Che cosa sia Dogma 95 non verrò di certo a dirvelo io, e non perché abbia così tanta fiducia nelle vostre conoscenze cinematografiche, ma perché rischierei seriamente di scrivere delle castronerie avendo visto soltanto uno dei molti film che hanno aderito al manifesto: questo. Il secondo, cronologicamente parlando, anticipato da
Festen – Festa in famiglia (1998, ma sono usciti entrambi nello stesso anno) diretto da Thomas Vinterberg, fondatore del movimento insieme a Von Trier.
Il Voto di Castità consiste nell’attenersi rigidamente (ma anche no) alle regole del Dogma che impongono l’uso della camera a mano per le riprese ed il divieto di utilizzare scenografie e musiche extradiegetiche, più altre quisquiglie. In realtà non sempre le norme dogmatiche sono state seguite alla lettera,
Idioti ne è un esempio, poiché l’interpretazione del manifesto è a discrezione di ogni singolo regista.
Mi rendo conto che è più adeguato parlare al passato in quanto Dogma 95 ha chiuso i battenti esattamente dieci anni dopo la sua nascita, e mi rendo conto di aver tradito immediatamente il mio incipit illustrandovi sbrigatamene che cosa sia questo movimento cinematografico. Ma vabbè.
Non so se sbuffare dopo la visione di
Idioti, non so se gioire, non so che fare.
Mi viene impossibile gridare al capolavoro perché io sono uno strenuo sostenitore del racconto, preferisco una solida narrazione ad un’eccessiva cura formale. Che qui, per inciso, di tatto estetico non ce n’è, ma Von Trier attenendosi ai principi dogmatici crea un film con una propria forma – tremolante, obliqua, rabberciata – che nell’apparire brutta, per non dire fastidiosa, alla vista, diviene la sintomatica espressione di una precisa ricerca stilistica, attraente o no che sia.
L’impressione, del tutto personale, è che il divertimento (leggi: coinvolgimento) in
Idioti propenda più dalle parti di Von Trier che questo film l’ha fatto, piuttosto che dalle parti dello spettatore che il film l’ha guardato.
Tutto questo infiacchisce la narrazione, sicuramente l’ultima delle preoccupazioni nel suo cinema, che ha un discreto assunto di base supportato da un cast coraggioso, ma che si perde dentro se stesso e dentro le sue stesse regole.
Io parto dal presupposto che un film venga ideato per suscitare nel cuore di chi lo guarda un qualche sentimento, dal più nobile al più infimo.
Idioti produce una reazione pericolosa: l’indifferenza che nasce dalla paura. L’indifferenza è inevitabile perché è la natura costitutiva dell’opera ad essere così. Fredda e grezza. Non ci sarà mai empatia per questo gruppo di persone che si fingono dementi, né odio né amore, solo profonda indifferenza.
E da questa angolazione la pellicola acquista punti perché riproduce la non-opinione che in fondo la società ha dei deviati, ritenuti diversi e quindi “spaventosi” al punto di essere apatici nei loro confronti. Non per niente le scene migliori sono quelle in cui il gruppo di idioti interagisce con le persone “normali” che hanno sempre reazioni distaccate o finte perbeniste nei loro confronti.
Moralismo da due soldi o meno, Von Trier sotto questo punto di vista ha centrato il bersaglio, e lo ha fatto utilizzando il metodo come fine. Attraverso il filtro cinematografico del dogma ha modellato l’opera e le sue componenti.
Siamo indifferenti come lo saremmo nella realtà di fronte a quegli idioti? Bravo Lars, ma lo dico in maniera distaccata, non posso fare altrimenti.
Idioti è il capitolo centrale della Trilogia del Cuore d'Oro. I due estremi sono
Le onde del destino (1996) e
Dancer in the Dark (2000).
Inoltre il regista Jesper Jargil ha girato un documentario intitolato
The Humiliated (1998) che riprende il dietro le quinte del film.