Se Lettre d’un cinéaste à sa fille
(2002) era, appunto, una video-missiva alla propria figlia, La
deuxième nuit (2016) è la
corrispettiva dedica alla propria madre defunta. Poco o niente cambia
comunque: il tatto, la profondità, l’eleganza, la dolcezza, è
tutto immutato in questo pezzo di cinema che sublima se stesso.
Nuovamente Eric Pauwels indaga il suo intimo sentire personale
traducendolo in un film di montaggio che parte da un titolo il cui
significato spiega molto, la seconda notte si riferisce infatti alla
nottata successiva al parto, quando il neonato, dopo nove mesi, viene
per la prima volta separato dal corpo della mamma. Come il regista
afferma durante il commento è, a conti fatti, un’espulsione dal
Paradiso, un’immissione nel mondo che è l’opposto del caldo
ventre materno. Ma la nostra vita di figli è destinata a passare
un’altra seconda notte, un altro distacco, il definitivo. È
esattamente qui che La deuxième nuit
si accende di una luce che non può non essere malinconica, Pauwels
condensa in un’ora e quindici minuti l’elaborazione di un lutto
che affonda inevitabilmente nel passato, nel mare mosso dei ricordi
infantili (il nonno) che poi si fanno adolescenziali, adulti, fino ad
essere attuali e innestati da ulteriori riflessioni che toccano il
senso di essere un filmmaker e di quale senso dare a ciò che si fa.
Opere del genere allargano la banale univocità del vedere-un-film,
l’ho già detto alla noia ma non posso evitare di ripetere quanto
sia perforante un oggetto filmico con queste caratteristiche, ti
entra dentro perché racconta di te e dei tuoi sentimenti.
Due scene gemelle mi hanno emozionato, penso non ci sarebbe nulla di
strano se non fosse che si tratta di due sequenze dalla cifra
finzionale dove Pauwels ha ricreato un focolaio famigliare ripreso in
maniera statica di spalle, eppure l’altezza che si raggiunge in
ambo le parentesi non è nient’altro che il sintomo di una
versatilità estetica in totale simbiosi con la scrittura che la
accompagna. Possiamo e dobbiamo ancora stupirci di fronte ad un
dispositivo che riesce a sostenere una narrazione in bilico tra
particolare e universale ricorrendo a strumenti d’uso pressoché
quotidiani, vecchie fotografie e cartoline (una è un
disco-cartolina, ed è poesia), filmini di una vacanza in Spagna, il
video di un anziano che porta a spasso il cane, ma anche (credo)
lacerti di altre pellicole, dettagli di dipinti, citazioni letterarie
(Robert Walser: <3), uno stralcio animato per simulare un
temporale, ombre cinesi di un ulteriore storia nella storia... quanta
ricchezza! Quanto amore! Sia nei confronti del mezzo che permette al
belga di esprimersi, sia verso quell’allitterazione che prima di
qualunque cosa che verrà dopo schiocca via dalle labbra, come una
musica, come un chiarore: mam-ma. Tributo, memoir, cerimoniale, La
deuxième nuit è una gemma che brilla delicata nel suo passaggio
sulla Terra. Magistrale.
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