mercoledì 19 luglio 2023

Exotica, Erotica, Etc.

Proclamo di sana pianta, qui e ora, l’esistenza di una tetralogia che mi viene da nominare “della salsedine” costituita dai seguenti film: Leviathan (2012) l’inarrivato, Caja cerrada (2008) l’ipnotico, Dead Slow Ahead (2015) l’ascetico (l’opera di Herce condivide con quella sotto esame delle immagini relative ai mastodontici interni rossoarancioni della nave talmente simili da farmi venire il dubbio che non fossero le medesime) e Exotica, Erotica, Etc. (2015), altro esemplare che catapulta lo spettatore a bordo di un’imbarcazione a spasso per l’Atlantico, non si tratta di un peschereccio bensì di una portacontainer (metà greca metà filippina?) dove la regista Evangelia Kranioti si è insediata tra il 2011 e il 2014 viaggiando insieme all’equipaggio in diverse parti del mondo. In linea con le pellicole citate poc’anzi, anche questa tende a guardare l’ambiente marino, la vita sul natante mercantile e il lavorio che si svolge su di esso con occhio artistico, non c’è, quindi, il perseguimento di un’illustrazione, l’obiettivo è quello di sondare i territori della trascendenza filmica, per fare ciò la Kranioti dispone il suo lavoro in un rapido alternarsi di vedute panoramiche mozzafiato (su tutte la traversata diurna e poi notturna tra i ghiacci) ad altre più vicine alla realtà quotidiana vissuta sul bastimento (la manutenzione; i pasti; le festicciole; le preghiere). In più sceglie anche di scendere a terra per seguire alcuni membri della ciurma che passano il tempo libero in una parata negli USA o in un bordello forse brasiliano. Al solito, l’impasto di suoni e colori è ammaliante, anche se al debutto la regista ellenica non sfigura affatto con i colleghi della restante terna, seppur più patinato (e lo spiegherò sotto), il suo cinema parrebbe meritare attenzione.

Una differenza sostanziale di Exotica, Erotica, Etc. è che racchiude in sé un filato narrativo atto a cucire una curiosa argomentazione, romantica e sentimentale, tra i marinai e le donne che incontrano nei porti dove attraccano, anche solo per una notte. La quota femminile è rappresentata da Sandy, una ex prostituta sudamericana che racconta in video i suoi amori con gli aitanti uomini di mare a cui in passato ha donato il proprio cuore, sebbene in cambio di denaro. La controparte maschile è invece affidata alla sola voce over di un probabile capitano greco che discetta sui massimi sistemi con la saggezza di chi di cose, in giro, ne ha viste parecchie. Il connubio tra memorie amorose e riflessioni esistenziali per quanto mi riguarda è ok, i sospiri della signora che dà a noi il suo corpo esattamente come lo offriva ai naviganti e gli stralci personali che narra (efficaci quando vengono adagiati sulle sequenze dentro al postribolo) uniti alle parole anche un po’ astratte dell’uomo creano un efficace flusso che ben si cala nel progetto della Kranioti. E a proposito della demiurga in questione, in Rete è considerata più una fotografa che una regista (ecco un articolo di approfondimento), non so se ciò che sto per proferire abbia senso però, data la principale professione, ho ravvisato un’attitudine a estetizzare il girato che, per chi come il sottoscritto spera sempre di raffrontarsi con del materiale crudo e puro, spinge su delle intensificazioni dopanti, ci sono parecchi ingressi musicali (un brano verso la fine mi ha ricordato The Big Ship di Brian Eno) al pari di ralenti o pseudo-tali non indispensabili.

Trattasi, comunque, di riserve minime (oltre che spudoratamente soggettive) che non intaccano il valore dell’operazione, troppo vento e troppo sale, troppe illusioni (il finale: un bacio in controluce) e troppi viaggi di cui essere testimoni si aggirano nei settanta minuti di proiezione, privarsene sarebbe da babbei. Nel percorso registico di Evangelia Kranioti, che con il successivo Obscuro Barroco (2018) pare abbia dato un forte segnale autoriale, io ci credo.

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