Dopo la comparsa del titolo sullo schermo, la pellicola abbandona l’impostazione di riferimento per costeggiare le ibride zone della docufiction. Da qui l’incidere si fa estemporaneo, in pratica non si dà più peso alla progressività degli eventi ma si porta avanti la causa esistenziale di Hay per mezzo di timidi segnali che richiamano la vicenda mortuaria dell’infanzia. Il la è dato dal maldestro tentativo di uccidere una pecora che provocherà una ferita alla coscia, emissione di sangue = emissione di viscere, sicché dal nulla Aktaş mostra poi i cadaveri coperti di alcune persone annegate in mare proprio dove Hay e i suoi amici stavano facendo il bagno, infine, in una escalation (vabbè...) di tensione, all’interno di un cantiere sembra che possa accadere il peggio da un momento all’altro (l’apparizione conclusiva dell’uccello è da grosso punto interrogativo). Nel mezzo si alternano parentesi di semi-quotidianità che non ho trovato granché funzionali alla prospettiva luttuosa, un leggero tedio nell’osservare una battuta di pesca o l’abbattimento di un albero non sono compensati dai possibili agganci concettuali, è vero che Dead Horse Nebula non è un film che si affida alla letteralità, ma l’operazione che compie nell’area del reale non è tanto efficace quanto lo sono miriadi di esemplari che popolano la scena contemporanea, meglio non infierire inoltre sulla forzata sequenza del fiume che vorrebbe scombinare i piani temporali. Ad oggi l’unica voce che vale la pena seguire in Turchia (chiaramente tenendo conto dei miei limiti conoscitivi) è Gürcan Keltek, altrimenti l’emulazione imperversa.
La donna esplosiva – John Hughes
1 ora fa
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