lunedì 29 agosto 2011

Japón

Forza della contraddizione: film languido, eppure potentissimo, film sussurrato, eppure rimbombante, film sgraziato, eppure bellissimo.
Si potrebbe andare avanti all’infinito nel descrivere il fulminante esordio di Carlos Reygadas, ma Japón (2002) è un film che deve necessariamente essere visto, deve subire l’atto biunivoco del vedere, dell’osservare, dell’ammirare, fino a che, come capita quando ci si trova di fronte alle grandi opere d’arte, si ha la sensazione che l’oggetto guardato stia in realtà guardando te, dentro.

Il nocciolo della questione è: Reygadas ha un fottutissimo talento perché al di là del citazionismo rimarcato in ogni recensione, il suo sguardo è, sul serio, una delle cose più emozionanti a cui mi sia capitato di assistere negli ultimi anni.
Esempi: una lucina che si muove su una pozza nera, è il campo lungo notturno di un camioncino che discende la strada del monte; la dissolvenza in bianco dopo che l’uomo si punta la pistola alla testa, è la mdp che placida ha puntato l’obiettivo verso l’alto, verso le nuvole, per poi diabolicamente alzarsi da terra inquadrando il cadavere dell’animale e il protagonista distesovi accanto che diventa sempre più piccolo, più minuscolo: la morte è una cosa troppo grande; l’intransigente sontuosità del piano sequenza finale dove l’immagine vaga tremebonda sulle rotaie del treno, è – voglio che sia così – l’angosciata soggettiva dello zoppo che in un crescendo di musica (plausibilmente quella che ascolta con il walk-man) arriva fino al capolinea della vita, un altro cadavere sulla sua strada.*
Il regista si burla dell’occhio dello spettatore, lo circuisce, falsifica la sua percezione e quindi lo sorprende.

La location, un Messico arroccato sulle aride montagne, aiuta l’autore ad esercitare fascinazione ipnotica nei confronti di chi guarda, ma è la capacità di Reygadas nel cogliere angolazioni originali che implementa la magnificenza dell’ambiente. L’uso continuo di panoramiche (ce ne sarà una notevole nel successivo Battaglia nel cielo, 2005) tramuta il movimento in un fine svelamento, graduale scoprimento visivo che ha valenza, attesa, respiro.

Se il comparto estetico sprigiona una tale imponenza, anche la materia base su cui si fonda Japón, il racconto, ha una profondità propria, ed è ficcante non tanto per gli aspetti in superficie, quanto per le traiettorie interne che portano a galla pensieri reconditi.
Il tragitto del protagonista che mette in chiaro le cose da subito (“vado ad uccidermi”) si rivela una ri-scoperta intima, una riattivazione dell’anima che trova nella già citata scena con l’animale morto la sua sintesi: non riuscendo ad uccidersi il protagonista non può che darsi alla vita.
Ma non ci sono derive sentimentalistiche o di ovvia lettura, Reygadas mostra tutta la decadenza fisica della vecchiaia, la bruttura del tempo, ed in questo, però, cava una sincerità, una specie di tenerezza che ha nell’amplesso con Ascen un’indimenticabile cifra disillusoria corredata dal pianto catartico dell’uomo e dalla materna rassegnazione della donna.
Quest’ultima si pone come ultimo baluardo della caritas, arrendevole e tenace donnino che aiuta tutti quando nessuno aiuta lei. Un ritratto rugoso di assoluta autenticità.

Costellato da personaggi secondari in bilico tra realtà e magia, il giudice che decanta le qualità del pueblo, il cantante dalla voce stridula, lo storpio che mangia con i piedi, il film è una vera lezione di cinema che va vissuta oltre la ricercata forma (an)estetizzante.
Guardate Japón fino a che non sarà lui a guardare voi.

*
Vale assolutamente la pena soffermarsi un attimo sulla scena conclusiva.
Anticipata dalla ripresa di un campo verdeggiante sul quale strisciano minacciose le ombre delle nuvole, ecco che lo sguardo del regista messicano inizia a percorrere il tratto della ferrovia smarrito magnificamente nella profondità dell’orizzonte. Al lato sinistro dei binari vediamo dei pali ferroviari che non si fa fatica ad intendere come delle altissime croci, in più l’atmosfera funerea è incrementata dalla musica di Arvo Pärt contenente tetri rintocchi mortuari e dalle giravolte compiute dalla macchina da presa che preoccupata scruta il disastro circostante.
Non solo, una volta presa coscienza di ciò che è successo, l’obiettivo si fa radente al suolo come il muso dei cani quando fiutano qualcosa, e accelera in una scala sinfonica fino al palesarsi di quella figura umana tra le rotaie che suggella una sequenza gigantesca, enorme, smisurata, epocale: una sequenza che è un capolavoro come il film stesso.

26 commenti:

  1. ce l'ho segnato da un sacco di tempo.
    ho letto qua e là, sono bastate poche frasi per convincermi.
    Battaglia nel Cielo l'ho trovato bello ma non mi ha fatto impazzire,ma se questo è fra i capolavori, be'... :)

    RispondiElimina
  2. Japón è la mia visione dell'anno.
    Sarò più integralista di un talebano: chi non apprezza un film così non capisce il cinema.
    E per la cronaca a me Battaglia nel cielo non era piaciuto per niente, ma Reygadas sa quello che fa, Stelle Licht docet.

    RispondiElimina
  3. già messo in dl, non vedo l'ora.
    Battaglia nel cielo non è così male, secondo me, mentre Stelle Licht non mi ha attirato per niente, e non me lo sono proprio filato, comunque Reygadas sembra uno che sa il fatto suo.

    a proposito di cinema messicano mi viene in mente un film che ho visto poco tempo fa e che ho trovato stupendo- e del quale prima o poi scriverò, cioé: Alamar. non ti dico niente, la trama è semplice, i dialoghi giusti, la natura preponderante. secondo me, un Capolavoro.

    RispondiElimina
  4. Stellet Licht è un film difficile da commentare, visivamente è superbo eppure non mi ha lasciato segni significativi. Comunque da rivedere il finale, quasi da non crederci.

    Ho visto la locandina di Alamar e mi sembra di averlo trovato sulla mia strada tempo fa ma di averlo scartato. Lo guarderò perché me lo consigli e perché sono un po' a corto di rarità ultimamente. :)
    Pare che in Messico facciano sul serio, io ne ho visto un altro qualche mese addietro denominato Ano Bisesto che non è male, e quindi mi chiedo: ma è possibil che in Italia non riusciamo a fare film così? Solo Le quattro volte, il resto nebbia.

    RispondiElimina
  5. Alamar ti sorprenderà, vedrai.
    bisogna farsi cullare dalle onde,
    se te lo dice anche uno che non sa nuotare come me...

    RispondiElimina
  6. di Ano Bisiesto ne avevo letto una recensione non proprio entusiastico e l'avevo lasciato perdere. ma, rileggendo ora la trama, non mi sembra tanto male; lo segno, magari diventa il mio preferito :)

    completamente d'accordo: non sembra che gli italiani siano tanto portati ai film riflessivi, pacati: alle grandi opere. forse è per via della nostra storia, non saprei, fatto sta che è come dici te: tranne l'avanguardista Frammartino- che è veramente l'unico esempio- non mi viene in mente nessun altro.

    RispondiElimina
  7. Ano bisesto è un film piccolo piccolo, tutto ambientato in una stanza, però ha qualche spunto interessante. Ne parlerò.

    Bisognerebbe addentrarsi bene nella storia del cinema per capire tutto ciò. In fondo Reygadas, come ho letto da qualche parte, per Japón si è rifatto ai grandi autori nordici del passato tipo Tarkovskij, Dreyer e altri che non ricordo, per dire: non si è inventato niente. Però se prendiamo gli utlimi grandi film italiani del decennio e anche più indietro non me ne viene in mente UNO che attinga alle fonti sopraccitate. Peccato.

    Mi hai convinto Isamele, me lo sono appuntato nella mia magica lista :)

    RispondiElimina
  8. finalmente visto.
    solo una parola: Capolavoro.
    il finale è da brividi, sono rimasto senza parole.

    RispondiElimina
  9. Sono contento che entri a far parte della parrocchia-Japón, è decisamente una delle mie preferite, e quelli che non la conoscono non sanno che si perdono.
    La scena finale me la sono rivista... boh, 6 o 7 volte su youtube e ogni volta m'è venuta la pelle d'oca. E la cosa fantastica è che solo a riparlarne mi viene di nuovo.

    Visto che se ne diceva poco sopra, proprio oggi ho visto Alamar, direi che nonostante qualcosina che non mi ha fatto impazzire l'ho trovato molto caruccio.

    RispondiElimina
  10. verissimo.
    a ripensarci Battaglia in cielo sembra girato da un'altra persona. Japòn è uno dei film migliori che abbia mai visto in assoluto, non so se per la (scarnissima) storia o per i paesaggi stupendi o per un milione di altri piccoli dettagli.

    Alamar è un film piccolo piccolo.
    l'ho amato per l'immediatezza del rapporto uomo-natura e padre-figlio. ovviamente sono contento ti sia piaciuto :)

    RispondiElimina
  11. Non solo Battaglia nel cielo, ma anche Silent Light nonostante il superbo estetismo resta molti passi indietro a Japón, e ciò non fa che avvalorare il valore di quest'ultimo, d'altronde è straordinario il fatto che questa sia un'opera prima, penso si tratti di uno degli esordi più fulminanti nella storia del cinema.
    E fa specie di come Japón sia stato snobbato, poche recensioni in rete, gli Spietati danno solo un 7.5, la media voti su IMDb è di 6.8.
    Mah! Probabilmente uno dei film (se non IL) più sottovalutati del decennio.

    RispondiElimina
  12. Ho visto il film e mi è piaciuto. Non ne sono rimasta sconvolta, però.
    Reygadas riesce perfettamente a farti vivere il senso di solitaria peregrinazione nel profondo Messico, i segni di morte (e inevitabilmente, di vita) che l'uomo incontra nel suo viaggio.
    E' un'opera prima e ci sono alcune debolezze, nella prima scena (decapitazione del volatile, testa che si muove e successivo spennamento) l'uomo fa la prima esperienza con la morte e allo stesso tempo con la natura più selvatica, ma forse il regista forza un po' la mano, era sufficiente evocare senza mostrare.
    Ho apprezzato la volontà e capacità di farti entrare nel quadro del film senza troppi inganni, con una regia che si lascia soverchiare da ciò che vede intorno, ma allo stesso modo indaga e scoperchia.
    Non un film epocale, almeno non per me. Ma con una sua grandezza fatta di occhi che compaiono dal buio e diventano lacrime
    o come quella scena centrale e significativa in cui lui si stende al fianco dell'animale morto.
    Il finale esplode in quell'abbraccio ancor prima che sulla ferrovia, la corsa sulle rotaie e la donna avvolta in quella camicia, lei ha preso il suo posto, ha ceduto la sua vita.

    ps. ho letto la tua recensione di Battaglia nel cielo, mi ha fatto sorridere e non guarderò il film, stroncato un po' ovunque tra l'altro!
    Ciao!
    Elisa

    RispondiElimina
  13. Grazie Elisa per aver mantenuto la parola, e per il bel commento :)
    Ti rispondo qua e là: sono iscritto al partito del suggerimento piuttosto che a quello dell'urlo, sono da sempre convinto che nell'arte sia meglio far intendere che esibire perché ciò aumenta la partecipazione spettoriale. Però il fotogramma dell'uccelletto non mi ha infastidito, forse perché dopo c'è così tanta carne al fuoco che un' inezia del genere è passata in secondo piano, non lo so, stai sicura che se mi avesse fatto aggrottare le sopracciglia lo avrei riportato; aldilà dell'argomento cinema, quando sullo schermo si uccidono degli animali mi si stringe il cuore.
    Sull'epocale mi sono lasciato un po' prendere dall'emozione del finale (quello sì che lo ritengo epocale :D) perché in effetti fino all'ultima sequenza non mi sarei sognato di dirlo, è altrettanto vero però che negli ultimi 10 anni di film così non se ne sono visti molti, quindi è pur sempre manna dal cielo.

    p.s.: tieni conto che Battaglia nel cielo l'ho visto prima di Japón, ma comunque si tratta di due opere slegate, solo che in Battaglia c'è una sottile tendenza a ricorrere a quello che ti (e mi) dà fastidio: si mostra, parecchio, anche un pompino.

    RispondiElimina
  14. Non mi ha infastidito la scena, ho pensato solo che non ce fosse bisogno, era già forte di per sè la scelta del bambino che raccoglie l'animale ferito e glielo porta.. mi è sembrata volontà di impressionare la sua, mi è dispiaciuto per questo!

    A proposito di shock, hai visto Dumplings? di Fruit Chan? ecco quello mi ha turbata, l'unico episodio che ho visto dei tre di Extremes.
    (ecco come passare di palo in frasca, dal messico alla cina..almeno fosse stato giappone!) :)

    RispondiElimina
  15. E saltiamo alla grande di palo in frasca!
    Dunque, aldilà del fatto che la distribuzione italiana ha fatto un casino con i nomi (ci sono state due serie di Three Extremes e in pratica hanno invertito i nomi o una cosa del genere), quello che mi citi tu, di cui se non sbaglio è stata fatta anche una versione extended, l'ho visto ma una marea di tempo fa. Ho guardato qualche immagine sul web e ha risvegliato ricordi piacevoli, però non saprei dirti di più. Invece del film collettivo precedente ho buone rimembranze di Going Home.

    RispondiElimina
  16. Reygadas è sgrammaticato e impreciso (messe a fuoco alterate, oscillazioni, tremolii) per costruire armonia. Nel suo sguardo c'è un'intensità che è difficile trovare in altri autori contemporanei, come affermi tu Eraserhead!
    Japon è un film straordinario, che posa uno sguardo pietoso nei confronti dell'umanità, uno sguardo difficile da esprimere a parole, qualcosa che ha che fare con l'invisibile ai nostri occhi. L'uomo che vaga nel film, non è altro che in ricerca di "risposte" a delle domande, suo malgrado. Risposte al senso della vita, alla ricerca di una serenità che sottolinea spesso, e che cercherà in vano... anche tra quelle montagne la natura umana è feroce e non placherà neanche la sua: non esiterà a chiedere ad Ascent di sfogare il suo istinto sessuale. Ascent è la Grazia, che dona con l'umiliazione, subendo tutti i peccati degli altri. La sua figura è estremamente misteriosa ma nel finale rivela tutta la sua forza epifanica.

    RispondiElimina
  17. Bravo J., questo è un film che va obbligatoriamente visto e di cui condivido quanto ne hai scritto. Domani dovrebbe uscire Post Tenebras Lux, speriamo di poterci mettere le mani sopra.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. io tanto recupero il resto della sua filmografia!

      Japón: la sua visione andrebbe davvero obbligata a ogni essere umano che vive nel pianeta terra e non. Ho ancora i brividi per quel pianosequenza finale. E' la sequenza di morte più bella della storia del cinema. Quasi da sconcertare la maestria innata di Reygadas.

      Elimina
  18. Battaglia nel cielo (che fu il mio primo Reygadas) non mi andò particolarmente giù. Magari andrebbe rivisto alla luce di Japón però sappi prima che è un film dal respiro meno epocale, e di molto.
    Stellet Licht merita, e non poco, qui ci ho scritto in modo non degno, tu guardalo.

    Quel pianosequenza è IL pianosequenza. Stare a parlarne mi fa sentire sporco, inadeguato, pigio play sul tubo e me lo rivedo. Tremando.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Battaglia nel cielo, lo evito, lo stroncate tutti! ahah

      Si hai ragione, non ha senso parlare di tale sconvolgente bellezza. Basta, eccolo: http://www.youtube.com/watch?v=r0JdXp6oNQ4

      Elimina
  19. Ieri ho visto Post Tenebras Lux...ora attendo il tuo di post :)

    RispondiElimina
  20. L'ho visto anche io. Bellissimo. Sono uscito dalla sala che ero in preda a fremiti di gioia. Ci ho scritto le solite carenti righe di fronte ad un'opera di tal fatta, dammi il tempo di rileggere e correggere le castronerie più evidenti e lo pubblico :)

    RispondiElimina
  21. questo film mi ha letteralmente cambiato la vita, il modo di pensare , la mia spiritualita'.

    Non finiro' mai di ringraziarti x avermelo fatto scoprire *_*

    [Dries]

    RispondiElimina