Eppure... eppure qualcosa oltre l’ordito di normalità scandinava filtra. La scelta di dare un tono da video-diario con dei commenti over di Ulla (mi è parso che siano giusto tre, tanti quanti sono i giorni di fine ottobre filmati) permette di fornire un microscopico appiglio intimo alla pellicola, ed è in uno dei suddetti stralci che essa confessa di aver visto una barca attraccare appartenente, forse, ad un cacciatore che però lei non conosce, l’informazione, proferita en passant, prende vigore nella scena che può essere considerata l’apice dell’opera: con le stesse modalità con cui fino a quel momento erano stati immortalati gli alberi scossi dal vento, la regia si mette frontalmente alla protagonista occupata a tagliuzzare non so che sul tavolo della cucina, d’improvviso, dietro, dalle vetrate che danno sul giardino, vediamo passare un uomo con un giaccone fosforescente, subito dopo, per la prima volta, l’obiettivo si concentra su una Ulla seduta sul water che fissa il vuoto. Ecco, in maniera abbastanza imprevedibile si palesa una particella di inquietudine che non avevamo preventivato, un approfondimento su chi sia il tizio scordiamocelo (per fortuna!), però le scene susseguenti dell’abitazione, seppur pressoché identiche alle precedenti, si colorano di altre sfumature, il corridoio scuro, le luci che si spengono, una schermata nera. Sì, d’accordo, non ci si può entusiasmare, ciononostante la presenza di un’impercettibile deviazione dal percorso generale la si accoglie a proiezione terminata con leggero piacere, la sottile e quasi invisibile filigrana finzionale inserita nel nucleo del documentario, semplicemente, funziona. E attenzione a Edström e Winter, nel 2020 hanno partorito un nuovo film dal titolo The Works and Days (of Tayoko Shiojiri in the Shiotani Basin) della durata di otto (!) ore.
sabato 1 luglio 2023
The Anchorage
Il regista
californiano C.W. Winter si reca in Svezia insieme al
collega/fotografo Anders Edström sulle tracce della madre di
quest’ultimo, tutto il film è ambientato su un’isola
dell’arcipelago di Stoccolma immersa nel verde dove Ulla vive
un’esistenza tranquilla fatta di piccoli gesti che scandiscono la
sua giornata. The Anchorage (2009) si pone infatti sulle
frequenze di questa realtà isolana, la mdp maneggiata dal duo che
non disdegna le luci naturali e che affida la tessitura video ad una
piacevole granulosità dal sapore vintage, diventa l’occhio
silenzioso che riprende la donna nelle sue faccende quotidiane: il
bagno mattutino nelle – immagino – gelide acque del Mar Baltico,
la pesca, gli spostamenti in barca per fare la spesa, il taglio della
legna, gli incontri con gli amici e i parenti che vengono a trovarla,
in buona sostanza non accade nulla di eclatante, il dispositivo
documentaristico ha una purezza vicina al 100% e ciò che noi
spettatori possiamo al massimo fare è starcene buoni buoni a
guardare una signora di mezz’età impegnata in attività di poco
conto. Nel cinema ho e sicuramente avete avuto la possibilità di
rapportarvi con esemplari in grado di propagare una potente forza
magnetica pur operando con pochissimi elementi, non è il caso di The
Anchorage, il motivo lo imputo
ad un notevole distacco tenuto dai registi nei confronti del
materiale girato, non vi sono praticamente mai delle intensificazioni
atte a stimolare i ricettori sensoriali, l’abbandono alla cornice
naturalistica c’è ma non sprigiona il potenziale che avrebbe, la
condotta felpata di Edström & Winter si traduce in una visione
neutrale, esterna, non-empatizzante. Come dite? È la precisa
descrizione della maggioranza dei lavori autoriali di oggi? Vero. Qui
l’ho percepita un po’ di più.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento