Il deserto, una roulotte, una giovane donna che aspetta, un anziano che, claudicante, arriva.
Punta tutto sull’atmosfera il cortometraggio d’esordio di Efthimis Kosemund Sanidis, regista diviso a metà: un po’ tedesco un po’ greco, un po’ ingegnere informatico e un po’ artista (ha frequentato in Francia il centro multidisciplinare Le Fresnoy), e se lo può permettere perché II (2014) si sostanzia in un luogo-non-luogo per eccellenza come può essere una zona desertica: orizzonte sterminato, vento che soffia, non sappiamo dove siamo né, ad esclusione dell’unica linea di dialogo che ci suggerisce un micro appiglio interpretativo, che cosa stia precisamente per accadere. E tale indeterminatezza non si può non avvalorare perché fa presto a trasformarsi in suggestione, il che è indubbiamente più intrigante rispetto a quella letteralità di un cinema prostrato alla tirannia del racconto.
Kosemund Sanidis si avvale di un impianto contemplativo per mostrarci un incontro tra due persone (saranno le due I del titolo?), di chiarezza ve ne è pochissima: perché l’accompagnatore dello sposo dice che il di lì a poco marito la sta aspettando di sotto quando non può esserci un “sotto” nel deserto? E poi il vecchio è sempre seduto al tavolino, non si è mosso, siamo sicuri che sia lui il consorte designato? E la schiena presumibilmente femminile che apre e chiude il film a chi appartiene? Ovvio che non ci siano risposte per queste domande ed il bello, se accettate che la bellezza assuma la forma di un punto interrogativo, sta proprio nell’opportunità che si ha di esplorare un piccolo enigma che non tocca nemmeno i quindici minuti di durata. Non so ancora cosa Kosemund Sanidis avrà combinato in futuro (oltre ad altri corti ho letto di commercial per importanti brand mondiali), ma l’inizio lascia intravedere del potenziale.
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