sabato 14 ottobre 2023

Fireball: messaggeri dalle stelle

Herzog approda su Apple TV: vecchio satanasso di un Werner, a quasi ottanta anni ha ancora voglia e forza di girovagare per il mondo, gli basta una scintilla argomentativa ed eccolo lì sul tetto di un palazzetto norvegese a caccia di polveri extraterrestri o ai piedi di un mega-telescopio hawaiano puntato verso il cosmo sconosciuto, per l’occasione il suo compagno di avventure è il vulcanologo britannico Clive Oppenheimer (che figura anche in regia) conosciuto ai tempi di Encounters at the End of the World (2007) e rivisto di recente in Dentro l’inferno (2016) il quale funge da Cicerone scientifico che dialoga con i vari studiosi in continuo avvicendamento sullo schermo. E su cosa vertono le conversazioni di Fireball: Visitors from Darker Worlds (2020)? Meteoriti, ovviamente. Pare al sottoscritto che nell’ultimo decennio il regista tedesco sia interessato ad una branca del documentario parecchio divulgativa, sempre personale e riconoscibile (il suo commento fuori campo, perdonatemi se lo ripeto spesso, è ormai un’istituzione), però eminentemente specialistica, quell’attenzione quasi estatica che rivolgeva alla natura e di riflesso all’umanità è via via stata sostituita da focus settoriali, praticamente delle disamine tecniche con le chiamate in causa di esperti, professori o gente molto informata sui fatti. È chiaro che (e chiedo di nuovo scusa per il mio ennesimo ripetermi) chi è alla ricerca di un cinema votato all’irriducibilità, alla sperimentazione o a qualunque ulteriore attributo in grado di smuovere la melma della settima arte, non può che imboccare strade diverse da quelle herzoghiane, tuttavia, sai com’è, un po’ di affetto misto a semplice curiosità permettono di accostarsi alla visione con la certezza che non riusciremo mai ad innamorarci del film ma che neanche lo odieremo, la classica zona neutra che emerge dal moderno Herzog documentarista, niente a che vedere con i suoi novelli prodotti di fiction, ma quella è una faccenda che al momento è meglio non raccontare.

Contenuto all’interno di due fiammeggianti rituali geograficamente agli antipodi (uno in Messico e uno in un’isola vicino alla Papua Nuova Guinea), Fireball si snoda letteralmente nei quattro angoli della Terra passando in rassegna Paesi quanto mai distanti tra loro riuniti dallo sguardo e dal desiderio di conoscenza dei due autori. L’approssimarsi al tema dei corpi celesti in collisione col nostro pianeta è poliedrico e cerca, probabilmente riuscendoci, di essere trasversale e multidisciplinare. L’intenzione è di farci capire che tali frammenti spaziali hanno avuto un ruolo di rilievo nel corso della storia dell’uomo e che, all’insaputa dei più, ce l’hanno tutt’ora. Nel reportage ci viene ricordato ad esempio della Pietra Nera che si trova a La Mecca (non male le riprese col telefonino nel delirio della folla ad un passo dalla Caaba) e dell’ipotesi che si tratti di un meteorite, oppure vengono presentati degli artisti aborigeni che dipingono opere ispirate da un enorme cratere nel deserto, ma si procede anche verso lidi accademici partendo dal basso, ossia due amatori che hanno scoperto un metodo per ingrandire sul computer le briciole di roccia stellare, salendo di complessità con i quasicristalli o il prezioso deposito di un’università in Arizona, e non manca nemmeno del puro spirito esplorativo messo in atto in una grotta messicana o nell’immensa solitudine dei ghiacciai antartici (miglior segmento per distacco con grandiose immagini panoramiche), toccando, infine, punte di trascendenza nei dialoghi con un sacerdote-astronomo residente in Italia o un anziano saggio sulla spiaggia di un’isoletta vicina all’Australia. E quindi, religione, arte, scienza, tecnologia, Storia (dinosauri + Tunguska), spiritualità e misticismo, le materie messe in relazione con il topic principale sono queste, adesso, tra un coro sardo e l’altro (vero marchio di fabbrica per Herzog che li introdusse, se non erro, la prima volta per L’ignoto spazio profondo, 2005), sapete in caso a cosa andrete incontro.

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