E tutto ciò va ad assembrarsi sotto la grande cupola che ogni cosa contiene: il cinema. Non apprezzo granché il termine “cinefilo” perché fatico a comprendere i gradi che si necessitano per potersene insignire, uno che guarda miriadi di film è un cinefilo? Se sì, di quali tipologie di film parliamo? Blockbuster? Cinema d’essai? Sperimentale? Se no, è sufficiente vedere un numero contenuto di opere ma studiarle a fondo con la disciplina di un filologo? Beauvais fornisce la sua versione: tra aprile e ottobre 2016 ha visionato oltre quattrocento pellicole per un solo ed unico motivo: perché stava male. Ecco allora che si schiude il tratto maggiormente fertile di Just Don’t Think... perché scocca un interrogativo verso un nucleo fondante, il punto è che Beauvais potrebbe essere tranquillamente io che scrivo o tu che stai leggendo, pur con le differenze del caso, chi non ha trovato nel cinema un caldo rifugio dove poter ripulirsi dalle impurità che ci circondano? Chi non ha sognato, pianto, patito e via dicendo al cospetto di una qualche sequenza da pelle d’oca così bella da sentirla parte di sé e di nessun altro? Chi non ha studiato, chi non si è formato, chi non è cresciuto approfondendo un autore o un movimento? A domande di tal fatta viene automatico rispondere che il cinema è La cura, e stop. Però il titolo in questione è abile a suggerire la nemesi, perché la settima arte è anche una malattia, una dipendenza patologica, un bisogno insensato di abbuffarsi di visioni rinchiudendosi in un mondo illusorio perdendo di vista il bene quotidiano. Dove sia la cosiddetta retta via non lo so, forse la scelta finale di Beauvais è il modo migliore per ricominciare, lasciarsi alle spalle un limbo di ossessioni, di download, di solitudine, di masturbazioni, e aprire un nuovo capitolo.
La donna esplosiva – John Hughes
32 minuti fa
Nessun commento:
Posta un commento