Vedere Lampa cu
caciula (2007) è un po’ come vedere Megatron
(2008) perché anche in questo cortometraggio la Romania che ci
viene presentata porta ancora i lividi della Storia appena passata e
in un contesto che sarebbe povero di per sé (campagna
profonda, tanto fango, tanto grigiore) le conseguenze di una politica
che per più di vent’anni si è chiusa a riccio
sembrano, anche se le suddette e possibili cause non vengono
minimamente accennate (lo sottolineo), aggravare la situazione. Nel
Paese che Radu Jude, assistente di Puiu in The Death of Mister Lazarescu (2005), riprende con la sua mdp non c’è nulla
che vada per il verso giusto: in casa piove e il padre non capisce
come sia possibile, per portare il televisore a riparare bisogna
intraprendere un viaggio omerico verso la città, al tecnico
(improvvisato) mancano dei pezzi per aggiustare la tv, a ritorno
l’automobile che dovrebbe riportare a casa i Nostri ha bisogno di
una spintarella e per suggellare la giornata giunge un bel temporale
che fa cadere al papà l’elettrodomestico. Non c’entreranno
niente tali disavventure con i rimandi storici rumeni, però
c’è da chiedersi come mai una famiglia del nuovo millennio
possiede ancora una televisione giurassica, e se non si trovano le
risposte non resta che osservare la crescita delle nuove leve
obbligate a rapportarsi con una realtà che i propri genitori
non sono riusciti a cambiare in meglio.
E proprio dal piccolo
Marian emerge il risvolto più significante del film:
l’ostinazione che lo spinge ad intraprendere il difficile
itinerario verso la cittadina e quindi a costringere il padre
riluttante ad un micro tour de force, è ben più che un
semplice capriccio infantile. Già nel 2000 con Zapping
Cristian Mungiu aveva denunciato attraverso un apprezzabile registro
grottesco la forte dipendenza di un cittadino rumeno verso il tubo
catodico, finto recipiente utopico che nascondeva invece uno spietato
meccanismo oligarchico (ed ogni metaforica conclusione è
lasciata allo spettatore…), sette anni dopo la soggezione nei
confronti dello schermo casalingo pare non abbia mollato la presa, ce
lo dicono le persone fuori dall’abitazione del signor Bichescu che
appare come un oracolo in attesa di dare udienza, e ce lo dice,
appunto, Marian e il comportamento che tiene verso quella che è
soltanto una scatola piena di circuiti (le lacrime per la mancata
sistemazione da parte di Bichescu; la preoccupazione per l’incidente
sulla strada del ritorno), ma l’occhio di Jude non è un
occhio che condanna, è piuttosto un invito a prendere atto di
come nel 2007 in Romania (e oggi non si sa se ci siano stati
cambiamenti) l’unico modo per un bambino di evadere dalla
quotidianità, per aprirsi all’altro, per sognare, era
quello di guardare un film con Bruce Lee.
P.S.: la locandina che
vedete sopra non riguarda il corto sotto esame (sebbene il frame sia
tratto da esso) ma la raccolta di racconti scritti da Florin
Lazarescu contenente quello che poi ha ispirato Radu Jude.
Nessun commento:
Posta un commento