domenica 10 ottobre 2021

Venus

Prendi una dozzina di donne danesi e mettile di fronte ad una videocamera chiedendo loro di parlare della sessualità a trecentosessanta gradi, l’intento sarebbe quello di fare un casting per un film che tratta l’argomento delle interviste, solo che, tutto ad un tratto, le due registe dietro al progetto, Mette Carla Albrechtsen e Lea Glob (quest’ultima già intercettata in passato per la co-direzione di Olmo e il gabbiano, 2015), si rendono conto di come le audizioni che stanno effettuando siano esse stesse un film, Venus (2016), appunto. Perciò abbiamo un’opera che, con camera fissa sulle protagoniste e le domande fuori campo di Albrechtsen e Glob, è concentrata esclusivamente sulle ragazze che si avvicendano sopra lo sgabello, storicamente penso che di operazioni equivalenti ne sia strapieno il cinema, ricordo ad esempio il nostro Silvano Agosti che con D’amore si vive (1984) aveva affrontato temi avvicinabili con modalità similari, certo è che chiaramente i tempi cambiano rapidamente e nella nostra società in cui non si riesce mai a dare il giusto spazio alle quote rosa (l’inutilità di questo blog è una cartina tornasole: quanti registi uomini e quante registe donne ci sono in archivio? A naso direi che c’è una netta preponderanza dei primi sulle seconde), ben vengano approfondimenti che danno voce a chi la merita, soprattutto nell’area sessuale che nel pensiero comune sembra più una prerogativa del maschio lasciando la femmina nelle retrovie. Ovviamente tutti sappiamo che non c’è differenza di genere in fatto di desiderio, eccitazione, trasgressione ma anche paura, timidezza, insicurezza quando si parla di sesso, Venus non fa altro che ricordarcelo.

Certo è che qua non siamo nel Dipartimento delle pari opportunità, e se vogliamo fornire un’opinione focalizzata sul film è inevitabile affermare quanto non ci sia francamente niente di imprevedibile, le testimonianze sono largamente pronosticabili per cui è difficile stupirci se una donna dice di aver avuto nella sua vita pochissimi uomini o se un’altra invece afferma di averne collezionati a iosa, non c’è poi particolare sconcerto nel sentir conversare di masturbazione o fantasie erotiche né di orgasmi o scappatelle omosessuali, il fatto è che ritengo sia arduo discorrere davvero della propria intimità al cospetto di esimi sconosciuti perché spesso è complicato farlo perfino con se stessi, e quindi ciò che ne risulta è una sequela un po’ superficiale di aneddoti, pensieri, confessioni e via così per circa un’ora e venti. Brave le due registe ad accendere l’attenzione sulla galassia muliebre (e poco importa se siamo a Copenaghen, è plausibile che in ogni altro luogo dell’occidente avremmo sentito le medesime parole), meno brave nell’espletazione del compito filmico con ulteriore nota di demerito per l’inizio con il posticcio dialogo epistolare e per la fine con il “mettersi a nudo” delle ragazze, ambedue le situazioni ricreate risultano scolastiche e non necessarie.

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