venerdì 15 agosto 2008

Capolinea

Questo blog termina così, come era iniziato, quasi per caso.
Forse tornerò ad aggiornarlo… chissà… in fondo lo spero, in questi mesi mi sono divertito molto, e ho ancora un mucchio di cose da pubblicare, forse resteranno per sempre nei miei documenti o forse no.
Chiudo perché sono affranto dalle persone, non vorrei eccedere di vittimismo, ma la frase “capitano tutte a me” sembra calzarmi a pennello.
La mia vita è fatta da momenti piatti che durano anche molti mesi, alternati a slanci improvvisi ed inaspettati di VITA e di tutto ciò che comporta vivere, quindi soffrire. Vorrei scrivere quello che mi è successo stanotte perché possiede un lato comico non indifferente, magari mi servirebbe anche per esorcizzare, però non ho la forza, le dita pesano tonnellate come i pensieri che affollano la mia testa in questo momento.
Sono stanco e deluso perché non trovo una via d’uscita. Quel che rimaneva della notte l’ho passata a rivoltarmi nelle coperte sperando che fosse stato solo un brutto sogno. Invece al mattino la voce ovattata del telecronista delle olimpiadi proveniente dalla cucina mi ha fatto capire che di onirico non c’era niente.
Oggi a pranzo non ho praticamente mangiato, mia madre, come tutte le mamme, ha capito che c’è qualcosa che non va, ma non dice niente… sono sicuro che adesso starà sussurrando a mio papà qualcuna delle sue mille preoccupazioni. E mio padre da dietro il suo giornale dirà un “eh…” accompagnato da spallucce.
Adesso sono qua, davanti a questo foglio di word che chiede di essere riempito. Ma io non ne ho più voglia, mi è passata insieme a tutto il resto, quindi saluto i pochi lettori e auguro a tutti un buon ferragosto.

Ciao,
A.

mercoledì 13 agosto 2008

Nazareno

Nazareno (2007) è il primo lungometraggio di Varo Venturi, budget scarso ma molta buona volontà.
Il protagonista è Nazzareno Bomba (sì, con due zeta), qui al suo esordio cinematografico come tutti gli altri interpreti anch’essi praticamente alla loro prima volta e tutti con un accento romanesco molto stretto che in certi casi è difficile comprendere il senso di ciò che viene detto.

Lo scenario in cui si svolge la vicenda è una Roma spiritualista e new-age, avvolta da un manto di mistero ma allo stesso tempo violenta nella sua veracità. Nazareno come ho già detto è il protagonista, ex giocatore di rugby dall’infanzia complicata, di giorno lavora come infermiere in un ricovero per anziani, di notte va a menare i creditori. Inoltre appartiene ad una confraternita religiosa. Questo particolare spinge un losco avvocato legato al vaticano, interpretato da Varo Venturi, a contattare Nazareno per il recupero di una misteriosa valigetta all'interno di un magazzino super controllato, contenente dei preziosi documenti. Ma dietro questa valigetta si nasconde un pericoloso complotto internazionale.

A ben vedere c’è davvero tanto in questo film. Non che il risultato finale sia esente da difetti, però l’aria spaccona che si respira nei sobborghi di Roma mischiata ad intrighi da spy-story e a qualche spruzzata di suggestioni mistiche fanno scivolare bene l’ora e mezza di proiezione.
Certo, quando il film si addentra nel ginepraio della cospirazione terroristica l’impianto scricchiola pericolosamente, ma forse questo è dovuto allo “sfondo” del film, magari se ci fosse stato Brad Pitt a recitare e Soderbergh alla regia sarei qui a tesserne le lodi.
Apprezzabile la figura di Nazareno, che emerge quasi come un personaggio paradossale, un Dottor Jekyll capitolino che di giorno aiuta i vecchietti e di notte ammazza di botte poveri malcapitati. Ben fatta anche la sua introspezione che viene suggerita senza andare ad inoltrarsi troppo.
Anche gli altri personaggi sono nella parte, sempre restando in un discorso di recitazione “selvatica”, estremamente naturale, ho letto pasoliniana ma non mi permetto perché di Pasolini ho visto pochissimo.

Il punto di forza di questo film è allo stesso tempo il suo tallone d’Achille. La genuinità spontanea degli attori e una regia pedante in alcuni frangenti (vedere i continui primi piani) faranno sicuramente storcere il naso a chi si aspettava un Ocean’s Eleven (2001) versione burina. Viceversa chi non è abituato solamente a lavori hollywoodiani apprezzerà l’impegno di un regista-attore-montatore-produttore nel cercare di creare qualcosa di nuovo con poche risorse a disposizione. Bravo!

lunedì 11 agosto 2008

Le porno killers

Inguardabile filmaccio del 1980 diretto da Roberto Mauri ed interpretato da Carmen Russo (come Carmen Bizet) e Cinzia Lodetti, più le tette di entrambe che hanno vita propria.
Il film fu anche distribuito con il nome Le porno salamandre insertato di scene hard. Questo era un classico di quegli anni dove semplici film erotici, diventavano, con l’aggiunta di sequenze pornografiche, prodotti destinati ai circuiti a luci rosse, con grande godimento dei produttori.
Bisognerebbe vedere se tali scene le ha girate davvero Carmen Russo, ma ne dubito. In ogni caso non credo che riuscirei ad affrontare un’altra visione di sto film, quindi mi porterò il dubbio (sai che roba) nella tomba.

Le due protagoniste, come si evince dal titolo, sono dei sicari particolari. Incaricate da una specie di Charlie versione signorina Rottermeier di uccidere un tizio, si recano in Italia, precisamente a Roma, dove prima di svolgere il loro compito si fanno qualche trombatina condita da moraleggiante femminismo fuori luogo.

Per tutta la durata del film aleggia un’atmosfera da pornazzo anni 80, di quelli con Jhon Holmes per intenderci. La trama è solo un pretesto per far vedere le nudità delle due killers che, ad esempio: prima picchiano due ragazzi sulla spiaggia e poi inspiegabilmente si vanno ad infrattare in un bosco. Stessa situazione nel finale, il tizio che devono uccidere, a detta loro è molto sexy, tanto da farselo e ospitarlo nella loro casa… mah!
Non si contano i momenti vuoti e i dialoghi insulsi accompagnati da una musichetta più irritante della Russo e della Lodetti che se la cantano e sa la suonano in fatto di gusti sessuali.

Davvero pessimo.
C’è trash e trash, quello di Polselli ha sempre un certo stile, questo è deprimente.
In quanto a bruttezza se la gioca con Maniac Nurses (1990), meno male che qua c’è qualche tetta in più.

sabato 9 agosto 2008

I fuochi

In data 30/05/16 questo post ha subito un cambiamento radicale. I motivi sono brevemente spiegati qui
Ne consegue che i commenti sottostanti non trovano più la stessa corrispondenza. Fatevene una ragione: i tempi cambiano e qualcosa di nuovo brucia. 
                                        

venerdì 8 agosto 2008

Violated Angels

Mediometraggio giapponese del 1967 girato da Kôji Wakamatsu e proposto da Ghezzi (chi altri se no?) nel suo Fuori orario. Ispirato ad una vicenda realmente accaduta, l’assassinio di alcune infermiere da parte di Richard Speck a Chicago, il film è interamente girato in bianco e nero escluse alcune scene, e sottolineo questo alcune.

All’interno di un dormitorio di infermiere due di esse si abbandonano all’amore saffico. Le loro colleghe le spiano divertite dal buco della serratura quando si accorgono che un uomo è entrato nel loro giardino. Invece di respingerlo lo invitano a guardare la scenetta erotica. Sarà la loro condanna a morte perché l’uomo le ucciderà tutte tranne una.

L’incipit rivela subito allo spettatore la natura psicotica del protagonista con un montaggio frenetico che alterna immagini di nudi femminili al volto dell’uomo palesemente sofferente e/o arrabbiato.
In realtà non c’è niente di certo, non sappiamo di cosa l’assassino soffra realmente, e nemmeno perché egli uccida, lui stesso afferma che non lo sa. È però evidente una certa paura, o forse odio, nei confronti delle donne che si manifesta sottoforma di allucinazioni visive e non, scatenando una violenza insensata e incomprensibile, pari, per mancanza di ragioni valide e non per metodologie, a quella di Haneke in Funny Games (1997).
L’ambiente è opprimente, claustrofobico. La trama semplice e lineare. Eppure il film è denso di significati spaziando dalla follia all’amore, che poi è forse la stessa cosa, senza risparmiare pugni nello stomaco come le immagine a colori che rompono la “monotonia” del bianco e nero amplificando la violenza agli occhi dello spettatore, e ricordo che è un film del 1967.

Si punta più al gusto che ai dialoghi, ma va bene così. Nell’illogicità della situazione si riesce a percepire il disagio mentale dell’uomo, e se questo era l’obiettivo, il regista ci è riuscito pienamente.

giovedì 7 agosto 2008

L'ingrato

"Figlio... io ti lascio."
"Quanto?"

mercoledì 6 agosto 2008

Nuda per Satana

Ecco il cross-over più importante di tutti i zeta movie.
Alla regia Luigi Batzella (La bestia in calore, 1977) e alla sceneggiatura Renato Polselli. Potrei fermarmi qua, il curriculum di questi due maestri del trash parla da solo, invece voglio andare a fondo, scavare nei meandri di Nuda per Satana analizzando le tematiche affrontate dal film aiutandomi con riferimenti letterari. Ovviamente non farò niente di tutto questo, è che non sapevo come riempire le righe dell’incipit.

Un medico (Stelio Candelli) si smarrisce in una notte di tempesta. Lungo una strada deserta ritrova una giovane ragazza (Rita Calderoni già “aprezzata” in Delirio caldo, 1972) svenuta in seguito ad un incidente. Candelli chiede aiuto in una specie di castello al cui interno trova la sosia della ragazza. A sua volta quest’ultima, recatasi anch’essa nel castello, incontra il sosia del medico.
Alla fine, quando tutto sembra concludersi in una ridicola ed insensata orgia, si scopre che è stato tutto un sogno di Candelli in macchina. Tristezza infinita.

A dir la verità fino ad un certo momento non sembra neanche uno z-movie. Si è assaliti dalla noia nel vedere questi personaggi che si muovono nel castello insieme ad un maggiordomo bruttissimo ed il padrone che sembra Mandrake. Poi all’improvviso la Calderoni rimane intrappolata in una ragnatela e spunta un ragno che… cioè non ho le parole per spiegare… è un pupazzo, ma giuro sembra uno dei quei ragnetti che batti le mani e scendono lungo il filo che percorrono, e quando Candelli gli spara salta in aria la cartapesta, incredibile! In più la Calderoni si dimena urlando come una matta neanche avesse Jack lo squartatore davanti! Se volete vedere la scena cliccate qui.
Il tema del doppio malefico non è ben reso, anzi è un macello di insensatezze a cui è impossibile stare dietro, nei crediti non si fa il nome di Polselli (io mi fido di Trashopolis), ma i dialoghi sono talmente sciatti e poveri che se li avesse scritti qualcun altro sarei curioso di sapere chi sia per fargli i complimenti. Inoltre la massiccia presenza di culi e tette unite a lesbicate varie mi ha subito riportato alla mente l’atmosfera psichedelica di Riti, magie nere e segrete orge nel trecento (1973).

Ma oltre alla ridicolaggine di certe situazione non resta che una gran noia.
Solo per irriducibili.

lunedì 4 agosto 2008

Anche i nani hanno cominciato da piccoli

In una splendida recensione che trovate qui si sottolinea che Anche i nani hanno cominciato da piccoli è una mosca bianca nella filmografia di Werner Herzog, io non posso che raccogliere questa informazione e metterla da parte visto che non conoscevo assolutamente questo cineasta tedesco. Ma conto di rifarmi a breve, cari lettori (?).

È la storia di una rivolta all’interno di una colonia di nani che, abbandonati dagli uomini, si ribellano alle regole imposte escluso il vecchio capo che segrega nella sua abitazione uno dei compagni della comunità. Mentre all’esterno gli altri nani perpetrano continue violenze agli animali, agli oggetti, ed anche ai proprio simili.

È una delle pellicole più affascinanti che mi sia mai capitato di vedere.
C’è un qualcosa di Salò (1975) e un qualcosa di Freaks (1932, ma con meno compiacimento), è uno di quei film che possono essere interpretati con diverse chiavi di lettura, ricco di simbolismi e figure retoriche.
Il luogo in cui si svolge la vicenda sembra fuori dal tempo, desertico e circondato da rocce laviche (il film è stato girato alle Canarie), questa decontestualizzazione è accentuata dall’ambiente che sembra essere adatto a persone "normali" ma che invece è abitato da nani, ingigantendo così lo spazio e le inquadrature che sono sempre a misura d’uomo.
Come viene fatto intelligentemente notare dalla recensione che ho segnalato prima questo non è un film sulla crudeltà, ma un film crudele. Anche se i ribelli uccidono una scrofa e crocefiggono una scimmia, la vera violenza è la circolarità del film, un continuo riproporsi di azioni immotivate condite da risa e sberleffi che non raggiungeranno mai un climax, al pari del camion che gira continuamente in tondo nel cortile. Infatti la fine è più che altro un’interruzione: una risata di Hombre, forse il più inquietante e allo stesso tempo "empatico" del gruppo, è lui infatti che non riesce a salire sul letto nuziale e i suoi continui tentativi sono frustranti agli occhi dello spettatore, più della processione blasfema e dei nanetti ciechi picchiati e derisi.

Tutti gli attori sono non-professionisti, al tempo (1970) nessuno voleva proiettare il film, lo stesso Herzog dovette noleggiare delle sale per proiettarlo. Ma vi assicuro che merita una visione, rispetto ad altre opere smaccatamente grottesche, o weird che dir si voglia, questo l’ho apprezzato di più.
E ora mi metto sotto con altri film di Herzog.

Il dvd della RHV contiene anche il documentario per la TV Futuro impedito (1971).

venerdì 1 agosto 2008

Il bosco 1

Già dal titolo è ipotizzabile che ci sia un seguito, quell’1 non lascerebbe spazio ad interpretazioni di altro genere. Invece non esiste un sequel, per fortuna e per sfortuna.
Il regista è Andrea Marfiori all’epoca (1988) un quasi esordiente che adesso si occupa di fiction come Un posto al sole, almeno così ho letto.
In una gara “a chi è più brutto” direi che Il bosco 1 se la gioca quasi alla pari con La croce dalle sette pietre (1987) e Le notti del terrore (1981), anche se in confronto alle due opere citate questo film manca di quel trashume esilarante che adoro come ad esempio Andolfi che si trasforma in uomo-lupo o Peter Bark che morde la tetta di Mariangela Giordano.

In pratica c’è una coppietta, Cindy e Tony, che durante una vacanza arrivano in un paesino in cui una strega ha risvegliato antiche creature malefiche. Originale vero?

Marfiori riprende La casa (1981) di Sam Raimi. Più che altro si tratta di un tentativo, ovviamente fallito.
Gli attori: Cindy (Coralina Tassoni) è odiosa con quel finto accento inglese e neanche a farlo apposta è l’unica che sopravvive, quindi dobbiamo sorbircela fino alla fine. Tony (Diego Ribon) il più ridicolo protagonista mai visto, ad un certo punto sbotta totalmente e inizia ad urlare come un matto… mah! Algernoon, uno scrittore tracheotomizzato vestito da motociclista, totalmente inutile nella trama che racconta una storiella ancora più inutile alla coppia, storiella che in origine era un corto di Marfiori intitolato Sabbia insanguinata. La strega, vi basti sapere che da in mezzo alle gambe le spunta un tentacolo carnivoro.
La sceneggiatura: Scontata è dire poco, tutto sa di già visto e sentito, a peggiorare la situazione ci sono alcuni momenti insulsi come il raccontino sopra citato, la lunga camminata in mezzo ai boschi per giungere alla casa, e la sequenza finale che per ben 5 interminabili minuti riprende Cindy fuggire dal bosco singhiozzando, e prima dei titoli di coda la strega riapre gli occhi quando sembrava morta… e beh la scoperta dell’acqua calda è niente a confronto!
La regia: ho visto un pessimo rippaggio da VHS ma l’atmosfera non mi è sembrata così malvagia, alcuni sfx sono abbastanza accettabili (testa di gomma esclusa) ma le location no… no quelle no, la casa è un fienile che non esito a paragonare a quello in cui il mulo si ingroppa la tipa in Oscenità (1980) di Polselli, ma anche il bosco stesso che non ha nessun motivo di aver l’onore del titolo è poco credibile.

Giusto per far capire che genere di film sia Il bosco 1 vi dico che ha avuto l’onore di essere stato distribuito in America dalla Troma con il nome di Evil Clutch, e qui chiudo.