Per caso
siete interessati a conoscere le modalità con cui dei ricchi
signorotti finlandesi passano il loro tempo libero nel bel mezzo
delle campagne locali insieme a dei fidati cani cacciando fagiani e
altre tipologie di uccelli? So che chiaramente
ognuno di voi è fortemente appassionato da tematiche così
importanti legate al bene dell’umanità tutta, quello che mi sento
di dirvi è però di non farvi prendere dalla foga, fate con calma,
intanto Eleganssi
(2016) sta lì, non scappa, vi aspetta con il suo focus su questi
abbienti personaggi che vestiti come lord britannici razzolano sui
prati scandinavi imbracciando fucili e tenendo sulla corda i
formidabili segugi che si portano appresso, ascoltateli poi
discettare del più e del meno gongolandosi di un passato gagliardo
nei giardini di Düsseldorf, decidete quindi di seguirli
durante gli appostamenti, le attese, carpendo la sottile tensione che
anticipa una schioppettata e l’eco che si propaga subito dopo,
osservateli nelle raffinate magioni mentre ricordano a memoria il
pedigree dei setter e dei pointer che li servono, intrufolatevi in
cucina durante la preparazione della cacciagione e infine sedetevi al
tavolo dell’esclusivo club di gentlemen sorseggiando un pregiato
Bordeaux in compagnia di uno stimato editore, un dirigente d’azienda
e altri soggetti dalla posizione sociale rispettabile. Sento che non
state più nella pelle, che il vostro hype è salito in orbita e che,
già senza averlo, sapete che questo cortometraggio diventerà uno
dei film del vostro cuore...
… a parte
l’ironia da quattro soldi di cui sopra, è difficile trovare il
target di pubblico a cui è diretto un lavoro come Eleganssi,
davvero, a meno che non siate dei cacciatori (anche se, in fondo, la
caccia in sé è un argomento marginale) o degli studiosi di sociologia finnica (materia che ho inventato
or ora), rischiereste di buttare al vento una mezz’ora di
esistenza, se invece siete semplicemente dei cinefili sempre alla
ricerca di rarità, be’, non è che la musica cambi su questo
versante, sempre di inessenzialità parliamo. La regista Virpi
Suutari fa un po’ suo l’attributo del titolo perché eleganti non
sono solo gli uomini in scena ma anche il quadro visivo generale che
nelle riprese interne si trasforma quasi in un set fotografico di
Vogue. La cura dietro il progetto c’è, e ciò si consolida nella
volutamente mancata trattazione dell’arte venatoria che, di fatto,
non viene mai esplicitata, non è mai, se così si può dire, presa
di petto (mi aspettavo di ritrovarmi in un Safari
[2016] in salsa nordica, mi aspettavo male), le prede sono appena
appena mostrate in video, l’atto di sparare, di uccidere (per
gioco/noia/passatempo), non è preso in particolare considerazione,
piuttosto Suutari si concentra sui cani, probabilmente i veri
protagonisti del film, tanto da dedicare a loro degli alberi
genealogici sovrimpressi sullo schermo. Poi ci sono anche le persone,
i cacciatori, per i quali è plausibile che la regista abbia pensato
un ritratto che disattendesse le aspettative, chi pensava di trovarsi
davanti degli invasati deve invece fare i conti con tizi facoltosi
che come hobby sparano agli uccelli, contenti loro vien da dire, meno
contenti noi che eravamo a caccia soltanto di un buon esemplare
cinematografico e invece la nostra mira non si è rivelata delle migliori.
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