domenica 15 ottobre 2023

In the Realms of the Unreal

La storia, la narrazione, la vita, il quotidiano, la clandestinità, la solitudine, l’isolamento, la sofferenza. Leggete quanto segue: nel 1973 Henry Darger ormai ottantenne viene portato dai coniugi Lerner, i suoi proprietari di casa, in un ospedale di Chicago. Sta morendo. Poco prima della dipartita i Lerner decidono di entrare nella piccola stanza per risistemare un po’ il locale e con grande sorpresa scoprono che quel vecchietto anonimo, solitario, forse mezzo matto, durante tutti quegli anni di permanenza ha scritto quello che è considerabile come uno dei, se non il libro più lungo di tutti i tempi, un testo di oltre 15.000 pagine dalle tinte fantasy che racconta l’epopea di sette sorelle in lotta contro un regime tirannico, e oltre al ciclopico manoscritto vengono rinvenuti disegni e dipinti che riprendono le vicende narrate nell’opera. Non so se qualcuno ha mai posato gli occhi su tutte le migliaia e migliaia di parole che compongono The Story of the Vivian Girls, non ho neanche approfondito se sia mai stato pubblicato per intero o magari solo qualche stralcio, e ad essere onesto non mi importa nemmeno, trovo molto più affascinante, quasi commovente, sapere che questo colosso di carta e inchiostro esiste grazie ad un essere umano completamente disinteressato a qualunque riscontro che andasse al di là della sua microscopica bolla casalinga, l’idea di essere scrittori senza saperlo di essere, di fare arte non avendo alcuna concezione del settore, di agire solo per sé, per una necessità, un’urgenza, un esorcismo, be’, sono aspetti che in un mondo mercificato come il nostro rendono Henry Darger un outsider da guardare con affettuoso rispetto.

E quindi, per cercare di placare quella curiosità che ti prende di fronte a misteri del genere, era inevitabile gettare uno sguardo sull’unico esemplare cinematografico esistente che si occupa dell’argomento. Peccato che la forma di In the Realms of the Unreal (2004) non renda giustizia al tema che affronta, il lavoro di Jessica Yu, regista americana che nel 1997 vinse l’Oscar per un cortometraggio, è smaccatamente televisivo, ma non in un’ottica che definirei netflixiana, ovviamente no, siamo in pieno stile catodico anni ’90 primi ’00 dove lo sviluppo del documentario segue essenzialmente due piste principali: una posticcia dove una voce fuori campo legge quella che presumo sia la vera autobiografia di Darger, e un’altra non meno fasulla in cui una bambina (è Dakota Fanning) narra le avventure del libro. Gli incroci delle due tracce evidenziano quanto il complicatissimo vissuto personale dell’autore si sia poi riversato nella creazione dell’opus magnum, la sua ossessione per l’infanzia, per un riscatto dei fanciulli nei confronti degli adulti, si fonda su meccanismi psicologici di cui nessuno può conoscere le vere origini, certo che il metodo con il quale la Yu ce li espone è un po’ banaluccio. Ad integrazione sono presenti delle interviste ai vicini di Henry insieme alla riproduzione animata dei suoi disegni, di nuovo non ho trovato la scelta troppo felice, c’era davvero bisogno di affidarsi ad un tale artificio?

Visione consigliata sì, per una volta il valore artistico non c’entra, ci sono storie troppo belle in giro che, anche se poste in contenitori non all’altezza, meritano sempre di essere conosciute e diffuse

Nessun commento:

Posta un commento