Come un angelo una ragazza precipita con la moto sulla spiaggia. Sotto il chiaro di luna Jota si precipita a soccorrerla, e assodata l’amnesia di lei, decide di chiamarla Lisa e di farne la sua fidanzata.
Scrivere sul cinema di Julio Medem comporta il rischio pressoché ineludibile della ripetizione, questo perché tutti i suoi film sono, appunto, caratterizzati da un continuo ri-percorrimento che in linea di massima si assomiglia concretamente di opera in opera.
Per La ardilla roja (1993), secondo lungometraggio della carriera, il regista spagnolo recluta nuovamente i due attori di Vacas (1992) e un altro che reciterà successivamente in Tierra (1996). La presenza di questi 3 personaggi ha già di per sé una forte carica epifanica perché le loro i(n)terazioni, i loro appellativi e le situazioni in cui sono coinvolti, ricordano prepotentemente i film sopraccitati. E unita a questa considerazione interfilmica che avvalora lo stile medemiano, all’interno della pellicola stessa si può facilmente rintracciare l’ossessione principe dell’autore, ossia la doppia personalità.
Pur riducendo molto l’atmosfera irr/surreale, per l’ennesima volta dobbiamo fare i conti con la duplice presenza all’interno di una singola persona: Lisa che allo stesso tempo è Sofia e che contemporaneamente è l’ex fidanzata di Jota, il quale a sua volta è il dirimpettaio di Felix. A questo “gioco delle coppie” se ne aggiungono altre collaterali: il benzinaio e il dottore, le due cameriere lesbiche, il tedesco e la spagnola, il tassista e la casalinga, i fratellini che giocano a fare i genitori.
In sostanza tutto è rivolto alla figura numerica del 2, ogni cosa è raddoppiata poiché come sottolineato da Felix, da solo senza Sofia è come se non esistesse, è come se non avesse sangue nelle vene.
Purtroppo è opinione abbastanza convinta di chi scrive che Medem a lungo andare sia un regista stancante. Le idee sono sempre molteplici, ma, è il caso di dirlo, sono anche sempre le stesse.
Esagerata la media di 7.4 su IMDb, evidentemente i votanti non hanno visto i lavori successivi.
Scrivere sul cinema di Julio Medem comporta il rischio pressoché ineludibile della ripetizione, questo perché tutti i suoi film sono, appunto, caratterizzati da un continuo ri-percorrimento che in linea di massima si assomiglia concretamente di opera in opera.
Per La ardilla roja (1993), secondo lungometraggio della carriera, il regista spagnolo recluta nuovamente i due attori di Vacas (1992) e un altro che reciterà successivamente in Tierra (1996). La presenza di questi 3 personaggi ha già di per sé una forte carica epifanica perché le loro i(n)terazioni, i loro appellativi e le situazioni in cui sono coinvolti, ricordano prepotentemente i film sopraccitati. E unita a questa considerazione interfilmica che avvalora lo stile medemiano, all’interno della pellicola stessa si può facilmente rintracciare l’ossessione principe dell’autore, ossia la doppia personalità.
Pur riducendo molto l’atmosfera irr/surreale, per l’ennesima volta dobbiamo fare i conti con la duplice presenza all’interno di una singola persona: Lisa che allo stesso tempo è Sofia e che contemporaneamente è l’ex fidanzata di Jota, il quale a sua volta è il dirimpettaio di Felix. A questo “gioco delle coppie” se ne aggiungono altre collaterali: il benzinaio e il dottore, le due cameriere lesbiche, il tedesco e la spagnola, il tassista e la casalinga, i fratellini che giocano a fare i genitori.
In sostanza tutto è rivolto alla figura numerica del 2, ogni cosa è raddoppiata poiché come sottolineato da Felix, da solo senza Sofia è come se non esistesse, è come se non avesse sangue nelle vene.
Purtroppo è opinione abbastanza convinta di chi scrive che Medem a lungo andare sia un regista stancante. Le idee sono sempre molteplici, ma, è il caso di dirlo, sono anche sempre le stesse.
Esagerata la media di 7.4 su IMDb, evidentemente i votanti non hanno visto i lavori successivi.
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