Film dopo film João
Pedro Rodrigues si è confermato uno dei registi più
interessanti dell’attuale panorama autoriale mondiale oltre che,
restringendo il campo, uno dei migliori, fra tanti altri fuoriclasse,
del cinema portoghese, una vera e propria culla di talenti che,
guardando in casa nostra, ci sogniamo di avere. Dati alla mano erano
sette anni che Rodrigues non dirigeva un film da solo in quanto, come
ben saprete, nell’ultimo lustro il suo sodalizio con João
Rui Guerra da Mata (comunque presente anche qui nelle vesti di art
director) lo ha portato a creare un curioso ponte cinematografico fra
l’Europa e la Cina, un collegamento che si attua anche ne O
Ornitólogo (2016) ma solo in un breve inserto perché
all’interno del film presentato a Locarno c’è ben di più
e se vogliamo provare ad analizzare la sua forma, la sua parte più
esterna e teoricamente più ricevibile siamo già
disorientati: The Ornithologist inizia come un documentario
naturalistico con tratti di finzione (le soggettive dei binocoli) ma
nel giro di qualche fotogramma inizia a cambiare pelle e il suo
essere camaleontico, tra la mutazione e la mimesi, diventa il
manifesto programmatico non solo dell’opera in questione ma forse
anche di tutta una carriera. Quello che accade lo si lascia alla
visione, si sappia, comunque, che Rodrigues sfiora il mainstream di
Un tranquillo weekend di paura
(1972) e alla lontana le inquietudini di The Blair Witch
Project (1999) facendo poi assurgere
il tutto in una dimensione quasi dumontiana senza però che si
realizzi completamente il processo di trascendenza, sostiamo in una
suadente zona ibrida tra la terra (dove sta Fernando) ed il cielo
(dove stanno gli uccelli).
Questo dualismo tra
qualcosa di oltre e qualcosa di concreto è una costante che si
perpetua assiduamente all’interno della pellicola e che ci porta
nel suo cuore pulsante: la più originale agiografia che sia
mai stata fatta su Sant’Antonio di Padova e probabilmente su
qualunque altro Santo del calendario. La biografia del religioso
dialoga comunque apertamente col cinema misterico e corporale di
Rodrigues tanto che all’interno di O Ornitólogo
vivono dei cortocircuiti ammalianti in cui si mette in atto
l’antitesi terra/cielo sopraccitata e quindi ecco che il sacro ed
il profano si palesano in quanto è vero che il macro-tema
della religione è progressivamente sempre più presente
nel film, ma è altrettanto insindacabile che Rodrigues si fa
sberleffo dell’intoccabile e allora, per esempio, quando Fernando
viene rapito dalle integraliste cattoliche cinesi il modo in cui è
legato ricorda un po’ il San Sebastiano del Mantegna ma anche un
tizio impegnato in una qualche pratica bondage [1], oppure, nella
parte che meglio esemplifica tale discorso, l’incontro fisico che
diventa scontro letale tra l’ornitologo ed il pastore Jesus, e la
contrapposta scena con il fratello gemello Thomas, sono momenti che
sublimano tra la carnalità e la spiritualità. Il
percorso di Fernando punteggiato dagli eventi appena menzionati e da
altri ancora di cui si lascia il piacere della scoperta allo
spettatore, è un percorso iniziatico (con le cinesi Fernando,
ancora uomo di scienza, nega l’esistenza di Dio, successivamente si
metterà a parlare con i pesci come un profeta), un viaggio
mistico che comporta una trasformazione [2], anzi, una
trasfigurazione totale (dalle impronte digitali cancellate, magari
una citazione di Qu’ils reposent en révolte (Des figuresde guerre) [2010]? Fino all’apoteosi della metamorfosi con
l’avvicendamento tra l’attore Paul Hamy/Fernando e
Rodrigues/António) che approda nel soprannaturale
(Fernando/António muore e risorge due volte nello spazio di un
quarto d’ora) senza però perdere i gradi della finzione
(basta guardare l’ultimo atto al chiaro di luna e la sua
impostazione teatrale con fumi rossi a fare da sfondo).
Quindi, dopo The Last Time I Saw Macao (2012), il lungometraggio precedente, così
diverso ma, per merito della stessa filigrana autoriale che lo cuce,
così simile a O Ornitólogo, João Pedro
Rodrigues continua ad essere una voce parecchio rispettabile per
provare a capire quale sia la direzione che il buon cinema d’essai
sta prendendo in questi anni iper-veloci (e una base di partenza
imprescindibile sembra essere la commistione dei generi, aspetto su
cui il regista di Lisbona ha spinto molto nel corso della carriera),
e se vi chiedete quali benefici può portare l’assistere ad un weird-biopic su Sant’Antonio [3], la risposta è sita nel
film stesso e nella sempre valida regoletta per cui non è
affatto importante il cosa si racconta ma il come, e Rodrigues in
quest’ottica è una garanzia.
_________________________
[1] C’era un
precedente: la tuta in latex nero de Il fantasma (2000).
[2] Eccone un altro: To Die Like a Man (2009)
[3] Ce ne sarebbe anche
un terzo che però il sottoscritto non è ancora riuscito
a vedere: Manhã de Santo António (2012)
Sono riuscito a reperire il film in portoghese, ma devo lamentare l'esistenza di un qualunque tipo di sottotitolo in italiano o inglese. Sai se è possibile reperirli da qualche parte?
RispondiEliminahttp://www.opensubtitles.org/en/subtitles/6827617/o-ornitologo-en
RispondiEliminaDovrebbero essere funzionanti