La notte del 18 Maggio 1980 Ian Curtis si impiccò nella cucina della propria casa. Prima di farlo, però, guardò La ballata di Stroszek, il suo film preferito di Herzog, almeno così riportano alcuni siti.
Chissà perché le ballate sono sempre tristi: “la pioggia ci ha lavati abbastanza/e il sole ci ha anneriti e seccati/Gazze, corvi ci hanno gli occhi scavati.” Oppure: “e mentre il sangue lento usciva/e ormai cambiava il suo colore/la vanità fredda gioiva/un uomo s'era ucciso per il suo amore.”Anche la ballata di Bruno non sfugge a questa regola. Si consuma in un respiro di fisarmonica, in una Berlino grigia e violenta che segna di lividi il viso della prostituta Eva, e sgretola moralmente il povero Bruno appena scarcerato, e quindi tornato alla vita a cui si aggrappa come un neonato. Ma la Germania è senz’anima, Berlino appare come una fredda rete di viali deserti.
L’unica speranza sta oltre l’oceano, in America, nel Wisconsin, a casa del cugino di Scheitz, il vicino di casa di Eva e Bruno, un vecchio mezzo squinternato ma molto simpatico.
Così lo strano trio parte.
Ma il sogno americano si infrange presto. La banca chiede il pignoramento della casa, lo stipendio di Eva come cameriera non basta. Menchemeno quello di Bruno nell’officina. Così Eva scappa in Canada con un camionista, e l’abitazione (una specie di container) viene portata via. La ballata di Bruno si conclude poco dopo con uno scoppio di fucile.
L’incedere della piccola è serrato nella sua inesorabile lentezza. La parabola discendente di tre individui ai margini della società si consuma in silenzio, quasi banalmente. Eppure, nei discorsi di Bruno (attore dilettante ma perfetto in questo ruolo), si avverte tutto il suo scoramento, tutto il suo disprezzo nei confronti della società e della vita che sembra lo perseguiti e in cui ci si ritrova come se percorresse un cerchio. Ed anche il vecchio Scheitz, nei momenti finali di pazzia, imbracciando il fucile, teme che ci sia un complotto contro di loro. Ma il suo tedesco è incomprensibile per gli americani.
Herzog riprende la splendida sequenza del camion che ruota in tondo da Anche i nani hanno cominciato da piccoli (1970). Anche qui c’è una situazione senza uscita: è la vita di Bruno che pur avendo attraversato l’Atlantico ritorna prepotentemente in un vortice che lo fa nuovamente sprofondare, questa volta però non c’è più l’alcol a salvarlo. Solo un colpo di fucile.
Ma quanto cavolo è bella la sequenza del parco giochi?
È uno di quei momenti in cui il cinema non può essere ridotto ad una semplice trasmissione di informazioni da uno schermo ad uno spettatore perché l’insieme di immagini, segni e simboli, creano un testo che chi guarda deve interpretare e non può limitarsi a subire passivamente. Il pollo che suona il pianoforte dentro la gabbia non è Bruno? Per me lo è. Ma è anche il pollo che danza su una piastra, sempre in una gabbia. E tutto gira, ruota, circola. Il camion come la gallina al pari della funivia su cui viaggia Bruno. Poi uno sparo, il camion prende fuoco e si ferma. Ma è solo un attimo, poi il pollo continua la sua danza.
Forse per il cosiddetto mainstreamer i tempi di questo film potrebbero apparire un po’ compassati. Il doppiaggio italiano non è che sia proprio una meraviglia, e dunque credo che in lingua originale acquisti più valore. Herzog alterna inquadrature che esaltano l’ambiente rendendolo in alcuni casi imponente, ad altre più soggettive risultando squisitamente dinamico.
Bellissimo, chapeau Herzog.
Chissà perché le ballate sono sempre tristi: “la pioggia ci ha lavati abbastanza/e il sole ci ha anneriti e seccati/Gazze, corvi ci hanno gli occhi scavati.” Oppure: “e mentre il sangue lento usciva/e ormai cambiava il suo colore/la vanità fredda gioiva/un uomo s'era ucciso per il suo amore.”Anche la ballata di Bruno non sfugge a questa regola. Si consuma in un respiro di fisarmonica, in una Berlino grigia e violenta che segna di lividi il viso della prostituta Eva, e sgretola moralmente il povero Bruno appena scarcerato, e quindi tornato alla vita a cui si aggrappa come un neonato. Ma la Germania è senz’anima, Berlino appare come una fredda rete di viali deserti.
L’unica speranza sta oltre l’oceano, in America, nel Wisconsin, a casa del cugino di Scheitz, il vicino di casa di Eva e Bruno, un vecchio mezzo squinternato ma molto simpatico.
Così lo strano trio parte.
Ma il sogno americano si infrange presto. La banca chiede il pignoramento della casa, lo stipendio di Eva come cameriera non basta. Menchemeno quello di Bruno nell’officina. Così Eva scappa in Canada con un camionista, e l’abitazione (una specie di container) viene portata via. La ballata di Bruno si conclude poco dopo con uno scoppio di fucile.
L’incedere della piccola è serrato nella sua inesorabile lentezza. La parabola discendente di tre individui ai margini della società si consuma in silenzio, quasi banalmente. Eppure, nei discorsi di Bruno (attore dilettante ma perfetto in questo ruolo), si avverte tutto il suo scoramento, tutto il suo disprezzo nei confronti della società e della vita che sembra lo perseguiti e in cui ci si ritrova come se percorresse un cerchio. Ed anche il vecchio Scheitz, nei momenti finali di pazzia, imbracciando il fucile, teme che ci sia un complotto contro di loro. Ma il suo tedesco è incomprensibile per gli americani.
Herzog riprende la splendida sequenza del camion che ruota in tondo da Anche i nani hanno cominciato da piccoli (1970). Anche qui c’è una situazione senza uscita: è la vita di Bruno che pur avendo attraversato l’Atlantico ritorna prepotentemente in un vortice che lo fa nuovamente sprofondare, questa volta però non c’è più l’alcol a salvarlo. Solo un colpo di fucile.
Ma quanto cavolo è bella la sequenza del parco giochi?
È uno di quei momenti in cui il cinema non può essere ridotto ad una semplice trasmissione di informazioni da uno schermo ad uno spettatore perché l’insieme di immagini, segni e simboli, creano un testo che chi guarda deve interpretare e non può limitarsi a subire passivamente. Il pollo che suona il pianoforte dentro la gabbia non è Bruno? Per me lo è. Ma è anche il pollo che danza su una piastra, sempre in una gabbia. E tutto gira, ruota, circola. Il camion come la gallina al pari della funivia su cui viaggia Bruno. Poi uno sparo, il camion prende fuoco e si ferma. Ma è solo un attimo, poi il pollo continua la sua danza.
Forse per il cosiddetto mainstreamer i tempi di questo film potrebbero apparire un po’ compassati. Il doppiaggio italiano non è che sia proprio una meraviglia, e dunque credo che in lingua originale acquisti più valore. Herzog alterna inquadrature che esaltano l’ambiente rendendolo in alcuni casi imponente, ad altre più soggettive risultando squisitamente dinamico.
Bellissimo, chapeau Herzog.
grandissimo film, la sequenza del parco giochi io l'ho trovata angosciante, è come se riassume tutta l'esasperante ricerca della felicità del protagonista. Non c'è via d'uscita in una società che costruisce la tua libertà dentro uno spazio come una prigione. Sei felice con un gettone (denaro?) perchè ti dà l'unico piacere e svago nella tua mediocre esistenza. Ma sei solo oggetto e pedina di un sistema privo di possibilità e libero arbitrio.
RispondiEliminaBravissimo, ottima analisi, complimenti.
RispondiEliminaun capolavoro d'altri tempi. Ed il mio blog ha proprio quel nome...
RispondiEliminaUno dei miei preferiti di Werner Herzog... ti tocca al cuore...
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