Concordo sul fatto che le mie critiche tecniche possano apparire un pelo intransigenti, pardon, anni e anni di visioni hanno reso il mio sguardo estremamente selettivo, lasciatemi dunque parlare a chi, almeno, è curioso di sapere che cosa la pellicola affronta. Di certo si parte con un discreto deficit perché, escludendo gli esperti in materia, cosa sappiamo di buddismo? Ad esclusione delle generiche informazioni che chiunque ha recepito nella sua vita, credo non molto, o meglio non abbastanza per cogliere l’essenza del film, di contro Norbu è un lama tibetano sicché il divario si presenta da subito notevole. Nel mio piccolo ricolmo di ignoranza tutto l’allestimento cerimoniale mi è parso una grande allegoria di talune specifiche religiose, in particolare ho inteso il meeting mascherato una trasposizione del celeberrimo Bardo, un limbo dove non si è più chi si era e nemmeno chi si sarà, l’incertezza regna, del resto non viene mai apertamente chiarita la ragione per cui quelle persone si ritrovano ogni tot di tempo in mezzo alla foresta a volto coperto (l’anonimato è una forma di potere: riflessione interessante), ciò che ne risulta è un’atmosfera che si tuffa a piedi uniti nell’astrazione più spinta, e qui Norbu si gioca la carta della contrapposizione, non so se si possa ritenere un dardeggiamento al comportamento umano, però quanto vediamo è il contrario di un elevamento o un’ascesi, il sesso, l’alcool, la gelosia e la violenza primeggiano indefesse. La corrispondenza sullo schermo di un afflato licenzioso et bruto si risolve in uno snodo narrativo che vabbè, cioè, dài, è la quintessenza della scrittura applicata al cinema che, per leggi ineludibili, obbliga la storia a fluire in un alveo predeterminato indebolendosi al cospetto di obiezioni razionali (il protagonista, tra le tante ragazze presenti nel locale, come fa a capire che lei è... Lei?). Poi oh, una roba brutta brutta Hema Hema non lo è, suggerisco solo di non scambiarla per un prodotto innovativo.
Dias de pesca – Carlos Sorin
1 ora fa
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