Senza esagerare in elucubrazioni tramiche che tanto non ce n’è bisogno, ciò che funziona del second half è lo scollamento quasi totale con il blocco iniziale, ma è quel “quasi” che fa la differenza: c’è un’ellissi che disorienta, nel lasso di tempo intercorso, non breve a giudicare dalla capigliatura del protagonista, accadono fatti a noi tenuti nascosti, S (per entrambe le pellicole di Slim le schede sui vari siti indicano con una sola lettera i nomi dei suoi personaggi) acquisisce una consapevolezza differente, lui stesso sembra una persona diversa, per di più parecchio somigliante all’eremita di TloU al punto di farmi pensare ad un’ipotetica connessione interfilmica, sia quel che sia, con l’apparizione del nuovo S, una sorta di sciamano boschivo, anche il film prende una traiettoria decisamente, ma decisamente, sovrannaturale. Qualche dettaglio l’avrei rifinito meglio (l’illustrazione dell’infelicità esistenziale della donna è un po’ scolastica; il serpentone in CGI è da rivedere, al pari del neonato che non mi è parso un bimbo in carne e ossa), per il resto lo sviluppo che la narrazione ha sa catturare l’attenzione, tuffandosi in una dimensione astratta Tlamess si affranca dalle costrizioni del racconto e inizia a folleggiare come più gli garba. Forse nella parabola umana che viene a modellarsi ci sono dei rimandi religiosi, se non addirittura dei veri e propri simboli (il rettile tentatore) che hanno degli echi – ora esagero – biblici. In generale l’allestimento di questo strambo rapporto uomo-donna, gestito per mezzo dell’eccellente escamotage della telepatia ottica, regge anche in raffronto al contesto ambientale circostante di cui si avverte la presenza tra la schiuma del mare ed il muschio del bosco.
Le conclusioni ordunque non divergono troppo da quelle del lungometraggio d’esordio. Slim è indubbiamente uno da appuntarsi nella propria lista, con il lavoro sotto esame conferma e rafforza la sua posizione di filmmaker con idee e voglia di sorprendere. Quello che il sottoscritto gli imputa è: l’aver ricalcato in modo marcato le modalità espositive del debutto, e l’appoggiarsi ancora un po’ troppo al registro finzionale e alle implicazioni che ne conseguono, se si riducesse tale vena artificiosa allora le cose diventerebbero assai intriganti, e, dati i presupposti, nulla vieta che possa accadere, il che ci farebbe posizionare in primissima fila pronti a goderci le trovate del tunisino.
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