0-6
Da un inizio che rimanda a Cane di paglia (1971) in cui vediamo Sébastien, giovane dal viso pulito, alle prese con la riparazione del tetto di una coppia, in cui però è assente quell’ambiguità perturbante del film di Peckinpah, si passa al massiccio preambolo che delinea più che una struttura, un’atmosfera da noir-non-noir partorita dalla mente di Simenon, e, giust’appunto è notevole la vicinanza estetica per la preponderanza del bianco sul nero a L’uomo di Londra (2007).
Passando attraverso il nostro setaccio razionale questa lunga introduzione ciò che filtra è che, come nel caso di The Aura (2005), l’estraneità totale da parte di un povero ragazzetto dalla famiglia neorealista nei confronti di un giro così losco ed impenetrabile (la polizia che brancola nel buio) rende difficoltosa l’accettazione che con un semplice biglietto del treno quasi trovato per caso, Sébastien sia capace di farsi risucchiare dal gioco. È un’obiezione puramente logica che non inficia il crescendo di tensione corroborato da una drammaticità solenne che spalanca le porte al corpo centrale della pellicola.
6-12
La scena madre, composta da aritmetiche sottoparti e ambientata in un affollato salone, tende spasmodicamente il filo della tensione per tutta la sua durata. Michael Cimino è un modello atavico che una volta svelate le carte si palesa distruttivamente, vieppiù che in questo frangente la pellicola di Babluani gioca sapientemente sulla ripetizione visiva (la lampadina, la mdp ruotante) che si affianca a quella del cerimoniale (il giudice che detta le regole, sempre le stesse), dando così un quadro pressoché rigoroso, geometrico e lineare di una vicenda che invece schizza pura follia.
Come sempre, è il denaro lo strato su cui si edificano le azioni degli uomini. I vari scommettitori di questo teatrino dell’orrore ne mettono a disposizioni ingenti quantità per il loro macabro divertimento, e i “cavalli” su cui puntano mettono in gioco la propria vita dove ben che vada la tolgono agli altri e mal che vada viene tolta a loro.
La tesi del regista potrebbe sembrare a priori una banale lezioncina già sentita, ma la declinazione data è di spropositata ferocia. Basta prendere in esame il finale che mantiene un aspetto oltremodo raffinato in equilibrio fra b/n artistico e bassezze inumane.
+1
La prova schiacciante, sulla quale è ragionevole storcere un po’ il naso, del fatto che 13 Tzameti sia assurta a pellicola di culto, lo dimostra il fatto che Géla Babluani, georgiano trapiantato in terra francese, in seguito al successo di questo suo esordio (vari premi a Venezia e al Sundance) ha girato nel 2010 un remake americano sulla scorta di Haneke chiamato semplicemente 13 con Mickey Rourke, 50 Cent e Sam Riley.
Da un inizio che rimanda a Cane di paglia (1971) in cui vediamo Sébastien, giovane dal viso pulito, alle prese con la riparazione del tetto di una coppia, in cui però è assente quell’ambiguità perturbante del film di Peckinpah, si passa al massiccio preambolo che delinea più che una struttura, un’atmosfera da noir-non-noir partorita dalla mente di Simenon, e, giust’appunto è notevole la vicinanza estetica per la preponderanza del bianco sul nero a L’uomo di Londra (2007).
Passando attraverso il nostro setaccio razionale questa lunga introduzione ciò che filtra è che, come nel caso di The Aura (2005), l’estraneità totale da parte di un povero ragazzetto dalla famiglia neorealista nei confronti di un giro così losco ed impenetrabile (la polizia che brancola nel buio) rende difficoltosa l’accettazione che con un semplice biglietto del treno quasi trovato per caso, Sébastien sia capace di farsi risucchiare dal gioco. È un’obiezione puramente logica che non inficia il crescendo di tensione corroborato da una drammaticità solenne che spalanca le porte al corpo centrale della pellicola.
6-12
La scena madre, composta da aritmetiche sottoparti e ambientata in un affollato salone, tende spasmodicamente il filo della tensione per tutta la sua durata. Michael Cimino è un modello atavico che una volta svelate le carte si palesa distruttivamente, vieppiù che in questo frangente la pellicola di Babluani gioca sapientemente sulla ripetizione visiva (la lampadina, la mdp ruotante) che si affianca a quella del cerimoniale (il giudice che detta le regole, sempre le stesse), dando così un quadro pressoché rigoroso, geometrico e lineare di una vicenda che invece schizza pura follia.
Come sempre, è il denaro lo strato su cui si edificano le azioni degli uomini. I vari scommettitori di questo teatrino dell’orrore ne mettono a disposizioni ingenti quantità per il loro macabro divertimento, e i “cavalli” su cui puntano mettono in gioco la propria vita dove ben che vada la tolgono agli altri e mal che vada viene tolta a loro.
La tesi del regista potrebbe sembrare a priori una banale lezioncina già sentita, ma la declinazione data è di spropositata ferocia. Basta prendere in esame il finale che mantiene un aspetto oltremodo raffinato in equilibrio fra b/n artistico e bassezze inumane.
+1
La prova schiacciante, sulla quale è ragionevole storcere un po’ il naso, del fatto che 13 Tzameti sia assurta a pellicola di culto, lo dimostra il fatto che Géla Babluani, georgiano trapiantato in terra francese, in seguito al successo di questo suo esordio (vari premi a Venezia e al Sundance) ha girato nel 2010 un remake americano sulla scorta di Haneke chiamato semplicemente 13 con Mickey Rourke, 50 Cent e Sam Riley.
a me basta l'originale!
RispondiElimina"è il denaro lo strato su cui si edificano le azioni degli uomini" era solo per il film o anche per il remake?
bella la sequenza matematica dei paragrafi! :)
RispondiEliminaè piaciuto molto anche a me.
del remake nulla sapevo, minkia. dubito lo talierò...
gran film!! neanch'io sapevo del remake e la cosa non mi convince!
RispondiEliminaGran film e grande esordio davvero.
RispondiEliminaE hai reso benissimo la parte "matematica" della storia.
penso lo guarderò..ciao amico
RispondiEliminaNon ho capito la domanda Ismaele :)
RispondiEliminaIo non guarderò (a breve) il remake perché se è come pare un shot-by-shot di vedere 2 film identici nel giro di poco tempo non mi sconquiffera troppo.
filmone. l'incipit (neo-noirismo?) mi aveva catturato immediatamente, le scene della roulette vera e propria sono spettacolari.
RispondiEliminasenza dubbio, è già un cult.
i soldi motore delle azioni umane vale solo per i personaggi del film, o anche per Gela Babluani che rifa il film in Usa?, era questa la domandina cattiva.
RispondiEliminasegnalo un bel film del padre di Gela, per i curiosi
(http://markx.splinder.com/post/24884773/udzinarta-mze-temur-babluani)
ciao
Eh sì Einzi, lo si capisce già da qui, 6 persone compreso me che hanno visto il film di un regista georgiano. Strano, no? ;)
RispondiEliminaAh ah Ismaele domanda più che legittima, davvero! Il film che segnali lo avevo già addocchiato sul tuo blog ma grazie per la segnalazione.
A me interesserebbe molto L'héritage, opera successiva a questa, per vedere se Babluani è riuscito nell'impresa più difficile, quella di ripetersi, ma per ora non riesco a trovarlo...
ho cercato e l'ho trovato, L'heritage, in francese (ho trovato anche i sottotitoli in inglese,ma non vogliono apparire, dispettosi!)
RispondiEliminaL'hai trovato nel senso che è già sul tuo desktop o hai trovato il file ma è ancora tutto da sca----re? No perché di file in rete ce ne sono ma non mi fungono a me :((
RispondiEliminaqui il film (è dual language, russo e francese)
RispondiEliminahttp://www.kinozala.net/news/nasledstvo_l_heritage_legacy_2006_dvdrip/2010-12-27-40006
qui i sottotitoli in inglese
http://www.allsubs.org//search-subtitle/l%27heritage/20
sono giusti, ma non riescono ad apparire nel film:(
ciao
Oooh grazie, ora vedo un po' cosa riesco a fare io e ti faccio sapere!
RispondiEliminaavevo provato a metterlo su megaupload, ma si interrompeva, e allora ti ho mandato i link.
RispondiEliminameglio provaci tu.
ciao