Walerian Borowczyk nasce nel 1923 a Kwilcz, un piccolo comune rurale polacco. Dopo essersi diplomato all’accademia di Belle Arti di Cracovia nel ’51, esordisce nel cinema con alcuni cortometraggi. Intorno agli anni 60 si trasferisce in Francia, sua patria d’adozione, dove si cimenta con buoni risultati nel campo dell’animazione. Nel 1971 la svolta: con Blanche, un amore proibito inizia un discorso sull’erotismo che caratterizzerà da questo momento in avanti tutta la sua carriera, un erotismo che alla fine scemerà nella mera pornografia. Muore a Parigi nel 2006.
I racconti immorali di Borowczyk è un film del 1974 costituito da quattro episodi indipendenti.
Dei quattro solo il terzo, quella della contessa, è degno di essere preso in considerazione. Non tanto per quello che fa vedere, in quanto ogni episodio pullula di primi piani pubici, ma per come lo fa. C’è un minimo di sviluppo nella narrazione affiancato da un impatto visivo niente male: decine e decine di ragazze nude che corrono in una stanza con i loro fondoschiena ben in evidenza.
I restanti episodi sono da dimenticare, in particolare il secondo con i cetrioli utilizzati a mo’ di dildo e l’ultimo con una Lucrezia Borgia che si diverte a guardare il disegno di un cavallo col pene eretto. Contenta lei…
Il primo, La marea, l’unico ad essere ambientato nel presente (il presente di Boro, ovviamente) pur avendo un’ambientazione abbastanza suggestiva non riesce ad essere troppo incisivo a causa della sua breve durata. Il rapporto di sottomissione tra i due cugini poteva essere reso meglio, magari allungandolo con qualche espediente a scapito dei due episodi più deboli.
Ma il problema è uno e uno solo: il tempo.
Dal ’74 a oggi sono passati troppi anni per far sì che I racconti immorali riescano a colpire l’attenzione. È innegabile il rigore formale di Borowczyk (anche se quelle numerose inquadrature “altezza vita” sono un po’ stucchevoli) accompagnato da musiche non memorabili eppure in sintonia con le immagini; inoltre l’eleganza stilistica in certi punti riesce anche a rendere artistici i corpi nudi delle giovani (terzo episodio), ma la sensazione che tutto sia già stato visto è forte.
Oggi un film così passerebbe soltanto in seconda serata su una rete con tanto di bollino rosso, anche se alla fin fine non c’è niente di tanto scabroso che non si veda in un reality show, almeno nell’edizione censurata.
La versione italiana è stata mutilata dalla censura, la RHV ha pubblicato un dvd nella sua versione integrale che a quanto si dice rivaluterebbe di brutto l’opera nel suo insieme. Ma io, pur avendo visto l’edizione tagliata, non me la sento con tutta sincerità di consigliare l’acquisto. E nemmeno di scaricarlo.
I racconti immorali di Borowczyk è un film del 1974 costituito da quattro episodi indipendenti.
Dei quattro solo il terzo, quella della contessa, è degno di essere preso in considerazione. Non tanto per quello che fa vedere, in quanto ogni episodio pullula di primi piani pubici, ma per come lo fa. C’è un minimo di sviluppo nella narrazione affiancato da un impatto visivo niente male: decine e decine di ragazze nude che corrono in una stanza con i loro fondoschiena ben in evidenza.
I restanti episodi sono da dimenticare, in particolare il secondo con i cetrioli utilizzati a mo’ di dildo e l’ultimo con una Lucrezia Borgia che si diverte a guardare il disegno di un cavallo col pene eretto. Contenta lei…
Il primo, La marea, l’unico ad essere ambientato nel presente (il presente di Boro, ovviamente) pur avendo un’ambientazione abbastanza suggestiva non riesce ad essere troppo incisivo a causa della sua breve durata. Il rapporto di sottomissione tra i due cugini poteva essere reso meglio, magari allungandolo con qualche espediente a scapito dei due episodi più deboli.
Ma il problema è uno e uno solo: il tempo.
Dal ’74 a oggi sono passati troppi anni per far sì che I racconti immorali riescano a colpire l’attenzione. È innegabile il rigore formale di Borowczyk (anche se quelle numerose inquadrature “altezza vita” sono un po’ stucchevoli) accompagnato da musiche non memorabili eppure in sintonia con le immagini; inoltre l’eleganza stilistica in certi punti riesce anche a rendere artistici i corpi nudi delle giovani (terzo episodio), ma la sensazione che tutto sia già stato visto è forte.
Oggi un film così passerebbe soltanto in seconda serata su una rete con tanto di bollino rosso, anche se alla fin fine non c’è niente di tanto scabroso che non si veda in un reality show, almeno nell’edizione censurata.
La versione italiana è stata mutilata dalla censura, la RHV ha pubblicato un dvd nella sua versione integrale che a quanto si dice rivaluterebbe di brutto l’opera nel suo insieme. Ma io, pur avendo visto l’edizione tagliata, non me la sento con tutta sincerità di consigliare l’acquisto. E nemmeno di scaricarlo.
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