Il fatto che sul sito ufficiale di Yorgos Zois (
link)
Party Animal (2018) non venga
neanche nominato è abbastanza comprensibile, parliamo di un
cortometraggio che fa parte della campagna europea #EUandme lanciata
nel maggio 2018 per sensibilizzare i giovani sulle opportunità
che il Vecchio Continente offre loro attraverso lo sviluppo di
passioni, talenti e sogni, tutte cose sulla carta molto belle che
però nella pratica lasciano qualche dubbio, ma vabbè, forse è
l’invidia nell’aver abbandonato la categoria anagrafica di
riferimento del progetto a far brontolare il sottoscritto. Ad ogni
modo non ci vorranno grandi sforzi esegetici per capire di quanto in
questo film ci sia poco di autoriale e tutto di marketing, il che è
legittimo, basta accettare la cosa per quello che è: una bazzecola
pubblicitaria (dove anche Jaco Van Dormael ha dato il suo contributo
con
The Shape, 2019), una commissione svolta da Zois in maniera dignitosa ma anche un pelo impersonale, infatti, sempre ammesso che
abbia senso fare della filologia in situazioni del genere, non si
direbbe in nessun frangente che trattasi di opera firmata dal regista
greco, di assonanze con il coevo
Third Kind (2018) o con gli altri
titoli più vecchi io non ne ho ravvisate.
Al massimo l’inizio nel
club psichedelico con la musica che spinge (la musica è la vera
protagonista della storia) potrebbe riportare alle atmosfere di
Damned Summer (2017), anche se forse è solo la ravvicinata
visione a farmelo associare, per il resto Zois piazza sullo schermo
Alex, un giovane ragazzo come tanti altri (praticamente i medesimi a
cui il corto si rivolge), che sta lasciando un’età complicata per
entrarne in un’altra non meno difficile: l’adultità, e per
sottolineare il passaggio esistenziale si utilizza il lavoro, un
lavoro grigio e noioso che cozza con l’esplosione di suoni e corpi
del locale, un lavoro come grimaldello per aprire un varco nei significati: anche da una
fase di svantaggio personale si possono trarre dei benefici e
l’Europa è lì pronta a sostenerti. Buffo che mentre scrivo queste
righe (luglio 2020) i leader dei vari Paesi si trovino a Bruxelles nella disperata ricerca di trovare una quadra che non faccia finire
noi poveri staterelli mediterranei a gambe all’aria, le tempistiche
e i casuali incontri che si fanno a volte con il cinema (seppur
questo, chiaramente, non sia cinema) hanno una puntualità quasi
diabolica.
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