Per impostazione e contesto ispanico viene quasi automatico pensare a En construcción (2001), ci sono evidenti differenze, geografiche: Barcellona, e pratiche: perché l’opera di Guerín, come da nome, aveva l’intenzione di esporre un processo di edificazione urbano andando poi a captare qualche affluente esistenziale che passava di lì, quella di Moreno, viceversa, si concentra su una destrucción, su uno smantellamento riprendendone, seppur in maniera non accuratissima, i diversi passaggi che portano i detriti fino alla discarica. Però la radice dei due lungometraggi è proprio similare, si tratta in entrambi i casi di porre il cinema in un cantiere e di far sì che arrivi allo spettatore una realtà scevra di inutili filtri. Rispetto al successivo La ciudad oculta, Edificio España è un oggetto decisamente più grezzo, e su questo credo non ci siano dubbi, lo si apprende dalle protratte sequenze con camera a mano traballante, da certi tagli un po’ repentini, dalla scelta di affidarsi solo alle luci naturali e soprattutto dalla mancanza di una matrice estetica davvero incisiva. Però, pur mancando di “bellezza”, il film include e dirama una genuinità da non disprezzare, nella rassegna di esseri umani che orbitano intorno all’edificio, nella maggior parte dei casi muratori, addetti alla sicurezza e tecnici vari, c’è spazio anche per narrazioni che esulano dall’illustrazione: c’è la storia di un fantasma e quella di un’intera vita passata in un appartamento. Non una proiezione trascendentale ma vedere queste laboriose cellule con caschetto intente a rivitalizzare un gigantesco corpo morto fatto di cemento armato, non è, come si abusa dire, così male.
domenica 5 novembre 2023
Edificio España
Nonostante le visioni a
firma di Víctor Moreno siano state, ad oggi, soltanto due, riesco a
rintracciare una continuità tra di esse, un collegamento tanto
semplice quanto efficace: se The Hidden City (2018) si
occupava di mostrarci cosa si cela nel sottosuolo di Madrid, Edificio
España (2014) fa l’esatto
contrario, ovvero si interessa a ciò che sta sopra, a ciò che è
ben visibile da chiunque nella capitale spagnola. Il regista ha un
obiettivo preciso, un grattacielo che si chiamava proprio come il
titolo del film ubicato di fronte a Plaza de España e costruito sul
finire degli anni ’40 a manifesto del potere franchista. Moreno
arriva con la sua videocamera nel 2007 all’interno del palazzo a
seguito dell’acquisto da parte del Banco Santander che all’epoca
aveva deciso di reinvestire sull’Edificio compiendo un’imponente
ristrutturazione interna in modo da trasformarlo in un hotel. Il
documentario si ferma qua, nel senso che coglie il momento di
transizione tra passato e un ipotetico futuro, ma la storia,
consultabile in Rete, dirà poi che il progetto pensato dal potente
istituto di credito naufragherà nel 2010 lasciando i lavori di
rifacimento in completo abbandono, solo nel 2014, con l’ingresso di
un gruppo cinese, la si tuazione sembrò vicina a sbloccarsi ma nei
fatti si dovette attendere il 2017 con un ulteriore passaggio di
proprietà al Baraka Group affinché si potesse dare nuovo lustro al
prestigioso immobile. Solo nel 2019 l’hotel quattro stelle Riu
Plaza España ha finalmente aperto i battenti, della sua lunga e
travagliata vicenda Edificio España
diventa allora una piccola e, perché no, anche preziosa,
testimonianza visiva
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