-com, ascolta me, Gwyneth, che di recitazione non ne so un pene, puoi fare di più, dài eh. Gradito il cammeo di Isabella Rossellini.
Senza troppi proclami come il film in sé: bello Two Lovers, l’uomo oltre il fondo dice sì.
È che in preda a leggere le classifiche dei migliori film dell’anno appena passato, mi sono scordato di fare la mia. Anzi, diciamo che non ho voluto stilarla perché le classifiche sono fatte per essere sconfessate. Ciononostante, facendo mente locale, mi pareva giusto menzionare quella che insieme a Frozen River (2008) è stata una delle sorprese più gradite del cinema d’oltreoceano per il sempre Vostro Eraserhead.
Domanda: come mai il film di James Gray ha riscosso così tanti elogi – per Gli Spietati è stato addirittura il miglior film dell’anno – pur raccontando una storia semplice e lineare? Risposta: perché lo fa bene. Perché lo fa sottovoce senza erigere in alto i sentimenti.
Se Two Lovers fosse una stagione sarebbe l’autunno, se fosse una parola sarebbe malinconia. È questa l’aria che tira nella pellicola, dove un Leonard come tanti (come me, come voi, come noi) si trascina dietro un macigno di nome tristezza, e in quest’esistenza amara alcuni coltelli continuano a rigirarsi nella piaga: cicatrici sui polsi, foto sul comodino. La sua visione del mondo, un bianco e nero fotografico, si colora con una Michelle come tante, la vicina che non gli sta affianco ma sopra, di qualche piano. E nel frattempo una Sandra (come, lo sapete) vive la A di amore senza sapere niente, affidandosi a Leonard.
Il cinema americano tritatutto perde spesso e volentieri il senso della misura, Two Lovers è invece un film a misura d’uomo. L’empatia di questo triangolo rettangolo amoroso, laddove il vertice alto Leonard si trova a dover percorrere un’ipotenusa ben al di là delle sue possibilità per raggiungere Michelle, è tanta: perché la storia ci appare reale (i genitori ansiosi), sincera (Leonard mente a Sandra, affanculo il buonismo) e tenera (quel love scritto in punta di dito sul braccio di Michelle).
Il merito di Gray sta nell’aver fatto entrare la vita in un film, senza cercare inutilmente di rinchiuderla in luoghi ultracomuni che finiscono per esasperarla. Beninteso, in quest’opera ci sono momenti ab-usati, vedi la dichiarazione di Leonard a Michelle, in-credibili, vedi l’incontro tra i due e relativo scambio di numeri telefonici, e in-verosimili, vedi l’invito a cena di lei con fidanzato a Leonard che la conosceva da qualche giorno. Tuttavia questi episodi non sono né patetici né retorici. Accadono per una loro ragione che guardando la pellicola si intuisce, convincendosi che poteva e doveva andare così.
Joaquin Phoenix, sempre in bilico tra stati euforici e crisi depressive, ne esce proprio bene. Goffo, scambia una bacchetta per una cannuccia, bastardo nel celare la sua relazione a Sandra, umano nel finale in cui cerca di portare avanti questa cosa che chiamano vita (“sono felice”). Davvero bravo l’attore portoricano. La Paltrow è difficile inquadrarla in un contesto diverso dalle rom-com, ascolta me, Gwyneth, che di recitazione non ne so un pene, puoi fare di più, dài eh. Gradito il cammeo di Isabella Rossellini.
Senza troppi proclami come il film in sé: bello Two Lovers, l’uomo oltre il fondo dice sì.