mercoledì 23 agosto 2023

Belle dormant – Bella addormentata

Per mancanza di tempo e di spirito non si effettuerà per Adolfo Arrieta lo stesso lavoro di archeologia che è stato riservato per altri registi, nulla contro l’autore madrileno ma ad occhio e croce sento che non troverei ampie soddisfazione nel recuperare i suoi film passati, per cui, al massimo, giusto per dare scorrevolezza al presente commento, ci si può collegare all’unica altra opera visionata recante la sua firma e affermare subito che l’una non c’entra niente con l’altra: Vacanza permanente (2006) e Belle Dormant (2016) sono due oggetti agli antipodi che usano due grammatiche diverse, due linguaggi differenti, due metodi opposti e si rivolgono, anche, a due platee piuttosto lontane. Sicché, Bella addormentata, come si potrà intuire tratta della celeberrima fiaba che tutti conosciamo, ce ne sono svariate versioni ma all’incirca Arrieta utilizza gli ingredienti assodati (una principessa che si punge con un arcolaio, le fate, il sonno collettivo, il principe, eccetera) attuando delle iniezioni di modernità. Lo scenario che mette su è decisamente raffinato, chic, è un piccolo trionfo di finzione esplicita (si veda l’escursione in elicottero), un esperimento in digitale che evoca atmosfere curiose, a metà strada tra il sogno ed un Miguel Gomes disinteressato a qualunque studio teorico. In questo ambiente soffice, delicato, Arrieta ha avuto l’opportunità di affiancare un grande attore come Mathieu Amalric e un altro che lo sta diventando come Niels Schneider, sicuramente un bel colpo per uno che era fuori dal giro da un sacco di anni.

Scontato rimarcare che Belle dormant non può essere una mia cup of tea per manifesti gusti personali, ciò non toglie che, se la parte introduttiva illustrante la situazione nel regno di Letonia che delinea i personaggi e getta le basi per il viaggio verso Kentz è giusto carina per il tatto generale profuso da Arrieta, l’arrivo di Egon (ah, è un predestinato, si lascia andare tra le braccia di Morfeo fin dall’inizio durante la conferenza) ha un fascino particolare che sposta definitivamente il pallino del gioco sul tavolo onirico. Anticipata, non a caso, da fotografie frapposte nel montaggio che comunicano quel senso di immobilità che ammanta il luogo, l’incursione del principe che quatto quatto passeggia tra gli addormentati del reame è una micro poesia visiva o parimenti un micro tour in una galleria d’arte in live action, sono sicuro che questa scena si ritaglierà un angolino nella memoria di chi lo vedrà. Fedele al concetto di riammodernamento Arrieta si e ci diverte ponendo elementi estranei (il cellulare, gli aerei) in un mondo congelato per un secolo, il che mi è sembrata la proiezione concettuale del film in sé, ad una fola vecchia come il mondo Arrieta ha apportato una visione personale senza snaturarla, non sarà una pietra miliare della cinematografia però almeno depura lo sguardo dalle innumerevoli americanate da botteghino.

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