martedì 15 dicembre 2015

It's the Earth Not the Moon

Corvo. L’isola di Corvo. Nel mezzo dell’oceano Atlantico. Azzorre. Un’isola di sette km per quattro. Abitata nell’estremità meridionale da un solo villaggio. Quattrocentoquaranta abitanti. Il cratere di un vulcano, il Caldeirão. Una strada. Un municipio. Un aeroporto. Una pista di atterraggio lunga ottocento metri. Un aereo tre volte a settimana. Un centro di salute. Una caserma di pompieri. La Sacra Casa di Misericordia, un asilo, una scuola. Un porto. Una chiesa. Un ristorante. Due bar. Tre… Stiamo andando a filmare tutto quello che possiamo. Cercheremo di essere ovunque nello stesso momento e di non perderci niente. Cercheremo di incontrare chiunque. Di filmare ogni faccia. Ogni casa. Ogni strada. Ogni posto di lavoro. E ogni angolo dell’isola. Ogni albero, ogni campo. Ogni mucca. Ogni maiale. Ogni roccia, ogni uccello. Ogni musica, ogni notte. Dall’isola di Corvo, è anche possibile vedere la Luna. Corvo è sulla Terra, non sulla Luna.

Memoir, diario di viaggio (e di esplorazione), ricerca etno-antropologica, documentario estatico, film sommes(/r)so e ramingo: si potrebbe andare avanti ancora e ancora per É na Terra não é na Lua (2011), opera che ha dell’herzoghiano nel suo essere così tenace, perché ciò che ha compiuto Gonçalo Tocha insieme al fonico Dídio Pestana è una vera e propria impresa sotto tutti i passaggi produttivi: recarsi nel 2007 nell’avamposto più estremo dell’Europa, l’isola di Corvo, la più piccola delle isole Azzorre, con una videocamera e un microfono, stabilirsi lì per quasi due anni e, aspetto più difficile, conquistarsi la fiducia degli abitanti, e quindi intrufolarsi nella loro vita, nelle loro usanze, nei loro riti, nelle loro paure e nei loro pensieri, e infine andarsene, e montare, impacchettare, distribuire il film fatto e finito senza il minimo appoggio di case cinematografiche.

Tocha, soltanto all’opera seconda, erige un monumento geo-storico che probabilmente non ha precedenti, una commistione tra Uomo e Natura spalmata su centottanta minuti (scrematura di centottanta ore di girato) che non solo apre il sipario su una realtà sconosciuta ai più, ma che registrando diventa archivio. È qui il cuore palpitante di É na Terra não é na Lua, ci sono molti documentari che si occupano di ripercorrere la Storia, di fare luce sul passato, questo, al contrario, la Storia la fa; non un lavoro di ricostruzione, bensì di costruzione, perché Corvo era un luogo che non aveva memoria (parecchi documenti finirono bruciati in un incendio) e Tocha, raccogliendo storie di balene e di preghiere, di anziane tessitrici e pescatori, di politici ed allevatori, e imbrigliando con il suo occhio i prati smeraldo, il vento, la pioggia battente, le cascate a picco nel mare, il mare impetuoso, ne edifica una nuova, una Memoria collettiva che dialoga con l’ieri (bellissimi, dopo quasi tre ore di proiezione, i filmati di trenta quarant’anni prima) consapevole dell’oggi.

2 commenti:

  1. Sembra molto interessante. Si trova in giro?

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  2. L'ho visto due anni fa, se c'era al tempo penso che ci sia anche oggi. Lo ricordo come un film bellissimo. Delle cose che avevo ancora da pubblicare c'erano due film veramente degni del nostro sguardo, uno è proprio questo, l'altro si chiama Poslednyaya skazka Rity, ne parlerò.

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