Storia sulla linea di confine che separa l’America e il Canada. Nell’aria che gela il respiro due donne si incontrano: Ray (Melissa Leo, candidata all’Oscar) e Lila. Sono diverse, a partire dal colore della pelle, ma entrambe hanno bisogno di soldi. La prima per comprare una casa nuova, la seconda per riuscire a riappropriarsi del figlio sottrattole dalla suocera.
Il destino le mette sullo stesso fiume (ghiacciato) che attraversano avanti e indietro trasportando clandestini da uno stato all’altro.
Courtney Hunt, al suo primo lungometraggio, racconta un’America lontana anni luci dai lustrini di Hollywood dandole una dimensione più umana, e, paradossalmente più calda, pur ambientando il film nel gelido inverno dello Stato di New York. Non è solo la neve che ricopre ogni cosa ad intorpidire i sensi e i sentimenti, ma anche il cielo: quasi mai sereno, sempre biancastro, marmoreo.
Questa cappa pesa sulle vite di tutti: Ray e Lila, i rispettivi mariti “invisibili”, il trafficante russo seduto nel night vuoto e il poliziotto che staziona sempre nello stesso punto. A queste persone manca la vita, per motivi diversi, ovvio, ma tutte sono spente come il mondo che le circonda.
L’incontro fra due anime segnate è come una scintilla nel buio.
Nella sequenza più bella del film, Ray e Lila raccolgono il bimbo dei clandestini pakistani nella neve. Sembra morto per il freddo. Nel tragitto di strada che le separa dal motel, Lila lo stringe a sé e arrivati a destinazione il neonato, come per miracolo si muove. La giovane Mohawk ha trasmesso il calore al piccolo come una scossa, un’energia scaturita dall’incontro con Ray. E notare di come l’inquadratura successiva sia l’unica dell’intero film con una luce calda.
Un paragone che mi è venuto in mente guardando Frozen River è Monster (2003) con Charlize Theron nel ruolo della prostituta Aileen Wuornos. In entrambe le due donne protagoniste c’è la disperata ricerca di un miglioramento: economico, sociale, relazionale. Ma l’ambiente degradato le ha logorate così tanto da svuotarle. E così, se per Aileen non vedevo alcun futuro pur sperandoci un pochino, con Ray è accaduta la stessa cosa che puntualmente si è avverata, anche se in Frozen River il finale è un po’ meno amaro.
Melissa Leo, un’attrice che ha un curriculum lunghissimo ma che non è mai salita alle luci della ribalta, interpreta con grande naturalezza il ruolo della madre consumata, sembra quasi che non abbia bisogno di recitare. La spontaneità dello sguardo scoraggiato è lo specchio reale della sua vita e del mondo che le sta attorno.
Banalmente: un bel film.
Il destino le mette sullo stesso fiume (ghiacciato) che attraversano avanti e indietro trasportando clandestini da uno stato all’altro.
Courtney Hunt, al suo primo lungometraggio, racconta un’America lontana anni luci dai lustrini di Hollywood dandole una dimensione più umana, e, paradossalmente più calda, pur ambientando il film nel gelido inverno dello Stato di New York. Non è solo la neve che ricopre ogni cosa ad intorpidire i sensi e i sentimenti, ma anche il cielo: quasi mai sereno, sempre biancastro, marmoreo.
Questa cappa pesa sulle vite di tutti: Ray e Lila, i rispettivi mariti “invisibili”, il trafficante russo seduto nel night vuoto e il poliziotto che staziona sempre nello stesso punto. A queste persone manca la vita, per motivi diversi, ovvio, ma tutte sono spente come il mondo che le circonda.
L’incontro fra due anime segnate è come una scintilla nel buio.
Nella sequenza più bella del film, Ray e Lila raccolgono il bimbo dei clandestini pakistani nella neve. Sembra morto per il freddo. Nel tragitto di strada che le separa dal motel, Lila lo stringe a sé e arrivati a destinazione il neonato, come per miracolo si muove. La giovane Mohawk ha trasmesso il calore al piccolo come una scossa, un’energia scaturita dall’incontro con Ray. E notare di come l’inquadratura successiva sia l’unica dell’intero film con una luce calda.
Un paragone che mi è venuto in mente guardando Frozen River è Monster (2003) con Charlize Theron nel ruolo della prostituta Aileen Wuornos. In entrambe le due donne protagoniste c’è la disperata ricerca di un miglioramento: economico, sociale, relazionale. Ma l’ambiente degradato le ha logorate così tanto da svuotarle. E così, se per Aileen non vedevo alcun futuro pur sperandoci un pochino, con Ray è accaduta la stessa cosa che puntualmente si è avverata, anche se in Frozen River il finale è un po’ meno amaro.
Melissa Leo, un’attrice che ha un curriculum lunghissimo ma che non è mai salita alle luci della ribalta, interpreta con grande naturalezza il ruolo della madre consumata, sembra quasi che non abbia bisogno di recitare. La spontaneità dello sguardo scoraggiato è lo specchio reale della sua vita e del mondo che le sta attorno.
Banalmente: un bel film.
questo blog è uno spettacolo!! dico davvero!!! l'ho gia aggiunto tra i preferiti e da ogi hai un nuovo lettore
RispondiEliminaciao
daniele
Grazie!
RispondiEliminac'ha ragione daniele!
RispondiEliminaintanto anche questo film mi manca, ma mi interessa parecchio perchè Melissa Leo fu candidata agli oscar, ed è l'unica tra le performance in nomination che non ho visto... fecero vincere la Winslet.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminami è piaciuto molto, però a mio parere la scena più bella e più importante è il momento in cui Ray torna da Lila, momento di grande commozione, unico momento veramente umano del film, dove quell'incessante egoismo che macchiava l'animo della protagonista, dettato dall'istinto di sopravvivenza si scioglie come il ghiaccio di fronte a un valore più grande, che prende il sopravvento: quello dell'amicizia.
RispondiEliminaAdesso non ricordo con precisione questa scena ma mi hai convinto :p. Io vado in vacanza, ti saluto!
RispondiEliminano la DEVI ricordare per forza, non puoi lasciarmi con questa incompiuta condivisione emotiva..
RispondiEliminascherzo :p, buone vacanze! Le mie sono finite, ho poco più di un mese per studiare otto libri, tra cui quattro che mi spaventano, sono un pò troppo grassocci. E ho già gli incubi di non riuscire a fare in tempo.
Tu bada a non abbandonare troppo il Cinema, si offende, bye