venerdì 29 ottobre 2021

Où en êtes-vous, João Pedro Rodrigues?

Où en êtes-vous, João Pedro Rodrigues? (2017) si genera da una domanda a sua volta scaturita da una richiesta, quella del Centre Pompidou che nel 2016 dedicò a Rodrigues una personale retrospettiva, ed il quesito che alberga nel titolo è l’innesco del cortometraggio: dove sei João? Superato il mezzo secolo di vita per l’autore portoghese, semplicemente uno dei migliori autori in circolazione, sembra essere arrivato il momento di fare un piccolo bilancio artistico-esistenziale e per mettere in pratica questa necessità viene posta subito una condizione che sta alla base di tutto il cinema del lusitano, è una questione di corpi, maschili, di pelle e di muscoli, di peni e scroti, per cui non stupisce il fatto che il film si apra sul sesso di Rodrigues perché lui, e il riflesso che appare e scompare nel vetro su una grana visiva che pare quasi da vecchia pellicola, è un’emanazione della sua arte, uno dei tanti ectoplasmi carnali che la popolano. L’impostazione dell’opera guarda ad un passato che collima con il trascorso umano e professionale di JPR, però il flusso così costruito non si dà, per fortuna, in maniera agevole perché è reso accidentato da un ingrediente para-narrativo costituito da dei brani di Thoreau e Hawthorne e da uno simil-documentaristico che riprenderebbe la migrazione di alcune farfalle dagli Stati Uniti al Messico (ma codesta informazione nel film non c’è, la si legge solo nelle pigre sinossi in Rete). L’unione dei vari elementi ci restituisce il Rodrigues più riflessivo di sempre (e l’immagine del sé stesso allo specchio risulta esemplare), ed è un atteggiamento che potremmo addirittura definire inaspettato ma che vista la cornice culturale in cui il film è sorto e visti gli anni di carriera ormai accumulati non stona affatto.

La carrellata autobiografica non è tale, nel senso: non vi è la benché minima intenzione a celebrare qua (ci mancherebbe, sarebbe stato strano il contrario), piuttosto abbiamo a che fare con brandelli del curriculum rodriguesiano, sicuramente molti avranno colto le pitture che poi campeggeranno sulla locandina di The Ornithologist (2016), mentre molti meno i colibrì e le farfalle meccaniche di Mahjong (2013) - (ci sarà mica da ragionare sul parallelo con le colleghe monarca che viaggiano da un Paese all’altro? E poi: vita-morte, natura-finzione, essenza-trasformazione, andranno considerati accoppiamenti del genere per un’indagine approfondita di Où en êtes-vous? Probabilmente: sì) -, in generale la commistione tra gli stralci presi direttamente dall’archivio casalingo (la prima visita a Venezia per Parabéns! [1997] e la seconda per Il fantasma [2000]), il dietro le quinte notturno di To Die Like a Man (2009) oltre alle continue citazioni all’amico-collaboratore João Rui Guerra da Mata, puntellano un bel percorso di memorie che, per gli ammiratori del regista che lo hanno accompagnato nelle ultime decadi, diventeranno anche un po’ le loro.

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