Sono la persona meno indicata per parlare de Il cavallo di Torino (2011) perché ritengo Béla Tarr il più grande regista vivente.
Il più grande, sì.
Sono conscio che l’autore magiaro sul piano quantitativo non abbia un curriculum parificabile a quello di altri suoi colleghi – si badi bene però: il primo film Nido familiare risale al 1979 e ciò indica una carriera che ha oltrepassato i trent’anni di attività – ma consiglio spassionatamente a chiunque ami la settima arte di posizionarsi sul piano opposto per esaminare la sua filmografia, quello squisitamente qualitativo, in modo da comprendere, con disarmante stupore, che a Tarr sono bastati due film (ma uno vale quattro vista la durata) per diventare quello che almeno per me è: un gigante, e adesso che le voci su un possibile ritiro dalle scene non sono state né smentite e né confermate, lui ha comunque deciso di chiudere un cerchio. [1]
Capolinea. Basta. Stop. Fine di tutto.
Dopo Satantango (1994) e Le armonie di Werckmeister (2000) arriva il terzo Capolavoro totale capace di suggellare e definitivamente sigillare 17 anni di cinema che ora passeranno alla Storia e che dovranno essere ricordati ad imperitura memoria fino a quando non accadrà ciò che viene vaticinato in questo film.
Il più grande, sì.
Sono conscio che l’autore magiaro sul piano quantitativo non abbia un curriculum parificabile a quello di altri suoi colleghi – si badi bene però: il primo film Nido familiare risale al 1979 e ciò indica una carriera che ha oltrepassato i trent’anni di attività – ma consiglio spassionatamente a chiunque ami la settima arte di posizionarsi sul piano opposto per esaminare la sua filmografia, quello squisitamente qualitativo, in modo da comprendere, con disarmante stupore, che a Tarr sono bastati due film (ma uno vale quattro vista la durata) per diventare quello che almeno per me è: un gigante, e adesso che le voci su un possibile ritiro dalle scene non sono state né smentite e né confermate, lui ha comunque deciso di chiudere un cerchio. [1]
Capolinea. Basta. Stop. Fine di tutto.
Dopo Satantango (1994) e Le armonie di Werckmeister (2000) arriva il terzo Capolavoro totale capace di suggellare e definitivamente sigillare 17 anni di cinema che ora passeranno alla Storia e che dovranno essere ricordati ad imperitura memoria fino a quando non accadrà ciò che viene vaticinato in questo film.
R.I.P. CINEMONDO
Letargico e liturgico.
Tremando, con il cuore dentro quella schermata nera, sono le prime parole che mi sono sentito di accostare a A Torinói ló.
La prima perché, come era lecito aspettarsi, si tratta di un film eterno, che fa della dilatazione narrativa il proprio carburante, ed è una lentezza che non è mai l’anticamera di un’esplosione, piuttosto costanza visiva, impervia pianura che accumula in maniera indecifrabile, sottopelle, per poi colpire con scariche di cinema sopraffino. Nella prima ora e mezza non succede praticamente niente. E allo stesso tempo il richiamo a volgersi verso questa catapecchia schiaffeggiata dal vento è cogente, magnetico, ipnotico. Era già successo: non accade niente, accade tutto.
La seconda perché quel poco raccontato viene ripetuto durante tutti e cinque i giorni qui rappresentati.
La sveglia, la vestizione del padre, l’acqua del pozzo e il pranzo spartanissimo, assomigliano ad un rituale, un silenzioso protocollo: una cerimonia funebre.
Dall’esegesi alla diegesi: la ripetizione della forma e le reiterazioni musicali fanno del cinema di Béla Tarr un vero e proprio rito.
Parlando de L’uomo di Londra (2007) Sangiorgio dice che la maniera di Tarr prima che stilistica è morale (link). È vero. L’approccio di questo regista non cambia dai tempi di Perdizione (1988), il suo agire, il suo credo, soggiacciono ad autoimposizioni capaci di creare una sintassi che ad oggi non può avere alcuna comparazione.
Rifiutando ora e sempre le canoniche dialettiche del campo-controcampo, ogni film di Tarr, e questo non sfugge a tale regola, si edifica su sequenze in cui la mdp coglie traiettorie celestiali, microviaggi sospesi nell’aria, palpitanti riduzioni di distanza tra chi riprende e chi è ripreso, oppure con la sublimazione della stasi l’occhio di Béla se ne sta candidamente fermo catturando ciò che gli riesce fuori e dentro il campo.
Il modello di Tarr è così: avvolge la realtà, la indottrina secondo le sue regole, e la ripropone in uno schema che contempla al suo interno la quintessenza di cose che non si trovano facilmente altrove: della vita, della noia, della morte, dell’uomo.
Di fronte ad una manifestazione cinematografica di tale entità non si può tacere.
Non si può perché Il cavallo di Torino è un film incommensurabile, il capitolo conclusivo di un decennio iniziato, non a caso, con Werckmeister harmóniák [2] di cui quest’opera sembra la sua prosecuzione perché parte là dove si era concluso: da quella balena in macerie simbolo della follia umana. Ora, è il mondo intero ad essere in macerie.
Quindi nessuna argomentazione sul male, sul potere, nessuna disgregazione del Sogno (Valuska!): tutto è già successo, Nietzsche è impazzito, l’uomo alle soglie del nuovo secolo è solo, circondato da rovine e degrado, come dirà l’unico visitatore della casa.
Non c’è guerra, non c’è oDio, ma solo l’incontrovertibile verità della Fine.
Padre e figlia in una terra lontana da qualunque luogo e i segni di un’apocalisse silenziosa: come il vento biblico che spazza le foglie e spianta, estirpa, spezza ogni possibilità di speranza (una finestra sul niente); come i tarli che hanno smesso di far rumore perché non c’è più niente da rosicchiare; come il cavallo che prima non vuole partire e che dopo non vorrà più mangiare (accadrà la stessa cosa con la figlia); come il pozzo che improvvisamente si svuota; come una lampada che non riesce e non riuscirà mai e poi mai a schiarire tutto quel buio.
Guardare, mangiare, partire, bere. Verbi coniugati all’infinito alla base di ogni esistenza, e qui prosciugati di ogni senso, inariditi dall’avvicinarsi dell’eternità.
La scala emotiva che fa crescere d’intensità l’opera non ha eguali nel cinema moderno, merito della sopraccitata dedizione al ripetere che quando esibisce l’inceppamento del meccanismo rende quest’uomo e questa donna – e sì, pensateli pure scritti in maiuscolo – l’emblema dell’impotenza.
La Fine non è mai stata così enorme nel cinema, così sovrastante (leggi: sovrumana), così immensa, e di conseguenza l’uomo non è mai parso così disarmato, così povero (di qualunque cosa, sia dentro che fuori), così minuscolo alle prese con l’ovvietà delle faccende quotidiane.
E tale progressione si deve anche alle solite musiche stratosferiche di Mihály Víg che non sono un semplice accessorio, ma parte fondante che si integra totalmente nell’Immagine, innervandola, donandole potenza ed emotività, al pari di tutti gli altri film di Tarr che non sarebbero gli stessi senza le note del suo fidato collaboratore. Ma qui il riconoscimento per il comparto sonoro è doppio visto che per l’intera durata del film le nostre orecchie capteranno continuamente quel vento tremendo che spira fuori dalla casa, costante e ripetitivo, senza alcuna accezione negativa, come è il cinema di Tarr.
Capolavoro di inquietudine, The Turin Horse è un film che non può essere paragonato a niente semplicemente perché annichilisce tutta l’attuale produzione cinematografica. E per fare questo gli basta anche un singolo frame, si veda il primo piano del cavallo [3] o la fiammella della lampada.
Inquietante Capolavoro, A Torinói ló è anche il film che diegetizza in maniera assoluta il concetto di Apocalisse caricandola magnificamente di un’attesa che troverà sontuosa liberazione in quello che la voce off definisce, giustamente, un silenzio di morte.
Il probabile addio di Béla Tarr al cinema è, infine, un commiato di commovente bellezza che fa di questa arte territorio escatologico senza coordinate, l’avamposto prima del baratro, una lucina tremolante nell’oscurità che raggela.
Il cavallo di Torino è, dunque, il funerale della totalità, di ogni singolo elemento che costituisce la Vita, e noi non siamo altro che i partecipanti della cerimonia: i testimoni silenziosi della fine… di noi stessi. Almeno ora, speriamo di riposare in pace.
Visione definitiva: il Cinema e il Mondo come se li vedessimo per l’ultima volta.
____
[1] Ma nell’intervista che potete leggere qui (e fatelo, che merita), Tarr sembra non ammettere repliche sul suo ritiro. “Non sono un tipo che scherza. Se dico sì, puoi star sicuro che è sì. Se dico no, puoi star sicuro che è no.”
[2] Non fraintenda la data di uscita. A Torinói ló era già pronto nell’agosto del 2010 come avevo sottolineato in questo post.
[3] Pura impressione soggettiva, ma la suddetta scena ha la stessa potenza di quella con il vecchio delle Armonie. Devastante.
Tremando, con il cuore dentro quella schermata nera, sono le prime parole che mi sono sentito di accostare a A Torinói ló.
La prima perché, come era lecito aspettarsi, si tratta di un film eterno, che fa della dilatazione narrativa il proprio carburante, ed è una lentezza che non è mai l’anticamera di un’esplosione, piuttosto costanza visiva, impervia pianura che accumula in maniera indecifrabile, sottopelle, per poi colpire con scariche di cinema sopraffino. Nella prima ora e mezza non succede praticamente niente. E allo stesso tempo il richiamo a volgersi verso questa catapecchia schiaffeggiata dal vento è cogente, magnetico, ipnotico. Era già successo: non accade niente, accade tutto.
La seconda perché quel poco raccontato viene ripetuto durante tutti e cinque i giorni qui rappresentati.
La sveglia, la vestizione del padre, l’acqua del pozzo e il pranzo spartanissimo, assomigliano ad un rituale, un silenzioso protocollo: una cerimonia funebre.
Dall’esegesi alla diegesi: la ripetizione della forma e le reiterazioni musicali fanno del cinema di Béla Tarr un vero e proprio rito.
Parlando de L’uomo di Londra (2007) Sangiorgio dice che la maniera di Tarr prima che stilistica è morale (link). È vero. L’approccio di questo regista non cambia dai tempi di Perdizione (1988), il suo agire, il suo credo, soggiacciono ad autoimposizioni capaci di creare una sintassi che ad oggi non può avere alcuna comparazione.
Rifiutando ora e sempre le canoniche dialettiche del campo-controcampo, ogni film di Tarr, e questo non sfugge a tale regola, si edifica su sequenze in cui la mdp coglie traiettorie celestiali, microviaggi sospesi nell’aria, palpitanti riduzioni di distanza tra chi riprende e chi è ripreso, oppure con la sublimazione della stasi l’occhio di Béla se ne sta candidamente fermo catturando ciò che gli riesce fuori e dentro il campo.
Il modello di Tarr è così: avvolge la realtà, la indottrina secondo le sue regole, e la ripropone in uno schema che contempla al suo interno la quintessenza di cose che non si trovano facilmente altrove: della vita, della noia, della morte, dell’uomo.
Di fronte ad una manifestazione cinematografica di tale entità non si può tacere.
Non si può perché Il cavallo di Torino è un film incommensurabile, il capitolo conclusivo di un decennio iniziato, non a caso, con Werckmeister harmóniák [2] di cui quest’opera sembra la sua prosecuzione perché parte là dove si era concluso: da quella balena in macerie simbolo della follia umana. Ora, è il mondo intero ad essere in macerie.
Quindi nessuna argomentazione sul male, sul potere, nessuna disgregazione del Sogno (Valuska!): tutto è già successo, Nietzsche è impazzito, l’uomo alle soglie del nuovo secolo è solo, circondato da rovine e degrado, come dirà l’unico visitatore della casa.
Non c’è guerra, non c’è oDio, ma solo l’incontrovertibile verità della Fine.
Padre e figlia in una terra lontana da qualunque luogo e i segni di un’apocalisse silenziosa: come il vento biblico che spazza le foglie e spianta, estirpa, spezza ogni possibilità di speranza (una finestra sul niente); come i tarli che hanno smesso di far rumore perché non c’è più niente da rosicchiare; come il cavallo che prima non vuole partire e che dopo non vorrà più mangiare (accadrà la stessa cosa con la figlia); come il pozzo che improvvisamente si svuota; come una lampada che non riesce e non riuscirà mai e poi mai a schiarire tutto quel buio.
Guardare, mangiare, partire, bere. Verbi coniugati all’infinito alla base di ogni esistenza, e qui prosciugati di ogni senso, inariditi dall’avvicinarsi dell’eternità.
La scala emotiva che fa crescere d’intensità l’opera non ha eguali nel cinema moderno, merito della sopraccitata dedizione al ripetere che quando esibisce l’inceppamento del meccanismo rende quest’uomo e questa donna – e sì, pensateli pure scritti in maiuscolo – l’emblema dell’impotenza.
La Fine non è mai stata così enorme nel cinema, così sovrastante (leggi: sovrumana), così immensa, e di conseguenza l’uomo non è mai parso così disarmato, così povero (di qualunque cosa, sia dentro che fuori), così minuscolo alle prese con l’ovvietà delle faccende quotidiane.
E tale progressione si deve anche alle solite musiche stratosferiche di Mihály Víg che non sono un semplice accessorio, ma parte fondante che si integra totalmente nell’Immagine, innervandola, donandole potenza ed emotività, al pari di tutti gli altri film di Tarr che non sarebbero gli stessi senza le note del suo fidato collaboratore. Ma qui il riconoscimento per il comparto sonoro è doppio visto che per l’intera durata del film le nostre orecchie capteranno continuamente quel vento tremendo che spira fuori dalla casa, costante e ripetitivo, senza alcuna accezione negativa, come è il cinema di Tarr.
Capolavoro di inquietudine, The Turin Horse è un film che non può essere paragonato a niente semplicemente perché annichilisce tutta l’attuale produzione cinematografica. E per fare questo gli basta anche un singolo frame, si veda il primo piano del cavallo [3] o la fiammella della lampada.
Inquietante Capolavoro, A Torinói ló è anche il film che diegetizza in maniera assoluta il concetto di Apocalisse caricandola magnificamente di un’attesa che troverà sontuosa liberazione in quello che la voce off definisce, giustamente, un silenzio di morte.
Il probabile addio di Béla Tarr al cinema è, infine, un commiato di commovente bellezza che fa di questa arte territorio escatologico senza coordinate, l’avamposto prima del baratro, una lucina tremolante nell’oscurità che raggela.
Il cavallo di Torino è, dunque, il funerale della totalità, di ogni singolo elemento che costituisce la Vita, e noi non siamo altro che i partecipanti della cerimonia: i testimoni silenziosi della fine… di noi stessi. Almeno ora, speriamo di riposare in pace.
Visione definitiva: il Cinema e il Mondo come se li vedessimo per l’ultima volta.
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[1] Ma nell’intervista che potete leggere qui (e fatelo, che merita), Tarr sembra non ammettere repliche sul suo ritiro. “Non sono un tipo che scherza. Se dico sì, puoi star sicuro che è sì. Se dico no, puoi star sicuro che è no.”
[2] Non fraintenda la data di uscita. A Torinói ló era già pronto nell’agosto del 2010 come avevo sottolineato in questo post.
[3] Pura impressione soggettiva, ma la suddetta scena ha la stessa potenza di quella con il vecchio delle Armonie. Devastante.
bè, sai che la penso più o meno come te..non vedo l'ora di vederlo..la tua emozione nello scrivere di questa opera,lasciami dire, è straordinaria..ciao grazie amico carissimo...
RispondiEliminadeve essere una visione devastante, d'altronde Tarr, con Le armonie (e Satantango, per i pochi che sono arrivati fino in fondo), ha dato un senso agli ultimi vent'anni di cinema.
RispondiEliminase questo è il suo lascito, mi devo preparare psicologicamente ;) inutile dire che il tuo post mi fa salire le aspettative a mille!
il primo periodo della premessa vale la visione del film: mi ha fatto molto ridere perchè è molto vero. Credo che Tarr sia paragonabile solo in valore assoluto, e solo col Larsone. Se vedessi questo come terzo dopo Armonie e Satantango? dimmi tu
RispondiEliminaGiovanni
Non posso perderlo.
RispondiEliminaEd è sempre bello leggere una recensione scritta tutto cuore.
Ho controllato ogni giorno dal festival di Berlino nella speranza che fosse uscito da qualche parte. Leggerò la tua recensione solo dopo averlo visto e a tal proposito, dove/come l'hai visto?
RispondiEliminadi Tarr ho visto solo il Werckmeister, ma mi sento di confermare tutto quello che dici. Un talento impressionante, certamente non facile: ma all'altezza di Bergman, di Tarkovskij, di Fellini, di Kubrick e di tutti i grandi visionari del cinema.
RispondiEliminaIo sarò sempre in debito con te brazzz, sempre.
RispondiEliminaMi hai suggerito di vedere un regista che è qualcosa di più, un maestro, un filosofo del cinema. Grazie ancora.
Sì Einzi, secondo me il film ha ancora più valore essendo l'ultimo di Tarr. Io, onestamente, non avevo mai percepito così dentro, così nel profondo, la sensazione della Fine. Praticamente è l'opera che nell'immaginaria videoteca del cinema di tutti i tempi dovrà essere posta sempre a destra. Credo che non ci possa essere niente, dopo.
Vai tranquillissimo così Gio. Infatti ho letto che Sat-Arm-Tur potrebbe essere considerata una trilogia, e visti i temi trattati non si può che concordare. Ad ogni modo in mezzo ci sarebbe solo The Man from London che è un film diverso, meno epico, forse minore, anche se non penso sia la definizione esatta.
Tra l'altro la figlia qui presente è la bambina che giocava col gattino in Satantango.
Mr: tieni conto che è una pellicola per iniziati. Nel senso che bisogna avere un po' di pelo nello stomaco per soppravvivere a quasi due ore e trenta di silenzio con soltanto un uomo e una donna in scena. Ma questo che per alcuni (penso molti) può essere considerato un limite, in realtà è il suo massimo pregio: la sottrazione generale non leva nessun significato, anzi chiarifica il senso, per renderlo nudo e tremendo ai nostri occhi.
Ciao Elio ho fatto la stessa identica cosa anche io. Ogni santo giorno a controllare.
Poi una settimana fa l'ho trovato.
Semplicemente con un torrente. Purtroppo la qualità generale non è delle migliori, i sottotitoli sono in inglese e c'è un fastidioso contatore a piè di schermo permanente. Ma dopo un po' non ci si fa più caso.
Grazie Giuliano, sapendo della tua conoscenza nel campo non posso che essere contento. Il mio regista del cuore insieme a quei nomi altisonanti mi fa tanto tanto piacere.
RispondiEliminae naturalmente nessuno ha comprato i diritti per la distribuzione in Italia
RispondiEliminahttp://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.redirect?sch=53973
anch'io ho trovato la tua versione su torrent, dvdscr
http://en.wikipedia.org/wiki/Pirated_movie_release_types
non ringraziarmi..tu me ne hai fatto scoprire parecchi altri...potremmo definirlo una specie di "comune sentire"..ciao amico carissimo...
RispondiEliminaChissà perché ma non sono per niente stupito.
RispondiEliminaD'altronde credo che nessuno vorrebbe investire su un film così dato il probabilissimo ritorno monetario vicino allo zero. Chi andrebbe al cinema per vedere un film in b/n, con pochi dialoghi, e lungo una vita? Ovviamente nessuno.
In Francia, tanto per dire, esce tra una settimana :(
Sì, dvdscr, la versione è quella. Ce n'è anche un'altra che gira ma è meglio evitarla perché non so quale genio ha doppiato le voci in una lingua astrusa probabilmente seduto sulla seggiola della camera.
Comune sentire, mi piace!
RispondiEliminaIo pure ho scaricato quel torrent, ma non ho avuto la forza di andare avanti per più di 30 minuti, sentivo che mi stavo bruciando un film grandioso (spero), l'ultimo peraltro di Bela Tarr. E quindi ho stoppato, sapendo che Venerdì Ghezzi lo manda su raitre. Comunque poi vedo, scrivo a mia volta, leggo e ti dico ;)
RispondiEliminaHo il film!!!!!!!
RispondiEliminaQuesta sera mi immergo nelle sognanti atmosfere magiare da te descritte alla perfezione.
Per ora vi lascio con la bava alla bocca, poi vi faccio sapere :)
Gaetano
Ottima notizia Elio, non lo sapevo! Prima o poi la statua a Ghezzi dovremmo fargliela... peccato solo per il solito orario impervio. Ma d'altronde il programma non si chiamerebbe così.
RispondiEliminaAh, le tue speranze, a mio umile parere, sono ben riposte.
Benissimo Gaetano! Guarda, godi, trema, e poi vieni qui a dirmi cosa ne pensi che ho proprio voglia di rapportarmi con altri su questo film.
Ciao,
RispondiEliminaeccomi dopo la visione del bellissimo film di Tarr. Una delle più intense visioni a cui abbia mai partecipato. Questo è un film che ho visto, sentito e vissuto dal primo all'ultimo fotogramma. L'immagine regna sovrana in un bianco e nero amniotico, accompagnato dal costante sibilo del vento. Le musiche, la fotografia, le inquadrature, la recitazione, tutto in questo film è un capolavoro. Non aggiungo altro per non scadere nel banale. Concludo con due link di cui vi consiglio la lettura/visione:
http://cinema-scope.com/wordpress/web-archive-2/issue-46/interview-the-thinking-image-fred-kelemen-on-bela-tarr-and-the-turin-horse/
(lunga ed interessante conversazione, ricca di dettagli tecnici su illuminazione e riprese, con Fred Kelemen, storico direttore della fotografia per Béla Tarr.)
http://www.youtube.com/watch?v=K104Srbj7h0
(Una conversazione tra Tarr e il critico cinematografico Howard Feinstein della durata di un'ora e 21 min.)
Gaetano
Grazie per i contributi e per le parole che condivido apertamente.
RispondiElimina... e quindi per simulare quel vento hanno anche usato un elicottero?! Fantastico! Solo che a vedere un set del genere potrei piangere di gioia.
tre colonne sonore:
RispondiEliminala prima Vig Mihaly, la seconda soffia nel vento (blowing in the wind), la terza il silenzio (the sound of silence)
il resto mi sta lavorando dentro
Quindi si trova? Gesù santissimo! (io però sono ultraesigente in fatto di qualità) Tarr è immenso, ricordo ancora la visione di The man from London in sala, esperienza direi totale.
RispondiEliminaGran bel pezzo :)
Grazie Hal. A proposito, il tuo nick che vuol dire? No perché c'è un dj spagnolo che usa questo moniker per alcune sue produzioni, e quindi mo' mi chiedevo che sta a significare tale dicitura.
RispondiElimina... ehm, lascia stare. Ho letto male io, tu hai una N in più nel nome. Sono un po' rinco.
RispondiEliminaho visto stasera, un giorno odopo Bela Tarr, Faust, di Sokurov.
RispondiEliminami è sembrato un filmetto al confronto
Bravo Ismaele, è una cosa a cui ho pensato anche io. Tieni conto che oltre a Faust non ho visto niente di Sokurov, però prima di entrare in sala mi aspettavo un film molto più contemplativo, sornione, dilatato, invece sono stato quasi investito da una frenesia registica che poco mi ha lasciato da pensare.
RispondiEliminaNon dico che Faust mi abbia un po' deluso, non ne ho il coraggio visto il plebiscito che ha avuto, ma concordo al 100% che di fronte a Tarr non può fare altro che inchinarsi.
Altra categoria.
Ragazzi, secondo me il paragone non si pone. Io ho visto tutta la tetralogia di Sokurov, e credo non si ponga non per una superiorità dell'uno film/regista rispetto all'altro, per quanto ritenga che forse in valore assoluto, dato che Tarr osa anche di più del russo, per questo vada premiato con un di più. Ma davvero in questo caso almeno, in questo confronto, bisogna abbandonare le classifiche arrendendoci al fatto lampante che ci troviamo di fronte a due registi immensi, diversi e simili come la bellezza e l'arte è diversa e simile a se stessa. Faust è un film enorme, insolitamente dinamico, da studiare nei manuali di cinema del futuro, puro incoffessabile teatro su schermo, culmine sovra-umano di quel percorso segnato con gli individui cosmico-storici degli altri 3 film: hitler, lenin, hiroito e poi il diavolo, o l'uomo (dalla Storia all'Essere), all'archetipo. Tarr è un'altra cosa, superiore forse nel suo essere più esterno-estraneo al mezzo cinematografico, che gli permette di raggiungere picchi intoccati ma lo limita anche, seppur con il limite che credo onesto e diegeticamente giustificato, di scrivere sè stesso, la sua visione, di non essere interprete ma profeta.
RispondiEliminaQuindi, per quanto sia anche io un classificaro impenitente, ricopriamoci col mantello della maturità e ammettiamo di essere davanti a due incomparabili geni-capolavori viventi. Isma ed Era carissimo, il Faust non è un filmetto. E' Cinema. Non scherziamo. (senza rancore eh :) )
Gio
ps. Per thurin aspetto un rip decente, ma avendo venerato i primi due della "trilogia" oso parlarne anche non avendolo visto, aspettandomi l'ennesimo passo avanti e dentro alla poetica assoluta di Tarr, devastante poetica dell'Uomo.
Purtroppo non posso controbattere perché come detto la mia conoscenza di Sokurov si limita al Faust. Se il confronto non si può porre, e ne convengo perché la comparazione credo sia uno dei metri di giudizio più fuorvianti, posso parlare solo che di sensazioni, e allora dico che Tarr raggiunge un equilibrio assoluto fra tre componenti base: suono, immagine, significato.
RispondiEliminaNella mia finora breve (e inutile, of course) vita cinefila non ho mai assistito a niente che gli si avvicini, ma neanche di qualche metro.
Per questo quando sono uscito dalla sala di Faust ho dovuto fare i conti con quello che avevo sentito: un'esemplare di cinema più unico che raro, una prova registica fuori dal comune sorretta dalla gigantesca interpretazione del diavolo, opera che rielabora il mito attraverso accorgimenti sfiziosi (le lenti deformanti), che ha momenti notevolissimi (tutta la sequenza in cui Faust si reca a casa della ragazza e il mastodontico finale), ma che, non so come dire, non ha avuto quell'effetto catartico sulla mia emotività. Non sono penetrato nei tormenti Umani del dottore, né nelle tentazioni del demonio, cosicché il precipitato complessivo mi è parso viaggiare di più sulle strade dell'esercizio che su quelle del capolavoro, e onestamente non saprei spiegare il perché.
Certo, sono sicuro che Ismaele non intendeva denigrare Faust, tuttavia se proprio si vuole fare un benedetto paragone resto convinto che Turin sia molti gradini più in alto perché riducendo all'osso gli elementi tecnici (plot sottilissimo, solo due attori in scena, solo un set che si ripete per 2 ore e mezza) riesce a raccontare qualcosa di veramente grande che tocca le corde profonde della vita e della morte. Praticamente un miracolo su pellicola.
Ma parlo senza aver visto né la tetralogia di Sok, né altro di suo, perciò la pianto qua.
p.s., il rip vedrai che spunta, se è vero che ieri sera Ghezzi l'ha passato su Fuori Orario è solo questione di tempo.
La tua posizione è condivisibile e condivisa, però come dire: quello che Tarr fa è talmente miracoloso e intimo da essere Fuori dal Cinema, mentre il miracolo che avviene nel Faust è Il Cinema. Quello di Kubrick per intenderci. Non so se mi faccio capire. Per questo parlavo di studiare il film Faust, per la sua programmaticità estetica che lo rende un esemplare "esemplare", un capolavoro NEL Cinema e DEL cinema, appunto. Il cinema in Tarr è solo un mezzo, una scusa, il protagonista è altro e oltre, molto più in basso o molto più in alto.
RispondiEliminaGio
Capito capito e ti do praticamente ragione.
RispondiEliminaIl discorso per un film come Faust è che data la sua forte sedimentazione nel cinema ma appurata la sua altrettanto distinzione all'interno di questo universo, si tratta di un'opera che per sommi capi manderà più in visibilio gli addetti ai lavori che i semplici spettatore.
Per sommi capi ovviamente, la sensibilità verso l'arte è una dote che credo possa prescindere da diplomi e attestati vari.
Giusto per dire, basta prendere i voti di questi: http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=3915
e confrontarli con questi: http://www.filmscoop.it/film_al_cinema/faust2011.asp
per capire la disparità di vedute.
Il discorso vale senza dubbio anche per Tarr nonostante lui sia come dici tu esterno-estraneo non solo al mezzo, ma al cinema contemporaneo tout-court.
non volevo fare una classifica, ma avevo visto solo il giorno prima Bela Tarr.
RispondiEliminaFaust non è brutto, ma è stato come rientrare nel cinema dopo un'esperienza altra.
se posso fare un esempio è, mutatis mutandis, quello che ho pensato per l'ultimo film di Malick, a Cannes hanno dato la Palma d'Oro a "The tree of life", in realtà è hors categorie, come per le montagne del Tour, il premio era per gli altri, "Drive" o Dardenne, per dire, film e registi eccezionali.
poi magari le cose cambiano, il film di Bela Tarr mi ha fatto girare così tante cose in testa ed emozionato a tanti livelli (infatti penso di scrivere una recensione più lunga di un aforisma, come faccio di solito), che "Faust" lo rivedrò e di sicuro mi dirà di più.
ecco, diciamo che è un problema di tempistica; se vedi Inghilterra-Argentina con Maradona che dribbla 6-7 inglesi e poi segna, bisogna aspettare un po:)
Poi ammetto che entrano in gioco anche le posizioni individuali: trovo Three of life un film terribilmente vuoto, e infinitamente lontano dalla pienezza di un Tarr, Drive un bel film ma inferiore agli altri di refn per questioni di sceneggiatura. Secondo me il vincitore era Melancholia,senza neanche rifletterci, ma rischio di innescare una bomba. O al limite Sorrentino (altra bomba) :) Comprendo la questione di tempistica però, ti consiglio di rivederlo. Anche io devo.
RispondiEliminaGiovanni
Ma sai che su Malick ti do un po' di ragione?
RispondiEliminaL'ho visto al tempo di uscita e quindi non riuscirei ad argomentare, però sintetizzando direi che alla fine mi sono sentito come se avessi scartato un pacco enorme e dentro non c'era nessun regalo.
Comunque che volevo dirvi? Niente, che oggi pomeriggio mi sono rivisto The Turin Horse.
La seconda visione mi ha fatto rendere conto che nel mio commento manca un aspetto non da poco come (SPOILER) quello degli elementi naturali (l'acqua del pozzo, il vento roboante, il fuoco della stufa, le patate della terra), componenti che via via si depennano prosciugando la vita. (/SPOILER)
E poi ho potuto godere maggiormente dello studio di inquadrature che diversifica le azioni sempre uguali dei protagonisti.
Boh, forse esagero ma Three è proprio fuffa, e manco onesta. Per questo mi fa specie che la gente venera roba del genere poi pontifica su Lars von trier (non ce l'ho con voi eh ma con gente fuori dal blog :) )
RispondiEliminagio
Adesso l'ho visto anch'io: grandissimo, e non solo come cinema. Il discorso dell'uomo che va a chiedere la grappa (pardon, palinka: a un'ora dall'inizio) lo avrei voluto scrivere io.
RispondiEliminaC'è un film che gli somiglia, di Sjoestroem nel periodo americano, che si chiama The wind. E' un western, ma nel finale fa impressione proprio come questo di Tarr. (se lo vuoi cercare, in USA si firmava Seastrom).
Una riga su Sokurov: il documentario su Shostakovic è completamente sbagliato, funereo, se non fosse per i filmati di repertorio sarebbe da cestinare senza pietà. Manca del tutto il lato rossiniano, clownesco e brillante di Shostakovic: cioè, un film che dà un'idea errata di quello che vorrebbe raccontare.
Da quel documentario in poi, ho smesso di seguire Sokurov.
Ecco Giuliano, come interpreti il discorso che citi? Io l'ho letto in inglese e qualcosa m'è sfuggito. Secondo te chi sono quei "they" che possiedono il cielo e i sogni degli uomini?
RispondiEliminaGrazie per i suggerimenti (anche su Sokurov), come sempre da vero intenditore.
Gio almeno devi riconoscermi la coerenza: non ho apprezzato né l'uno né l'atro. :)
Dopo il lavoro fatto con questo gioiellino di blog ti perdono tutto, anche Melancholia :)
RispondiEliminaGio
Ovviamente io non sono Tarr, questa è la mia interpretazione - molto in breve! - e cioè che "LORO" sono quelli che hanno distrutto la terra, "tutto quello che toccano, e toccano tutto anche l'inimmaginabile" viene sporcato, avvelenato, distrutto. Non solo la terra e l'acqua, non solo l'arte e la nostra immaginazione, nel film si dice "anche il cielo, anche l'aldilà".
RispondiEliminaPerò non si può scrivere tutto quello che mi è venuto in mente in un commento...(la Bhaghavadgita, per esempio, o la scomparsa dell'aura di cui parlava Elemire Zolla, o magari Bresson e i discorsi nel Balthazar) se vuoi, mandami una mail - ho già trascritto qualcosa anche dal Werckmeister ma di affrontare un discorso su Bela Tarr ancora non me la sento.
ciao!
Però adesso te lo devi vedere Gio, basta chiacchiere. :p
RispondiEliminaTi scrivo Giuliano.
Ok, dopo averlo visto ho finalmente potuto leggere. E come ti dicevo, ero sul punto di farlo quando mi hai anticipato. Una recensione ottima, appassionata ed esaustiva per una pellicola chiaramente allucinante nella sua immensità. Sulla schermata nera ho avuto un mancamento.
RispondiEliminaTotale.
Intanto complimenti per la meravigliosa "recensione" (e più in genere per l'intero blog)
RispondiEliminaAncora ricordo le emozioni che provai anni fa vedendo Satantango in sala e quelle che provai guardando le armonie di Werckmeister, aspettavo questo film e piango (si piango) la scelta di Tarr di abbandonare il cinema.
quindi l'unico modo per procurarselo è affidarsi ai torrent?
e si mi son perso il passaggio Ghezziano...
Riccardo
Grazie per i complimenti, lo dico sempre: sono l'unico carburante per andare avanti.
RispondiEliminaGrande invidia nei tuoi confronti Riccardo che hai visto Satantango in sala, dev'essere un'esperienza TOTALE, qualcosa che ti esplode dentro e ti lascia per sempre delle meravigliose scorie.
Mi unisco al tuo pianto e ti dico che sì, la strada è quella fluviale ma penso che ormai sia un po' ovunque, magari dopo il passaggio ghezziano lo trovi anche con i sub ita.
Quando lo vedi torna qua se ne hai voglia, è su film come questi che il confronto diventa la migliore appendice che ci possa essere.
Se siete interessati qui c'è il rip da fuori orario (registrato con dvd recorder da digitale terrestre). Ciao
RispondiEliminaParte I
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Prova
EliminaUn grande complimento per quanto hai scritto sul film, e su Béla in generale.
RispondiEliminaHo visto quasi tutto dell'ungherese, sono alla ricerca del documentario City Life, di cui Tarr dirige il frammento The Last Boat; mi auguro che sarà rintracciabile a breve, vista la retrospettiva che gli hanno dedicato a Parigi (esserci sarebbe stato un sogno!)
La sequenza iniziale di Turin Horse ha da sola una forza che incenerisce la maggior parte dei film contemporanei.
Elisa
Grazie Elisa, da quando ho affrontato Tarr su queste pagine sei la prima donna con la quale ho l'opportunità di dialogare sull'argomento. Quindi hai già molta della mia stima. :)
RispondiEliminaScorro la filmografia di Béla e annoto i miei vuoti:
- Hotel Magnezit (1978)
- Macbeth (1982)
- Utolsó hajó e City Life (1990)
- Utazás az Alföldön (1995)
E beh, mi accorgo che qualcosina manca anche a me. Ma piuttosto, quando c'è stata questa retrospettiva? Non ne ho letto notizia alcuna!
I film contemporanei non possono fare altro che guardare TTH col naso all'insù, proprio come si fa con le stelle.
La retrospettiva è stata per l'intero mese di dicembre, se vuoi mangiarti le mani (per non essere francese) guarda qua:
RispondiEliminahttp://www.centrepompidou.fr/Pompidou/Manifs.nsf/0/CED0517E2B94E58EC12578DC00499A3F?OpenDocument&sessionM=2.4.2&L=1&form=Actualite
di quelli che ti mancano ho visto Utazás az Alföldön aka Journey on the Plain e Hotel Magnezit.
Per contro mi mancano i primi due: Family Nest, The Outsider più Macbeth e City Life.
Ma a parte queste liste da cinefili (di cui vado matta peraltro) posso dire semplicemente che da quando ho scoperto il cinema di Béla mi sono addentrata nel mondo del cosiddetto CCC (Contemporary Contemplative Cinema) e sto esplorando autori incredibili. Sono d'accordo con te quando scrivi che Tarr è il più grande autore vivente, credo che un film come Werckmeister Harmonies ne sia la più pura dimostrazione.
Eeeh bella bella questa rassegna, ma d'altronde in Francia ad un certo tipo di cinema danno facilmente del tu, e prova ne è che la loro produzione autoriale schiaccia quella italiana, anche perché la nostra è praticamente inesistente. Però se non ho letto male nel programma non c'è il Cavallo... strano! In una maratona del genere mi sembra indispensabile per fornire quella compiutezza necessaria. Ma vabbè, diciamo che mi sarei accontentato anche "solo" di quello che è stato presentato.
RispondiEliminaChe dire di Tarr, ha semplicemente espanso come l'universo la mia idea di Cinema e probabilmente è andato anche oltre. Mi ha dato l'opportunità di toccare con occhio la profonda verità dell'Arte e di questo gliene sarò grato per sempre. Quando sento in giro attribuire il lemma Capolavoro ad un film da botteghino come può essere un Eastwood (che magari ha fatto davvero un buon film, per carità!) io scuoto la testa perché la distanza tra un Béla e un Clint-vattelapesca è abissale.
Non so se questa sia una cosa positiva o meno, davvero non lo so, fatto sta che per me la quintessennza della settima arte si trova nei film di Tarr, e la gran parte della produzione cinematografica mondiale è per il sottoscritto solo una sbiadita nota a piè di pagina. Manco a dirlo Werckmeister Harmonies è il mio film del cuore poiché nel momento in cui quella nebbia sottile del finale avvolge la balena e la musica sale d'intensità, quel momento in cui avviene lo stacco sui titoli di coda, in quel momento Tarr mi ha davvero preso il cuore e lo ha stretto fortissimo. Una roba che non dimenticherò mai per tutta la vita.
Comunque, visto che 'ste liste piacciono anche a me medesimo, caccia fuori qualche nome del CCC che da queste parti è moooolto apprezzato. :)
In uno degli ultimi Cineforum si parlava del film di Lav Diaz presentato a Venezia, "Century of Birthing", la recensione esordiva più o meno così: 'E' difficile in un festival, dopo aver visto un film di sei ore, spiegare alle persone che ti stanno intorno che hai appena visto la Madonna'.
RispondiEliminaLetto ciò, il filippino è salito in testa alla mia wish list dei film da vedere! Di lui non ho mai visto niente ma in giro è molto apprezzato.
Un film recente che mi è piaciuto moltissimo e che va di diritto tra i CCC è Aruitemo Aruitemo (Still Walking) di Koreeda.
Se non l'hai letta, ti linko questa intervista a Béla http://www.hollywoodreporter.com/news/bela-tarr-i-dont-want-242751
sul finale dice di provare ammirazione per Kaurismaki; Le Havre se non l'hai visto te lo consiglio caldamente!
Quando ci si abitua a guardare un certo tipo di cinema, diventa praticamente impossibile guardare con gli stessi occhi tutto il resto.
Li conosco entrambi, ma non ho visto praticamente niente di loro. D'altronde come fai con Lav Diaz? O hai molto tempo libero oppure sei costretto a spezzetare il film in più parti e non è una cosa che mi garba fare. Di Koreeda invece ho visto tempo fa After Life e ne conservo un buon ricordo. Prima o poi mi piacerebbe affrontarlo come si deve.
RispondiEliminaPer quanto riguarda altri registi della categoria rilancio con (e via di lista cinefila):
- Sharunas Bartas, lituano, maestro nel riprendere la decadenza dell'umano.
- Bruno Dumont, francese, ex professore di filosofia, ogni suo film è un urlo lancinante.
- Pedro Costa, portoghese, estremo, lentissimo, fa film che sono esperienze.
- Carlos Reygadas, messicano, il suo Japon è uno dei film più belli del decennio scorso.
- Tsai Ming-liang, taiwanese, semplicemente immenso.
- Apichatpong Weerasethakul, thailandese, uno che fa un altro sport. Fa cose da non credere.
Menzioni speciali per Lisandro Alonso e il nostro Michelangelo Frammartino.
L'intervista l'avevo letta ma grazie comunque, purtroppo Miracolo a Le Havre è sfuggito alla mia rete, conto di recuperarlo insieme agli altri dell'autore.
sto scaricando proprio ora Japón! ne ho letto un gran bene un po' ovunque.
RispondiEliminagli altri che hai citato li conosco più o meno tutti (un paio solo di nome!)
Weerasethakul con il suo Boonmee ha scolpito un'opera incredibile e con molteplici significati che non tutti -i critici o chi si professa tale- hanno colto a pieno. Un film di raro valore.
aggiungo: Albert Serra "El Cant dels ocells", trasmesso da fuori orario qualche settimana fa, non l'ho visto ma anche questo è da aggiungere alla wish list! :)
Guarda, io l'ho affrontato senza grandi aspettative (previa visione di Battaglia nel cielo) e mi sono trovato di fronte un film grandioso con uno dei finali più potenti del cinema contemporaneo.
RispondiEliminaSe lo vedi sarei curioso di sapere il tuo parere.
Concordo al 100% su Boonmee, un'opera magica che acquista ancora più valore se rapportata all'intera filmografia del regista.
Mi segno questo Albert Serra che non conosco, ma se lo ha passato San Ghezzi allora è da vedere senza se e senza ma.
quando guarderò Japon ti scriverò due righe.
RispondiEliminaieri con enorme ritardo ho visto Thirst (Park Chan-wook). Un po' di delusione, più che altro perchè l'ultima mezz'ora di film è abbastanza grandiosa (finale compreso), peccato per tutta la prima ora e mezza un po' statica, senza guizzi particolari; non ci ho ritrovato dentro il Park della trilogia della vendetta.. quello dall'estetica/anestetica che ti fa gridare wow! ogni tre secondi. Una cosa interessante è che la storia si ispira a un romanzo di Zola.
Eh lo so, anche io quando vidi Thirst sperai spasmodicamente in un'opera che perlomeno eguagliasse la trilogia. E come te rimasi un pochino deluso, o forse spaesato. Ma poi mi dissi che poteva andare bene anche così, un autore non può adagiarsi sul proprio "meglio" ma fa bene a sondare nuove strade (penso alle stranezze di I'M a Cyborg..., o all'altrettanto strambo melò di Thirst).
RispondiEliminaAdesso pare che stia girando un film in America con Nicole Kidman, o fa il botto o si sputtana di brutto.
oddio, gli orientali che girano in america con cast hollywoodiani mi suonano sempre male, tipo Wong kar-wai con My blueberry nights.. Poi magari mi sbaglio, anzi, spero.
RispondiEliminaIdem per Kim Jee-woon, sta lavorando oltreoceano in un film che vede nel cast nientepopodimenoche... Schwarzenegger :/
RispondiEliminaio di lui non ho mai visto niente, uno dei pochi occhi a mandorla che mi manca.
RispondiEliminaper tornare a Béla, hanno escluso anche lui per l'oscar come migliore film straniero, insieme a Kaurismaki. praticamente, se poi vincono sempre film di merda, se la cercano.
Kim ha un talento non da poco, diciamo però che il mio ideale di cinema è un po' lontano dai suoi canoni.
RispondiEliminaChe vuoi farci? Seriamente, tu te lo immagini Il cavallo di Torino proiettato a Hollywood? Meglio così dài, lasciamoli nei loro discorsi (del re), che intanto Béla di una statuetta d'oro non saprebbe che farsene.
Punto su Una separazione per il titolo.
guarda qua! http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=18648
RispondiEliminaSpettacolo! Complimenti agli organizzatori.
RispondiEliminaFinalmente l'ho visto. Definitivo. Finale. Immenso.
RispondiEliminaGiovanni
Tra i 50 e passa commenti mancava il tuo. Ora c'è, e dice tutto.
RispondiEliminalo sto ancora cercando. i links non sembrano funzionare....Bela Tarr è già nella storia: universale, unico e immortale. Satantango una deriva senza precedenti...
RispondiEliminaSe ti riferisci ai links postati poco più su non funzionano perché, come è risaputo, Megavideo ha chiuso baracca e burattini. Comunque penso che ormai il film sia quasi di dominio pubblico, basta smanettare un po' e il gioco è fatto.
RispondiEliminaNon ho parole. Né per parlare del film, né della tua commovente recensione. Credo sia un film da vedere senza fiatare, e possibilmente da soli, perché bisogna starsene in silenzio per qualche ora a commemorare la fine.
RispondiEliminae così sia.
RispondiEliminadovevo venire a leggere cosa ne pensavi. sai che ho adorato Satantango... della rece non ho capito nulla caro eraser, ahah! di altissimo livello, e perdonami, non ho il tasso culturale tuo e dei tuoi ospiti, anche alcuni commenti ho fatto fatica a seguire.
RispondiEliminasu una cosa (tra le poche che ho capito) sono d'accordissimo con te, quando dici: "Nella prima ora e mezza non succede praticamente niente". ecco, più o meno scriverò la stessa cosa, quando sarà, tranne che secondo me non succede niente nemmeno nel resto di questo inutile, logorroico e pallosissimo film. parere personale ovviamente
Satantango è un altro pianeta.
No Roby, non puoi farmi questo! :D
RispondiEliminaCercavo notizie di Bela Tarr e mi sono imbattuto nella vostra pagina. E di grande conforto, sentire parlare dei film di quest'uomo meraviglioso, ho visto tutti i suoi film e condivido tutto ciò che avete detto sull'opera di Bela Tarr - a detto tutto in questi film - solo un grande può farlo.
RispondiEliminapenso sia arrivata la sera tanto attesa in cui mettere a bollire due patate per cena e in assoluta solitudine, partire anch'io per questo viaggio
RispondiEliminaAttenta a spellarle che scottano...
RispondiEliminami sono scottata le dita e la lingua,
RispondiEliminaora non posso nè scrivere nè parlare.
questo pezzo di fossati però te lo voglio lasciare a margine..magari non sembra pertinente ma io sento quel vento ,lo stesso di tarr.
http://www.youtube.com/watch?v=v2nQaY7lJO0
ritrovare Fossati in Tarr non fa altro che evidenziare la sconfinata ampiezza di questo film che con due attori, un cavallo e una catapecchia in balia del vento riesce a raccontare TUTTO.
RispondiElimina(bel pezzo, comunque)
l'ho rivisto una seconda volta quasi per intero stasera dopo holy motors (sorvolo sull'accostamento!) e mi rendo conto quanto si faccia denso di perdizione e residui un amaro sublime, questo tesoro che vorrei vedere proiettato sui muri delle città, quelle stesse spazzate dal vento di tarr così che visibile a tutti, umani nobili e meno nobili,possa deflagrare la sua potenza espressiva in ogni atomo di mondo incivilito.
RispondiEliminaè come tu dici un film che riesce a raccontare Il Tutto,difficile fermare le parole di fascinazione,ma devo.
e questo tuo blog con tutti i commenti a tarr è uno spazio di resistenza che fa tanto bene al cuore.
grazie ancora eraser, io sono incappata qui per caso tempo fà cercando di aristakisjan- che tra l'altro sento in assonanza con tarr in quanto più che cinema il suo è documentario lirico,degli ultimi, proprio come lo sono il cavallo e il vento e l'uomo e la donna di questo film- e ho scoperto tarr,come dimenticare!
quello che a mio avviso eleva la visione è il monologo già citato: nichilismo puro. che mi ha fatto vibrare tutta, denso di espliciti riferimenti politici e filosofici a cui tanta letteratura e arte post-moderna è già stata consacrata.
"l'uomo è marcio e si è incancrenito, e lo siamo tutti. noi avanziamo in massa verso una confusione senza uguale, noi insorgeremo gli uni contro gli altri come dei minorati convulsi, come de fantocci allucinati, perchè, tutto essendo diventato impossibile e irrespirabile per tutti, nessuno più accetterà di vivere, se non per liquidare e liquidarsi. l'unica frenesia di cui siamo ancora capaci è la frenesia della fine. seguirà una forma suprema di stagnazione, quando, recitate le parti, abbandonata la scena, potremo con agio rimuginare l'epilogo" (E.Cioran da "Squartamento")
..e dovremmo ripartire da quel cavallo, di cui non si è più saputo nulla.
Sorvoli gli accostamenti ma con Cioran hai dato una piacevolissima mazzata sulle palle :)
RispondiEliminaA tal proposito, visto che l'hai citato, consiglierei tosto la lettura de La caduta nel tempo:
"Non siamo realmente noi se non quando, mettendoci di fronte a noi stessi, non coincidiamo con niente, nemmeno con la nostra singolarità."
Su Tarr non oso dire nulla, sarebbe superfluo.
cioran si lascia citare da ogni sua fonte.
RispondiEliminala caduta nel tempo certo,sui comodini di ogni inquieto d'animo.
è lettura estrema perchè ultima, come il bianco e nero di tarr,ma purificatrice e potente.
e adesso come si può continuare a vedere altri film dopo questo?
Nella videoteca immaginaria del mondo andrebbe posizionato per sempre in fondo a destra. Dopo, il nulla.
RispondiEliminaE sì, c'è qualcosa di Tarr in Aristakisjan, qualcosa che pur non raccontando direttamente di noi ci riguarda da vicino.
"e adesso come si può continuare a vedere altri film dopo questo?"
RispondiEliminaci si riconosce e ci si fa attraversare da queste cose ma alla fine ciò che dovrebbe essere una presa di coscienza devastante finisce per diventare un "piacere consolatorio". Come si deve vivere allora una cosa come The Turin Horse? Concordo senz'altro che rimane ad un passo dal Nulla...il problema della cosiddetta arte è che quel Nulla, tanto familiare ad alcuni di noi, è irrappresentabile per sua natura ed è forse il motivo per cui si continua a ricercare e produrre (disperatamente) "opere d'arte". E' il perpetuo tormento di chi percepisce che qualunque forma di rappresentazione, purtroppo, non è mai definitiva. Il fatto che comunque Tarr abbia deciso di darci un taglio, nella sua coerenza, lo rende quantomeno un essere umano (prima ancora che uno dei pochi registi) degno di un rispetto assoluto.
è evidente che Ratzinger ha imitato Tarr, trovare però il sostituto del magiaro sarà molto più difficile.
RispondiEliminaSi, infatti pare che le riprese di The Vatican Horse siano iniziate proprio in questi giorni a Castel Gandolfo :D
RispondiEliminaecco appunto a parte i pope e i mullah di queste ore truci, preferirei sprofondare nelle liturgie di turin e chiedo link a chi ne ha per la colonna sonora;)
RispondiElimina@rombro potremmo essere amici e tanto,leggo il tuo commento con gioia e anche se a un passo dal Nulla ci rimarremo per istinto di conservazione (quel piacere consolatorio appunto)io continuo a odiare/amare l'arte e passare belle ore tra questi fondali e lo schermo reclamando "chè sia per me il coltello".
http://www.youtube.com/watch?v=TUBoeyx-SzU
RispondiEliminaE' da molto tempo che seguo questo meraviglioso blog e volevo ringraziarvi tutti per l'ottimo lavoro che state facendo. Data la mia scarsa abilità nell'utilizzo di questi strumenti ho tentennato fino a questo momento :D Grazie Grazie Grazie!
RispondiEliminaA proposito di Fred Kelemen..ho notato che in rete non se ne parla quasi per niente,eppure sembra aver fatto cose interessanti..peccato non si trovi nulla della sua filmografia,a parte Krisana..sei riuscito a vedere qualcosa di lui?
RispondiEliminaNo rombro, ma a dir la verità non mi sono neanche impegnato per farlo.
RispondiEliminada vedere assolutamente
RispondiEliminaHo cominciato a guardare i film di Tarr grazie alle tue recensioni, finchè ho visto Satantango e Le Armonie di Werckmeister, mi sono resa conto di aver trovato forse il terzo autore insieme a Bergman e Tarkovskij, in grado di dire qualcosa e sapermi dare qualcosa nei film, ma con questo film che cosa da? Una chiara immagine del suo punto di vista dell'uomo come piccolo insetto insignificante? No, non ci siamo, Bergman e Tarkovskij avevano una concezione diversa dell'essere umano, pur criticandolo nelle sue piccolezze, persino Lars Von Trier in Melancholia ha fatto di meglio.
RispondiEliminaOra capisco che ogni autore ha il suo sguardo nel mondo, ma questa è un vero e proprio mortorio, che difficilmente rivedrò una seconda volta, e sono daccordo con Robydick, Du palleeeeee!!!!
Buongiorno a tutti,
RispondiEliminaNon credo di essere fuori tempo perché, anche se la discussione é stata aperta alcuni anni fa, sono sicuro che anche adesso ci sono tanti cinefili che stanno scoprendo Tarr ora.
Visto che non é mai tardi per godere della genialitá, vi informo che da fine luglio si puó trovare Il cavallo di Torino su youtube in ottima qualitá, in originale con sottotitoli in spagnolo facilmente capibili:
www.youtube.com/watch?v=DG6mXW2b4yU
Per vederlo o rivederlo perché una visione dell'assoluto non é mai tempo sprecato
Non so chi avrà l'occasione di leggere il tuo commento, ma grazie comunque per la segnalazione.
RispondiElimina