Qua lo studio cromatico di Patiño riesce a raggiungere degli effetti ottici che hanno del tridimensionale, quasi si trattasse di texture videoludica, forse sono i giochi di ombre che si creano ma si nota una profondità anomala in video, un iperrealismo metallico e chimico, snaturato nella sua essenza ma comunque centrato in una dimensione che, nonostante sia difficile da collocare, la si avverte esplicitamente notturna, del resto il titolo suggerisce un’immersione by night priva di filtri (sebbene, paradossalmente, il film sia rivestito da capo a piedi con un filtro che lo intensifica e lo stravolge). Inoltre è azzeccata la scelta di immortalare l’umanità nella sua stasi, ferma, piantata nella terra o fuori l’uscio di casa, scontato sottolineare che tale presenza ha dei riverberi ectoplasmici molto simili a quelli che ci saranno nel già citato Fajr, non è una casualità infatti che la silhouette di una donna, d’improvviso, si dissolva nel nulla, c’è, oltre la corazza formale, una corrente immateriale che elettrizza la situazione. Ovvio, le manipolazioni dello spagnolo sono estese e decisamente invadenti, quindi non sono adatte a chi desidera una settima arte più cruda e asciutta senza evidenti ornamenti, a costoro ribatto con: perché non dargli una chance? Noite Sem Distância è, seguendo il suo credo, rigoroso e anche coerente in relazione al percorso autoriale che lo ingloba.
giovedì 20 luglio 2023
Noite Sem Distância
Al confine
tra il Portogallo e la Spagna, e ai confini di un cinema che si fa
punto di incontro tra ricerca sperimentale, impostazione landscape e
finestra socio-culturale. In questa frontiera Lois Patiño, lo
sappiamo, si trova da dio, e tutta la sua carriera pare improntata a
convergere sull’elaborazione dell’immagine, su come anche delle
“normali” riprese paesaggistiche possano trasformarsi in qualcosa
di altro. Noite Sem Distância (2015) ne è un ulteriore
esempio: l’intero cortometraggio è virato in negativo in modo che
la palette dei colori si presenti a noi con un aspetto alieno e
straniante (lo so, è un termine fastidiosamente abusato ma non trovo
niente di meglio), la pelle degli esseri umani è blu, il cielo nero
pece, l’erba violacea, in un quadro visivo così particolare il
regista inserisce anche un filato narrativo riguardante dei
contrabbandieri in costante attesa di poter compiere i loro traffici
illeciti. Sotto una certa ottica siamo a metà strada tra Montaña en sombra (2012), per
l’ambientazione montana alterata (oltre ad una somiglianza
all’ultima – ottima – scena aerea), e Costa da Morte
(2013) per l’inserimento di linee di dialogo appartenenti a
soggetti che vediamo da lontano, senza scordare il successivo Fajr
(2017) che nuovamente ha degli interessanti punti di contatto sul
piano estetico e che, per mero e sindacabile gusto personale, ritengo
superiore.
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