venerdì 3 novembre 2023

If ou le rouge perdu

Criptico cortometraggio animato diretto da una regista canadese di nome Marie-Hélène Turcotte, If ou le rouge perdu (2016) ruota su un perno che potremmo definire in prima battuta venatorio, lillustrazione in movimento riguarda infatti quello che sembra un episodio di caccia ai danni di un uccello (nelle descrizioni in Rete viene individuato come un fagiano), ma le situazioni che si generano sullo schermo suggerirebbero uno sfondamento della banale immagine di una donna armata di fucile che insegue un volatile, si subodora dellaltro che attinge a quello che forse è il passato della cacciatrice o magari, in unottica più ampia, un passato universale. Il titolo inglese potrebbe aiutare: Red of the Yew Tree, in italiano lo “yew tree” è il tasso, una conifera dalle caratteristiche escrescenze rosse molto velenose che Wikipedia ci dice essere conosciuta anche come “albero della morte”. Ecco, una sensazione che esce fuori dal film possiede uno spessore funebre, non si sa come né perché ma rimane abbastanza impressa la cifra mortuaria che la Turcotte ha inserito nel suo lavoro, e non che vi siano chissà quali lugubri manifestazioni, però labbraccio che unisce i due esseri viventi del corto pare il medesimo tanto che, ma questa è uninterpretazione del tutto personale, ho visto una sovrapposizione tra la ragazza e il fagiano, un destino comune, una fusione nel rosso-sangue simbolizzata dalle bacche della pianta.

Dal punto di vista tecnico If ou le rouge perdu è gradevole senza tuttavia rendersi memorabile. Lo sfondo bianco fa da cornice nella quale germogliano in rapida successione brevi bozzetti in punta di matita, a parte i significativi rimandi vermigli non ci sono altri colori, i tratti sono essenziali, il minimalismo domina lestetica dellopera, di contro lapparato sonoro mirato ad esacerbare quanto accade in video “riempie” limpianto basic della forma, in altre parole pur non vedendo effettivamente un bosco o un ruscello li sentiamo il che equivale a vederli, ma in un altro modo. Piuttosto, se devo avanzare una perplessità verso l'impegno della Turcotte (e per lennesima volta sottolineo che per noi è facile giudicare senza sapere realmente cosa vuol dire operare nel campo dellanimazione), lo faccio rimarcando una fluidità non sempre al top, in alcuni frangenti ho ravvisato delle movenze un po vischiose, carenza che in maniera similare riscontrai in produzioni che bazzicavano territori simili (ricordo il russo Petrov o, mamma mia, il giapponese Ujicha), anche se qua leffetto rallenti è meno vistoso e quindi si giunge alla fine con moderata scioltezza.

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