Corvo. L’isola di
Corvo. Nel mezzo dell’oceano Atlantico. Azzorre. Un’isola di
sette km per quattro. Abitata nell’estremità meridionale da
un solo villaggio. Quattrocentoquaranta abitanti. Il
cratere di un vulcano, il Caldeirão. Una strada. Un
municipio. Un aeroporto. Una pista di atterraggio lunga ottocento
metri. Un aereo tre volte a settimana. Un centro di salute. Una
caserma di pompieri. La Sacra Casa di Misericordia, un asilo, una
scuola. Un porto. Una chiesa. Un ristorante. Due bar. Tre… Stiamo
andando a filmare tutto quello che possiamo. Cercheremo di essere
ovunque nello stesso momento e di non perderci niente. Cercheremo di
incontrare chiunque. Di filmare ogni faccia. Ogni casa. Ogni strada.
Ogni posto di lavoro. E ogni angolo dell’isola. Ogni albero, ogni
campo. Ogni mucca. Ogni maiale. Ogni roccia, ogni uccello. Ogni
musica, ogni notte. Dall’isola di Corvo, è anche possibile
vedere la Luna. Corvo è sulla Terra, non sulla Luna.
Memoir, diario di
viaggio (e di esplorazione), ricerca etno-antropologica, documentario
estatico, film sommes(/r)so e ramingo: si potrebbe andare avanti
ancora e ancora per É na Terra não é na Lua
(2011), opera che ha dell’herzoghiano nel suo essere così
tenace, perché ciò che ha compiuto Gonçalo
Tocha insieme al fonico Dídio Pestana è una vera
e propria impresa sotto tutti i passaggi produttivi: recarsi nel 2007
nell’avamposto più estremo dell’Europa, l’isola di
Corvo, la più piccola delle isole Azzorre, con una videocamera
e un microfono, stabilirsi lì per quasi due anni e, aspetto
più difficile, conquistarsi la fiducia degli abitanti, e
quindi intrufolarsi nella loro vita, nelle loro usanze, nei loro
riti, nelle loro paure e nei loro pensieri, e infine andarsene, e
montare, impacchettare, distribuire il film fatto e finito senza il
minimo appoggio di case cinematografiche.
Tocha, soltanto all’opera
seconda, erige un monumento geo-storico che probabilmente non ha
precedenti, una commistione tra Uomo e Natura spalmata su centottanta
minuti (scrematura di centottanta ore di girato) che non solo apre il
sipario su una realtà sconosciuta ai più, ma che
registrando diventa archivio. È qui il cuore palpitante di É
na Terra não é na Lua, ci sono molti documentari
che si occupano di ripercorrere la Storia, di fare luce sul passato,
questo, al contrario, la Storia la fa; non un lavoro di
ricostruzione, bensì di costruzione, perché Corvo era
un luogo che non aveva memoria (parecchi documenti finirono bruciati
in un incendio) e Tocha, raccogliendo storie di balene e di
preghiere, di anziane tessitrici e pescatori, di politici ed
allevatori, e imbrigliando con il suo occhio i prati smeraldo, il
vento, la pioggia battente, le cascate a picco nel mare, il mare
impetuoso, ne edifica una nuova, una Memoria collettiva che dialoga
con l’ieri (bellissimi, dopo quasi tre ore di proiezione, i filmati
di trenta quarant’anni prima) consapevole dell’oggi.
Sembra molto interessante. Si trova in giro?
RispondiEliminaL'ho visto due anni fa, se c'era al tempo penso che ci sia anche oggi. Lo ricordo come un film bellissimo. Delle cose che avevo ancora da pubblicare c'erano due film veramente degni del nostro sguardo, uno è proprio questo, l'altro si chiama Poslednyaya skazka Rity, ne parlerò.
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