Meno
“aggressivo” rispetto a Reminiscencias
(2010) o a Videofilia: y otros síndromes virales
(2015), Sol Quieto è
un cortometraggio del 2015 diretto da Juan Daniel Fernández Molero
che comunque dà del filo da torcere allo spettatore. Sono dieci
minuti in un bianco e nero di immagini alterate, guastate, quasi da
film muto rinvenuto dopo decenni in un baule impolverato, dove un
uomo, forse un naufrago o forse un pescatore, arriva via mare in una
cittadina costiera (si tratta di Chorillos, distretto peruviano
situato a sud di Lima). L’impianto estetico fortemente disturbato
non aiuta nella comprensione (sempre ammesso che ci sia qualcosa da
comprendere!), mentre un continuo e piuttosto inquietante riverbero
sonoro ci accompagna durante la visione, vediamo questo tizio
aggirarsi tra rocce abitate per lo più da uccelli neri fino a quando
non si inginocchia davanti all’ingresso di un edificio. Qui
qualcosa succede poiché, come si può vedere dal poster, un cerchio
nero va a posarsi dentro le mani a conca del protagonista, tale
rotondo appariva con diametro maggiore anche in apertura. Impossibile
capire quale correlazione ci sia tra la circonferenza scura e
l’essere umano in questione, facciamo che non ci interessa più di
tanto e osserviamo come procede la faccenda, a conti fatti né più
né meno di prima: ancora visioni ardue da decrittare (una parete con
delle fotografie appese? Sembra importante...), sporche e sature di
bianconeri.
Curioso
che il titolo suoni in contraddizione con il contenuto, non
è vero che c’è “ancora
sole”, a meno che non si possa considerare come una stella quel
bollino oscuro, di certo però non è portatrice del benché minimo
chiarore, anche perché i biancori che compaiono sullo schermo sono
al massimo delle tinte scolorite (o viceversa sovraccaricate) dal
regista peruviano che stridono con le fosche macchie disseminate in
video. In generale non si può dire che ci sia della luce in Sol
Quieto ed anche se è presente
viene risucchiata da un’atmosfera globale che non suggerisce mai
una limpidezza o una qualsivoglia forma di calore, infatti
l’ultimissima istantanea con la macchia rossa (di sangue?) che si
diluisce nell’acqua apre a degli interrogativi che girano intorno a
ragionamenti non proprio da favola della buonanotte, del tipo:
abbiamo assistito ad un suicidio? Nei due lungometraggi citati
all’inizio Molero aveva dato prova di grande temperamento
artistico, nell’opera sotto esame non ho ritrovato il medesimo
furore nello scompaginare le strutture portanti, ma rimane un lavoro
breve che all’interno di una filmografia può tranquillamente
starci.
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