Coppia in crisi non riesce ad avere figli. I loro vicini di casa cercano di alleviarli lo stress invitandoli nel cottage di campagna. Qui, Karel, il marito, sterra delle radici in un campo, e con un’accetta le plasma dandole un vago aspetto antropomorfo. Porta questo “dono” alla moglie Bozena che improvvisamente vede nel pezzo di legno il figlio tanto desiderato. Si finge così incinta con dei cuscini che simulano il procedere della gravidanza e si reca spesso in campagna per accudire il tronco di legno proprio come se fosse un neonato: tra lo sconforto del marito e i sospetti di Alzbetka, la piccola figlia dei vicini. Giunti al “parto” Bozena e Karel vanno nel cottage dove il pezzo di legno era stato lasciato, e il marito chiude la moglie nell’abitazione per simulare il decorso post-parto. Quando una settimana dopo torna nella villetta, Otik, il pezzo di legno, ha preso vita.
Al ritorno in città Bozena si mostra una madre premurosa nei confronti del figlio che nasconde nella culla dagli sguardi indiscreti dei vicini, mentre Karel è riluttante all’idea di avere in casa quell’essere.
Il piccolo Otik cresce a dismisura e sembra avere una fame incredibile, quando il biberon non gli basta più comincia a mangiare esseri viventi: prima il gatto di casa, poi un postino ed infine un assistente sociale. La situazione diviene insostenibile. Karel, tra le proteste della moglie che vede in Otik il suo amato figlio, decide di chiudere l’essere dentro un baule in cantina e lasciarlo morire lì di fame. Ma Alzbetka, che ha trovato in un libro la fiaba nera dell’Otesanek, si prende cura del mostro portandogli del “cibo”. La favola, però, non ha un lieto fine.
La trama, letta così, potrebbe essere tranquillamente quella di un filmaccio b-movie, invece è il quarto straordinario film di Jan Švankmajer. Straordinario, sì, una di quelle opere che vorresti non finissero mai: per l’intreccio della trama, per la splendida caratterizzazione di ogni singolo personaggio, per la recitazione degli attori, per quell’animazione in stop-motion che è un marchio di fabbrica inconfondibile.
E poi per Alzbetka, forse la vera protagonista del film, e per suo padre, così manesco e ottuso ma anche così buffo; per la materna Bozena che è la parte passionale, e di conseguenza irrazionale, della coppia, compensata da Karel, freddo calcolatore invischiato in una faccenda più grande di lui; per i siparietti spassosissimi con il vecchio maniaco che guarda sotto la gonna di Alzbetka; per piccoli particolari come la donna che coltiva cavoli la cui rabbia finale è proporzionata alla dedizione che ci ha messo nel seminarli.
E infine al piccolo Otik. Pur essendo un mostro che divora esseri umani non si può non stare dalla sua parte, anche la piccola Alzbetka lo dice: “Lui è così solo…” Si prova compassione per Otik! Forse sarà perché vagisce come un neonato o perché prima di “fare la pappa” lava i rami in una bacinella come se fossero delle manine, ma almeno una volta durante la visione è impossibile non pensarlo come un bambino vero.
Il regista si autocita per ben tre volte (e magari anche in molte altre a mia insaputa): con Alzbetka che rischia di finire sotto un auto proprio come il protagonista di Faust (1994), e in seguito con il Dettaglio della sua bocca che racconta la fiaba al pari di Alice (1988). Infine vengono trasmesse in una tv le immagini del corto Meat Love (1989).
Manco a dirlo: un film da vedere e rivedere. Švankmajer è un genio.
Al ritorno in città Bozena si mostra una madre premurosa nei confronti del figlio che nasconde nella culla dagli sguardi indiscreti dei vicini, mentre Karel è riluttante all’idea di avere in casa quell’essere.
Il piccolo Otik cresce a dismisura e sembra avere una fame incredibile, quando il biberon non gli basta più comincia a mangiare esseri viventi: prima il gatto di casa, poi un postino ed infine un assistente sociale. La situazione diviene insostenibile. Karel, tra le proteste della moglie che vede in Otik il suo amato figlio, decide di chiudere l’essere dentro un baule in cantina e lasciarlo morire lì di fame. Ma Alzbetka, che ha trovato in un libro la fiaba nera dell’Otesanek, si prende cura del mostro portandogli del “cibo”. La favola, però, non ha un lieto fine.
La trama, letta così, potrebbe essere tranquillamente quella di un filmaccio b-movie, invece è il quarto straordinario film di Jan Švankmajer. Straordinario, sì, una di quelle opere che vorresti non finissero mai: per l’intreccio della trama, per la splendida caratterizzazione di ogni singolo personaggio, per la recitazione degli attori, per quell’animazione in stop-motion che è un marchio di fabbrica inconfondibile.
E poi per Alzbetka, forse la vera protagonista del film, e per suo padre, così manesco e ottuso ma anche così buffo; per la materna Bozena che è la parte passionale, e di conseguenza irrazionale, della coppia, compensata da Karel, freddo calcolatore invischiato in una faccenda più grande di lui; per i siparietti spassosissimi con il vecchio maniaco che guarda sotto la gonna di Alzbetka; per piccoli particolari come la donna che coltiva cavoli la cui rabbia finale è proporzionata alla dedizione che ci ha messo nel seminarli.
E infine al piccolo Otik. Pur essendo un mostro che divora esseri umani non si può non stare dalla sua parte, anche la piccola Alzbetka lo dice: “Lui è così solo…” Si prova compassione per Otik! Forse sarà perché vagisce come un neonato o perché prima di “fare la pappa” lava i rami in una bacinella come se fossero delle manine, ma almeno una volta durante la visione è impossibile non pensarlo come un bambino vero.
Il regista si autocita per ben tre volte (e magari anche in molte altre a mia insaputa): con Alzbetka che rischia di finire sotto un auto proprio come il protagonista di Faust (1994), e in seguito con il Dettaglio della sua bocca che racconta la fiaba al pari di Alice (1988). Infine vengono trasmesse in una tv le immagini del corto Meat Love (1989).
Manco a dirlo: un film da vedere e rivedere. Švankmajer è un genio.
Ciao eras ;)
RispondiEliminaPremettendo che il film mi è piaciuto, e anche tanto, lo ritengo, comunque, leggermente inferiore ai cospiratori del piacere.
Forse è per il finale. Manca qualcosa, quel quid che lo renderebbe perfetto.
Sicuramente da vedere e rivedere, questo è indubbio ;)
Manco a dirlo, ma Alzbetka è il vero personaggio principale della storia! Il suo cinismo è qualcosa di incredibile :)
Non saprei non saprei. I Cospiratori lavorano più a livello celebrale, c'è molto da capire e ragionare dopo la visione. Otik lo ricordo più istinto e amore, nella travolgente forza di raccontare una favola che strega durante la visione.
RispondiEliminaNon saprei non saprei, anzi una cosa la so: Svankmajer è un genio. Ah, l'ho già detto.
Ciao Manda ;)
(e ora ti manca Lunacy!)
...Alice e il Faust(quest'ultimo tra l'altro non lo riesco a trovare) ;)
RispondiEliminaSi, hai ragione, sono due film, azzerderei a dire, diversi. Piacciono per motivi diametralmente opposti. Diciamo che i conspiratori hanno stuzzicato maggiormente il mio senso estetico ;)
Ma hai sentito dell'ultimo lungometraggio di Svank?
Giusto, anche Faust!
RispondiEliminaSì, no, ho letto come penso pure te alcune info in rete. La trama stuzzica, ma temo che potremo vederlo solo fra parecchio tempo, e sicuramente non al cinema.
Come finisce? Non riesco a finirlo... Verso la fine si interrompe forse ho un problema con il caricamento
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