Diciamo che mi è un po’ mancato il collegamento tra il trasporto del manichino e la parte nel luna park, cioè se si trattava semplicemente della necessità narrativa di far finire l’uomo lì mestamente dico ok, se invece ci sono altre motivazioni, qualcosa del tipo: dopo la faticosa ascesa ecco il divertimento e la spensieratezza, mi rifugio dietro ad un bel boh. Sembrerebbe che vi sia dello sgomento (o forse del fascino) negli occhi del Nostro, una ripresa di schiena lo fa quasi apparire soverchiato dal disco ruotante, come se fosse un bambino in attesa di farsi un giro ipnotizzato da quel continuo girare, e in effetti la risoluzione del corto va in questa direzione, il frame nero citato prima viene sostituito dall’ultima sequenza che ha ben due caratteristiche opposte rispetto a quanto l’ha preceduta: è priva di sonoro ed è a colori. In più vediamo nell’espressione del tizio che dondola a bordo della cabina una smorfia di felicità. Enterprisse finisce così, e io mi dileguo di conseguenza.
venerdì 30 giugno 2023
Enterprisse
giovedì 29 giugno 2023
Family Romance, LLC
Quel vecchio satanasso bavarese avrà pensato che la scelta di utilizzare una piccola videocamera digitale era capace di restituire un tasso di verità farlocca in linea con la storia ripresa, una storia che dondola tra le usurate istanze della realtà e della finzione. E in effetti non glielo si nega, Family Romance, LLC grazie ad un impianto lo-fi tracima quasi nel documentaristico nonostante sia evidente che la recitazione è ciò che norma le interazioni degli interpreti sullo schermo, una volta colto il cortocircuito “bi-finzionale”, ovvero che l’attore di Herzog è attore anche nella diegesi, rimane una narrazione a dir poco debole con un filone principale, Ishii nei panni del padre di Mahiro, ed altre situazioni scollegate alla traccia madre ma inserite (un po’ a forza) per fornire una panoramica sulla professione del protagonista. Herzog punta alla telefonata definzionalizzazione del lavoro di Ishii, attraverso degli episodi abbastanza scontati cerca di creare un vero feeling tra lui e la ragazzina la quale, ad un certo punto, inizia a provare del vero affetto nei confronti del padre-in-affitto, è una soluzione tramica davvero lineare i cui significati che si vogliono veicolare giungono in un battibaleno alla superficie della comprensione. Non mi sento di dire che non ci sia nulla da salvare, ad un certo punto si poteva scavare un passaggio concettualmente più profondo con la bugia di Mahiro (in pratica una menzogna detta ad un impostore) ma la cosa non ha poi seguito, come non sono male delle istantanee provenienti dal magico mondo nipponico, ma si tratta di parentesi interessanti a prescindere dal film (vedi il robot hotel) e che Herzog ha infilato perché comunque rimane ancora una persona che sa essere affascinata dalla diversità del mondo, e per questo, per un’incessante ricerca dell’alterità, continuo a stimarlo, anche se il cinema che fa è ormai scaduto. Poi va detto che la resa estetica del film non è granché intrigante, purtroppo il digitale in taluni casi scade nel dozzinale e soluzioni vetuste quali l’utilizzo di droni o sottolineature musicali troppo classiche non aiutano a farsi ingraziare l’opera.
Family Romance, LLC circola in Rete per merito del famoso sito MUBI che lo ha reso visionabile in streaming, a corredare la proiezione c’è un’introduzione di Herzog e un Q&A in coda tra il regista e un redattore del sito. Inutile dire che queste porzioni sono più stimolanti del film stesso, in particolare l’intervista conclusiva dove si capisce perché Herzog non è esattamente sul pezzo in fatto di cinema contemporaneo, è proprio lui a dire che ormai non guarda più tanti film, però nella lucidità di pensiero che lo contraddistingue ci dà due consigli per perseguire la pura vida, the full life, e sono due consigli squisitamente inattuali che valgono molto.
mercoledì 28 giugno 2023
Notes from Unknown Maladies
martedì 27 giugno 2023
Lenny
Proseguendo con il parallelo corto-lungo, sul versante argomentativo ci sono ancora dei punti di contatto con Dene wos guet geit. Partendo dal presupposto che la società occidentale ivi illustrata sia una società con serie difficoltà nell’allacciare dei legami, Schäublin intercetta un nodo della contemporaneità che, trovandoci nella prima decade degli anni 2000, era giusto agli albori. In una breve sequenza vediamo lui al PC che passa in rassegna quanto Internet può offrire, ma è solo quando incappa nella youtuber Lenny che la sua attenzione viene rapita. Sebbene non vi sia un’interazione tra i due, nemmeno virtuale, la figura oltre lo schermo della ragazza assume i connotati libidici di un desiderio, sì sessuale, ma forse non soltanto: facendosi forte della condizione di Anton, Schäublin fa intendere che il canale YouTube di lei sia la finestra su un mondo da immaginare sicuramente più attraente di un pallone calciato ogni giorno contro una parete. È l’amaro senso delle odierne vite iper-connesse, è l’illusione mediata da un dispositivo elettronico, certo la faccenda per via dell’epoca di riferimento è ante litteram però c’è, e il regista compie un ulteriore step intuendo la pervasività del mezzo con la questione del burqa, nessun sottotesto, nessuna denuncia e men che meno additamento, solo la testimonianza dei tempi che correvano e che, evoluti, corrono tutt’ora.
lunedì 26 giugno 2023
El rastreador de estatuas
La figura paterna pare comunque rimanere il polo di maggiore attrazione per Rodríguez, all’incirca il papà entra in buona parte dei discorsi, sia che essi si occupino di politica (e c’è tutta una finestra sulla dittatura e sul comunismo) che di calcio (la passione per il calciatore italo-argentino Omar Sívori), mentre una divagazione sul cinema (e precisamente su Raúl Ruiz) sembra legata esclusivamente a Jorge. Di opere che si rifanno alla speleologia intima dell’umano se ne sono vedute e se ne vedranno ancora parecchie, non è che ci sia solo un metodo o solo un approccio per identificarle, anzi la bellezza sta nell’opposta molteplicità che le forma, però tutte, o almeno le migliori, giungono a produrre un fine precipitato fatto di calore, di frequenze emotive, di trasporto esperienziale, caratteristiche che a mio avviso El rastreador de estatuas non arriva ad ottenere. Il pensiero che vi fosse una stretta relazione tra Moniz e il genitore di Jorge data la professione in comune mi è passato per la testa senza però depositare alcun seme capace di germogliare, ho scorto più buche che ponti qui, vuoti non colmati dalla scrittura di Rodríguez, e già che ci siamo dico infine che la conclusione con il trasferimento in Portogallo non tira le somme che ci si poteva attendere. Dalla regia chiedono un solo aggettivo per liquidare il commento. E io obbedisco: insipido.
martedì 20 giugno 2023
The Girl Without Hands
Senza scordare la profonda ignoranza in tematiche prettamente tecniche del sottoscritto (si legge che Laudenbach ne abbia utilizzata una che in inglese si chiama cryptokinography), la sensazione, ben poco oggettiva ma giurin giurello assolutamente sincera (e andate a leggervi questa intervista al regista e sull’idea che ha nel sentire un’opera, così, giusto per personale solidarietà), è che il processo realizzativo ed il susseguente risultato abbiano reso la narrazione più viva di quello che era sulla carta. È la scoperta della ruota ma vale la pena sottolinearlo: ogni racconto che trae ispirazione da una favola certificata deve fare i conti con un’inevitabile schematicità (ad esempio: ecco il bene, ecco il male) e con una serie di archetipi da manualetto (ancora: e la bella, e il principe, e il castello), non che i suddetti ingredienti in La jeune fille sans mains siano assenti, tutt’altro perché la vicenda segue esattamente la traccia di mille altre novelle del settore, ma il super lavoro di Laudenbach ha mitigato il loro inflazionato uso in letteratura e mutato in ampiamente digeribile ciò che era prevedibile dal primo istante. Le variazioni sull’aspetto e l’operosità intorno all’approccio sono le carte vincenti del film perché ci permettono di capire, se mai ce n’era bisogno, che l’unica branca del cinema, al di là delle avanguardie, capace di manifestarsi in modo libero da gabbie è l’animazione.
mercoledì 14 giugno 2023
Éternau
Il nostro compito, di fronte a un oggetto che non si cura né di essere né di apparire razionale, è di abbandonare le velleità interpretative per tentare di farci assorbire dal flusso audiovisivo: non è facile, non lo è perché comunque siamo mentalmente settati a ricercare nell’arte un senso in ciò che si vede, ma se il senso fosse esattamente il manifestarsi dell’opera? Congettura intellettualoide, va bene, però pensateci un attimo: la sostanza di Éternau sta nell’apparire sullo schermo in tutto il suo essere rutilante, potremmo stare ore a pensare su cosa sia il segmento del robottino in stop motion senza venirne a capo, l’assemblaggio effettuato da Jahn si traduce in un’esperienza spettatoriale che va al di là delle strutture e delle grammatiche ordinarie, o si arriva ad uno scontro o ad una sintonizzazione sulle anarchiche frequenze. Non scorgo vie di mezzo.
venerdì 9 giugno 2023
The Woods Dreams Are Made of
Non mi va di soffermarmi troppo sui lacerti esistenziali di cui siamo testimoni, dalle prostitute che operano tra le frasche passando per i gay solitari desiderosi di una sveltina, gli allevatori di piccioni, i pittori, i guardoni, i pescatori, i paria fino ad arrivare agli immigrati asiatici o africani, tutti i racconti che da essi fluiscono sono stimolanti e meritano di essere ascoltati, pertanto un grazie alla Simon vale la pena dirglielo. La pellicola tuttavia non è solo il mettere in fila delle pseudo-interviste da reportage televisivo, mi va di considerare il Bosco di Vincennes come un corpo vivo che trova nel cinema una maniera per essere ritratto, l’autrice non ha tempere e cavalletto ma il paesaggio che riesce a imprimere in video ha una moltitudine di sfumature e colori, certamente sono tonalità autunnali perché l’occhio si posa principalmente sugli sconfitti e gli emarginati, ed altrettanto certamente è in cornici del genere che si verificano fruttuosi scambi di empatia (penso alla commozione dell’uomo cambogiano che ha lasciato il padre nelle mani dei khmer rossi). Se Le bois... fosse musica sarebbe una melodia che scorre tra una riva di archi dall’ampio respiro malinconico e un’altra costituita da inserimenti elettronici, notturni, una ferita naturale vicina alla città da cui spurga un’umanità sulle tracce di una possibile resilienza, o più pragmaticamente la possibilità di un cinema che, come i maestri contemporanei insegnano, sa farsi forum di evocazioni, sia terrene che metafisiche (in un qualche tempo compare anche il fantasma di Gilles Deleuze), e che pur radicandosi nel reale si proietta in aperture con panorama sul mistero.
martedì 6 giugno 2023
Dead Horse Nebula
Dopo la comparsa del titolo sullo schermo, la pellicola abbandona l’impostazione di riferimento per costeggiare le ibride zone della docufiction. Da qui l’incidere si fa estemporaneo, in pratica non si dà più peso alla progressività degli eventi ma si porta avanti la causa esistenziale di Hay per mezzo di timidi segnali che richiamano la vicenda mortuaria dell’infanzia. Il la è dato dal maldestro tentativo di uccidere una pecora che provocherà una ferita alla coscia, emissione di sangue = emissione di viscere, sicché dal nulla Aktaş mostra poi i cadaveri coperti di alcune persone annegate in mare proprio dove Hay e i suoi amici stavano facendo il bagno, infine, in una escalation (vabbè...) di tensione, all’interno di un cantiere sembra che possa accadere il peggio da un momento all’altro (l’apparizione conclusiva dell’uccello è da grosso punto interrogativo). Nel mezzo si alternano parentesi di semi-quotidianità che non ho trovato granché funzionali alla prospettiva luttuosa, un leggero tedio nell’osservare una battuta di pesca o l’abbattimento di un albero non sono compensati dai possibili agganci concettuali, è vero che Dead Horse Nebula non è un film che si affida alla letteralità, ma l’operazione che compie nell’area del reale non è tanto efficace quanto lo sono miriadi di esemplari che popolano la scena contemporanea, meglio non infierire inoltre sulla forzata sequenza del fiume che vorrebbe scombinare i piani temporali. Ad oggi l’unica voce che vale la pena seguire in Turchia (chiaramente tenendo conto dei miei limiti conoscitivi) è Gürcan Keltek, altrimenti l’emulazione imperversa.
giovedì 1 giugno 2023
Unbuilt Light
Non so se si possa dire che l’ombra lunga di Lanthimos si sia protesa anche sul cineasta sotto esame, gli approcci alla materia cinema sono parecchio diversi però condividendo la medesima patria d’appartenenza un pensierino lo si fa. Efthimis non è asettico e glaciale come il collega Yorgos, ciò non toglie che anche lui sia molto attento all’aspetto formale. Che sappia girare lo avevamo capito da subito, in Unbuilt Light l’apparato estetico è di livello piuttosto elevato e si coniuga bene con una pista sonora che è ancora meglio, l’uso di un audio a tratti dislocato a tratti in sovrapposizione alle immagini mute, appare per chi scrive la scommessa migliore (perché vinta) da parte del greco-tedesco. Eppure qualcosa non torna, è come se ci fosse una leggera patina che lucida l’involucro, è una proposta perfettina, misurata, trattenuta nell’impronta che gli si è voluta dare, spero mi si passi l’espressione “infighettamento autoriale” per rendere l’idea, senza offesa al regista, ognuno può scegliere la propria linea, ed esattamente per questa ragione non ho trovato molta congruenza nell’inserimento di filmati amatoriali che fungono, forse, da memoria visiva per il vecchio, gli stralci non si amalgamano troppo bene con il resto (e si badi che io sono il fan numero uno di assemblaggi del genere), e poi il finale, sì ok, ha una serie di perché e percome, la risata continua, il tragitto in auto, la sparizione tra le fronde, la luce pulsante (del titolo?) nascosta dietro al tronco... boh, non mi ha colpito così tanto, la tecnica da sola a volte non basta.