In attesa del cardinale che dovrebbe sancire l’unione col rampollo Mathurin de l’Esperance, la giovane Lucy Broadhurst sogna l’incontro hard fra Romilda, antenata degli Esperance, e la bestia che viveva nel bosco. Contemporaneamente Mathurin non sembra passarsela troppo bene.
Pensato originariamente come uno degli episodi de I racconti immorali (1974), La bestia è il film più famoso di Borowczyk, nonché il più tagliato e censurato.
Il concepimento della pellicola come un breve episodio pesa sulla riuscita finale accusando tempi morti che hanno il sapore di brodo allungato. Giusto per dire: la bestia del titolo entra in scena solo dopo un’ora e non è che prima vengano rivelate cose di vitale importanza.
Ma rispetto a I racconti siamo su un altro pianeta poiché qui c’è una base, un fondamento, su cui si snoda la storia, e non soltanto una sequela di culi, che sono sempre un bel vedere, certo, ma non per 90 minuti.
Qual è, dunque, il cardine attorno al quale La bestia ruota?
La risposta non è così semplice.
La sessualità appare come il tema dominante: repressa per Mathurin che guarda con libidine i cavalli accoppiarsi; curiosa per Lucy che tramite la masturbazione crea un ponte tra lei e Romilda con la seguente ipotetica rottura dell’imene immortalata da Borowczyk coi petali di rosa; passionale per il cameriere di colore e la figlia di Esperance; ambigua per il prete che “coccola” i suoi chierichetti più di quanto dovrebbe.
Insomma, la concupiscenza pare muovere le figure del film che però non riescono a godere dei piaceri sessuali perché ingabbiati da un sistema soffocante come quello del clero (ascoltare il discorso conclusivo del cardinale) o dalle manfrine della famiglia Esperance che per risollevare le sorti della dinastia cerca di combinare un matrimonio infattibile fra un allocco ed una ragazza tanto sveglia quanto carina. E dunque il sesso selvaggio (bestiale) immortalato fin da subito con l’amplesso equino rappresenta la porta d’uscita da un mondo troppo inquadrato.
Purtroppo le fattezze della bestia lasciano a desiderare. Ci può stare che Boro provochi con la zoofilia autoironica estremizzando un discorso diretto ad una società castrante, ma ‘sto cavolo di mostro sembra una marmotta superdotata troppo cresciuta. Mi ripeterò, però se nel ’75 vedere una tizia che si cimenta con una protuberanza proboscidale in footjob, spagnole, ecc., aveva un suo perché, nella nostra epoca tempestata di informazioni non ha più molta forza, se non quella di far scappare una risata.
Vedere La bestia come un erotico facilotto sarebbe sbagliato, ma non aspettatevi il capolavoro rivoluzionario.
Pensato originariamente come uno degli episodi de I racconti immorali (1974), La bestia è il film più famoso di Borowczyk, nonché il più tagliato e censurato.
Il concepimento della pellicola come un breve episodio pesa sulla riuscita finale accusando tempi morti che hanno il sapore di brodo allungato. Giusto per dire: la bestia del titolo entra in scena solo dopo un’ora e non è che prima vengano rivelate cose di vitale importanza.
Ma rispetto a I racconti siamo su un altro pianeta poiché qui c’è una base, un fondamento, su cui si snoda la storia, e non soltanto una sequela di culi, che sono sempre un bel vedere, certo, ma non per 90 minuti.
Qual è, dunque, il cardine attorno al quale La bestia ruota?
La risposta non è così semplice.
La sessualità appare come il tema dominante: repressa per Mathurin che guarda con libidine i cavalli accoppiarsi; curiosa per Lucy che tramite la masturbazione crea un ponte tra lei e Romilda con la seguente ipotetica rottura dell’imene immortalata da Borowczyk coi petali di rosa; passionale per il cameriere di colore e la figlia di Esperance; ambigua per il prete che “coccola” i suoi chierichetti più di quanto dovrebbe.
Insomma, la concupiscenza pare muovere le figure del film che però non riescono a godere dei piaceri sessuali perché ingabbiati da un sistema soffocante come quello del clero (ascoltare il discorso conclusivo del cardinale) o dalle manfrine della famiglia Esperance che per risollevare le sorti della dinastia cerca di combinare un matrimonio infattibile fra un allocco ed una ragazza tanto sveglia quanto carina. E dunque il sesso selvaggio (bestiale) immortalato fin da subito con l’amplesso equino rappresenta la porta d’uscita da un mondo troppo inquadrato.
Purtroppo le fattezze della bestia lasciano a desiderare. Ci può stare che Boro provochi con la zoofilia autoironica estremizzando un discorso diretto ad una società castrante, ma ‘sto cavolo di mostro sembra una marmotta superdotata troppo cresciuta. Mi ripeterò, però se nel ’75 vedere una tizia che si cimenta con una protuberanza proboscidale in footjob, spagnole, ecc., aveva un suo perché, nella nostra epoca tempestata di informazioni non ha più molta forza, se non quella di far scappare una risata.
Vedere La bestia come un erotico facilotto sarebbe sbagliato, ma non aspettatevi il capolavoro rivoluzionario.
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