
Potrà
suonare strambo se dico che il principale oggetto d’attenzione in
Flores (2017) è l’hydrangea,
volgarmente denominata ortensia, però è così: l’ennesima giovane
promessa del cinema portoghese, Jorge Jácome, nato in Portogallo ma
cresciuto nell’ex colonia cinese di Macao, arriva con intrigante
nostalgia alle isole Azzorre (le stesse di quel gioiello che è It’s the Earth Not the Moon,
2011) per testimoniare l’inarrestabile proliferazione delle piante
d’ortensia nelle varie isolette dell’arcipelago vulcanico.
Riflettendo su cosa il corto sia o possa essere, di sicuro si profila
ciò che non è, ovvero non è un “normale” titolo di stampo
documentaristico attento a fare un breve reportage flori...
culturale, la mano di Jácome, molto fine e delicata, fornisce un
tono decisamente più intimo che utilizza tale invasione arborea per
raccontare altre storie. Diviso in tre capitoli, il film intercetta
nel primo un’amicizia tra due militari (appartenenti ad una task
force incaricata di tenere sotto controllo la situazione) dove non si
lesinano sfumature sentimentali, questo rapporto è un po’ la
traccia portante e attraverso fugaci apparizioni sarà presente in
ogni porzione dell’opera, se vi state chiedendo che cosa accade tra
i due la risposta è: niente, tuttavia Jácome mantiene in qualche
modo tesa la corda dell’interesse, ricama un legame appena appena
palpabile, malinconico, gentile, in contrapposizione all’uniforme
indossata (“quando torniamo sulla terra mi piacerebbe vedere il tuo
film”), che sa valicare, o almeno avvicinarsi, il confine della
realtà grazie anche ad un filtro rosa-violaceo che colora con
diversi gradi di intensità le immagini in video.
Il secondo capitoletto, narrato in francese, si asciuga un poco della
forza ammaliante perché si occupa di un’azienda olandese che
insediatasi su una delle isole ha cercato di sfruttare economicamente
l’inondazione di ortensie. L’incantesimo si attenua ma, per dare
a Jácome i suoi meriti, rimane una coerenza argomentativa perché
sempre della suddetta vegetazione si parla, non si può affermare
altrettanto dell’ultima sezione che invece si concentra su una
specie di processione clandestina immersa nell’oscurità, parecchio
suggestiva sebbene il tema-ortensia non ha la rilevanza vista in
precedenza (notiamo giusto un mazzo di questi fiori che, dentro ad un
gommone arancione sulla battigia, fa da cuscino alla statua di una
Madonna). Centralità o meno, arrivati alla fine si ha comunque
l’impressione di aver visionato un cortometraggio di buona, se non
buonissima fattura, una finestra con panorama semi-alieno, un
frammento che a prescindere dalle coordinate geografiche che dà (e
le fornisce davvero con latitudini e longitudini) stimola
l’importante area nascosta del sentibile spettatoriale. Eh già,
tocca aggiungere un nuovo nome in lista.
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