domenica 27 dicembre 2015

Lampa cu caciula

Vedere Lampa cu caciula (2007) è un po’ come vedere Megatron (2008) perché anche in questo cortometraggio la Romania che ci viene presentata porta ancora i lividi della Storia appena passata e in un contesto che sarebbe povero di per sé (campagna profonda, tanto fango, tanto grigiore) le conseguenze di una politica che per più di vent’anni si è chiusa a riccio sembrano, anche se le suddette e possibili cause non vengono minimamente accennate (lo sottolineo), aggravare la situazione. Nel Paese che Radu Jude, assistente di Puiu in The Death of Mister Lazarescu (2005), riprende con la sua mdp non c’è nulla che vada per il verso giusto: in casa piove e il padre non capisce come sia possibile, per portare il televisore a riparare bisogna intraprendere un viaggio omerico verso la città, al tecnico (improvvisato) mancano dei pezzi per aggiustare la tv, a ritorno l’automobile che dovrebbe riportare a casa i Nostri ha bisogno di una spintarella e per suggellare la giornata giunge un bel temporale che fa cadere al papà l’elettrodomestico. Non c’entreranno niente tali disavventure con i rimandi storici rumeni, però c’è da chiedersi come mai una famiglia del nuovo millennio possiede ancora una televisione giurassica, e se non si trovano le risposte non resta che osservare la crescita delle nuove leve obbligate a rapportarsi con una realtà che i propri genitori non sono riusciti a cambiare in meglio.

E proprio dal piccolo Marian emerge il risvolto più significante del film: l’ostinazione che lo spinge ad intraprendere il difficile itinerario verso la cittadina e quindi a costringere il padre riluttante ad un micro tour de force, è ben più che un semplice capriccio infantile. Già nel 2000 con Zapping Cristian Mungiu aveva denunciato attraverso un apprezzabile registro grottesco la forte dipendenza di un cittadino rumeno verso il tubo catodico, finto recipiente utopico che nascondeva invece uno spietato meccanismo oligarchico (ed ogni metaforica conclusione è lasciata allo spettatore…), sette anni dopo la soggezione nei confronti dello schermo casalingo pare non abbia mollato la presa, ce lo dicono le persone fuori dall’abitazione del signor Bichescu che appare come un oracolo in attesa di dare udienza, e ce lo dice, appunto, Marian e il comportamento che tiene verso quella che è soltanto una scatola piena di circuiti (le lacrime per la mancata sistemazione da parte di Bichescu; la preoccupazione per l’incidente sulla strada del ritorno), ma l’occhio di Jude non è un occhio che condanna, è piuttosto un invito a prendere atto di come nel 2007 in Romania (e oggi non si sa se ci siano stati cambiamenti) l’unico modo per un bambino di evadere dalla quotidianità, per aprirsi all’altro, per sognare, era quello di guardare un film con Bruce Lee.

P.S.: la locandina che vedete sopra non riguarda il corto sotto esame (sebbene il frame sia tratto da esso) ma la raccolta di racconti scritti da Florin Lazarescu contenente quello che poi ha ispirato Radu Jude.

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