Shin in Giappone si sente
addormentato e stanco, così vola negli Stati Uniti dove incontra due
connazionali dalla vita sregolata.
Quarto film in un solo
anno (è il 2005) per Sion Sono e prima trasferta fuori dalla
terra natia, ma anche se la gran parte della pellicola è
ambientata a New York e anche se nel cast vi sono attori non
nipponici, il risultato non cambia poi molto: è il solito,
straripante, Sono. Si possono rintracciare dei segnali di stile che
riportano immediatamente al suo cinema, firme autoriali vergate con
una narrazione over (per di più infantile) che illustra i
personaggi e, appunto, con dei personaggi che come di consueto
tracimano nel farsesco, diventano/sono macchiette senza però
che si possa dubitare mai un attimo dei loro ruoli. Ad ogni modo,
oltre ai tipici trademarks sononiani, Hazard possiede
la quintessenza artistica del giapponese, commistione di generi
apparentemente inconciliabili, avventure ingenue nel melò
controbilanciate da frenetiche sortite action, il tutto
innaffiato da ironia e violenza, anche verbale. Insomma, chi conosce
Sono non si stupirà troppo di quanto contenuto nel film, si
viaggia sui binari dell’ennesima conferma.
La trasferta a stelle e
strisce obbliga all’introduzione di ulteriori fattori nella
ricetta, c’è ad esempio per un ragazzo orientale il
celeberrimo sogno americano che si frantuma fin dall’inizio con i
due spacconi di colore che lo derubano con facilità irrisoria,
e c’è parimenti il confronto con il crime fatto di
sparatorie ed improperi irriguardosi nei confronti delle mamme degli
antagonisti, tuttavia Sono non si spaventa di fronte a tali elementi
forse nemmeno poi così “nuovi” per lui, li prende e li
ricalibra secondo la sua metrica, segue i canovacci della categoria
(la polizia corrotta) e al contempo se ne allontana: “dobbiamo
trovarci dei nemici!” (lo scontro con la mafia cinese che in realtà
è solo un mero gioco), ma non perde mai di vista il fulcro,
Shin, ulteriore soggetto in formazione di una filmografia che
ha sempre obbligato i suoi protagonisti ad auto-degenerarsi per poter
crescere.
È durata così
tanto la storia di un ragazzo che voleva solo volare…
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