La parola
chiave di Los Abducidos (2011) è etnografia, ed è una mossa
che non mi aspettavo da Juan Daniel
Fernández Molero, lui, un regista non particolarmente interessato a
certe tematiche, eppure il soggetto principale della storia è
lampante: i Machiguenga, una popolazione amazzonica che vive in una
regione meridionale del Perù, per presentarci questa cultura si
ricorre ad un bianco e nero nettamente più limpido rispetto a quello
di Sol Quieto (2015) e si affida tutta la componente descrittiva ad una voce fuori campo (in
spagnolo, quindi non la lingua ufficiale della comunità) che
racconta di tempi arcaici, di miti, di tradizioni, contemporaneamente
le immagini segnano un percorso di viaggio (se notate in apertura,
nella distorsione sonora, vediamo le pagine di un passaporto) che poi
è il corrispettivo tragitto del filmmaker stesso, il suo arrivo nel
territorio autoctono è preceduto da una traversata fluviale con
annesso attracco, dopodiché la visione del corto è una soggettiva
di Molero che si aggira nel villaggio, ad onor del vero ciò che
vediamo non risulta essere il tipico villaggio di nativi, ci sono
casette, elettricità (la tv), uomini intenti a tagliare l’erba di
un campo che appaiono piuttosto civilizzati, dunque, a meno che non
mi sia perso qualche passaggio, se i Machiguenga sono quelli ripresi
si tratta di un gruppo indigeno che non rispecchia molto i risaputi
canoni, ad ogni modo, al di là del cosa, il come, ovvero le modalità
che mostrano l’avvicinamento e la susseguente breve esplorazione di
JDFM mi sono garbate, non mi sarebbe dispiaciuta un’estensione e un
approfondimento perché il materiale a disposizione poteva
permetterlo.
Poi,
all’incirca a metà proiezione, ecco una mossa che invece mi
attendevo da Fernández Molero,
nient’altro che uno smottamento interno, una riduzione in scala
delle intermittenze di Reminiscencias
(2010) e Videofilia: y otros síndromes virales
(2015), in pratica succede che: le persone, uomini, donne e bambini,
scompaiono in un lampo di suoni disturbati. Ci sarebbe da riflettere
se tali repentine sparizioni possiedono una lettura “sociale”,
se, in altri termini, i rapiti del titolo (o, in gergo ufologico, gli
adotti) richiamano simbolicamente la concreta realtà odierna, del
resto si potrebbe immaginare che i Machiguenga, al pari di molte
altre micro-popolazioni in via d’estinzione, si stiano pian piano
eclissando fagocitati da politiche aberranti, ma io questo non lo so
con certezza, resta comunque l’impronta di un’idea interessante
che assesta un discreto colpo quando col finale anche l’autore di
fronte allo specchio, puff, si dissolve nel nulla. Al peruviano si
rinnovano i complimenti, anche per un lavoro minore, la speranza di
vederlo nuovamente alla direzione di un lungometraggio resta.
A margine
segnalo un vecchio articolo scovato in Rete (link) dove è pubblicato
uno scambio di mail tra il comitato tecnico di un concorso di
cortometraggi che compie delle osservazioni ridicole su Los
Abducidos e l’annessa risposta
di Juan Daniel.
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