Eh.
No dico, ma cosa posso scrivere su un film candidato a 13 premi Oscar?
Che ha una locandina americana fichissima, quello sicuro.
L’idea che sorregge il film, tratta da un racconto (breve) di Fitzgerald, è un’idea della madonna e di tutti i cerchi concentrici del paradiso comprese le trombe degli angeli e le chiavi di san pietro: un uomo che nasce vecchio e che crescendo ringiovanisce. Splendido, roba che ti fa riconciliare con la vita.
Ma manco ho voglia di starci sopra tanto.
La regia di Fincher è impeccabile, la fotografia è squisita con alcune chicche virate seppia come la storiella dell’orologio o dell’uomo dei fulmini, roba da puro godimento. È cazzuta pure la scena di guerra navale, in un film in cui la guerra è solo un contorno.
E parliamo di Fincher, sì parliamone.
Ok Seven, ok Fight club, ok The game, ok Panic room ma Zodiac, ah Zodiac! È il suo film più coraggioso. E dico subito perché: perchè manda al diavolo gli stilemi hollywoodiani. Il killer Zodiac rimane senza un volto. E poi è lento, quasi privo di azione, silenzioso. Non sembra un film americano.
“Maccheccazzo – direte voi – mica è Zodiac sto Benjamin Button”. Abbiate fede, miscredenti. Volevo sottolineare che Zodiac è una mosca bianca nella filmografia di Fincher, mentre Il curioso caso di Benjamin Button scorre sugli stessi binari delle sue (diverse) opere precedenti. Qui è tutto…tutto! Tutti sono belli, tutte le persone incontrate da Benjamin sono buone, il padre ritorna dopo averlo abbandonato, Daisy è l’amore che coltiva fin da bambino (anziano), tutto è perfetto nella sua vita imperfetta!
Però funziona a meraviglia.
E quando Daisy culla quel neonato che è anche il padre di sua figlia, e l’amore della sua vita, mi si è inumidito il ciglio mannaggia a Eric Roth.
Al di là di ogni buonismo-patriottismo-forrestgumpismo americano, le quasi tre ore di proiezione passano via che è un piacere.
Fincher sarà contento di sapere che è entrato nelle mie grazie, mica è da tutti per un film così mainstream. Aspetto una sua chiamata per ringraziarmi.
No dico, ma cosa posso scrivere su un film candidato a 13 premi Oscar?
Che ha una locandina americana fichissima, quello sicuro.
L’idea che sorregge il film, tratta da un racconto (breve) di Fitzgerald, è un’idea della madonna e di tutti i cerchi concentrici del paradiso comprese le trombe degli angeli e le chiavi di san pietro: un uomo che nasce vecchio e che crescendo ringiovanisce. Splendido, roba che ti fa riconciliare con la vita.
Ma manco ho voglia di starci sopra tanto.
La regia di Fincher è impeccabile, la fotografia è squisita con alcune chicche virate seppia come la storiella dell’orologio o dell’uomo dei fulmini, roba da puro godimento. È cazzuta pure la scena di guerra navale, in un film in cui la guerra è solo un contorno.
E parliamo di Fincher, sì parliamone.
Ok Seven, ok Fight club, ok The game, ok Panic room ma Zodiac, ah Zodiac! È il suo film più coraggioso. E dico subito perché: perchè manda al diavolo gli stilemi hollywoodiani. Il killer Zodiac rimane senza un volto. E poi è lento, quasi privo di azione, silenzioso. Non sembra un film americano.
“Maccheccazzo – direte voi – mica è Zodiac sto Benjamin Button”. Abbiate fede, miscredenti. Volevo sottolineare che Zodiac è una mosca bianca nella filmografia di Fincher, mentre Il curioso caso di Benjamin Button scorre sugli stessi binari delle sue (diverse) opere precedenti. Qui è tutto…tutto! Tutti sono belli, tutte le persone incontrate da Benjamin sono buone, il padre ritorna dopo averlo abbandonato, Daisy è l’amore che coltiva fin da bambino (anziano), tutto è perfetto nella sua vita imperfetta!
Però funziona a meraviglia.
E quando Daisy culla quel neonato che è anche il padre di sua figlia, e l’amore della sua vita, mi si è inumidito il ciglio mannaggia a Eric Roth.
Al di là di ogni buonismo-patriottismo-forrestgumpismo americano, le quasi tre ore di proiezione passano via che è un piacere.
Fincher sarà contento di sapere che è entrato nelle mie grazie, mica è da tutti per un film così mainstream. Aspetto una sua chiamata per ringraziarmi.
Nessun commento:
Posta un commento