Non
sono esattamente sul pezzo in fatto di cinema greco recente per cui
non so dire con accuratezza se tutti i discepoli di Lanthimos hanno,
nel corso degli ultimi tempi, seguito le sue orme, in altre parole
non so se anche loro hanno tentato o stanno tentando di sondare
strade alternative a quelle tracciate dalla nouvelle vague ellenica,
di sicuro, però, ce n’è uno di questi allievi che non ha cambiato
registro preferendo anzi rincarare la dose. Ebbene sì, Babis
Makridis ha fatto un film che è la quintessenza del nuovo, e ormai
vecchio perché ha già dieci anni, cinema greco inaugurato dal duo
Lanthimos-Tsangari. Prova inconfutabile dell’appartenenza di Oiktos
(2018) alla scuderia appena citata è la presenza di Efthymis
Filippou nelle vesti di sceneggiatore, la Penna che ha delineato i
contorni e la sostanza di tutte le principali opere provenienti dalla
Grecia negli ultimi due lustri. Dal canto suo, il regista Makridis,
qui solo al secondo film, ne veniva da L
(2012), un debutto piuttosto opaco se contestualizzato all’epoca
dell’uscita (piena new wave) e, ancor prima, da un insulso
cortometraggio intitolato The Last Fakir (2005).
Miserere,
osservando lo striminzito curriculum, appare già come un lavoro di
crescita dove abbiamo un’idea che viene sviluppata e proposta allo
spettatore attraverso le peculiari e ben conosciute modalità.
Appunto, il metodo: se analizziamo il film nell’ottica del piccolo
recinto in cui razzola insieme ai suoi simili, mi sembra che possa
considerarsi un oggetto impeccabile, c’è praticamente tutto ciò
che ci si aspettava: un macro-tema (il sfaccettato concetto di
compassione) e l’annesso discernimento per vie allegoriche,
recitazione autistico-robotica che aliena gli interpreti in scena
rendendoli avulsi nel contesto in cui vivono e un’immancabile picco
parossistico pronto a simboleggiare l’acme teorico dei significati
ricercati. Nulla da dire dunque, così inquadrato Miserere
non
presta il fianco ad ulteriori critiche e potremmo andare a mangiarci
una fresca horiatiki
sull’isola di Kos con il culo a mollo.
Invece
no perché il culo è piantato su una sedia dell’Ikea e fuori un
freddo gennaio mi spinge a prelevare Oiktos
dalla sua cerchia di amichetti ed esaminarlo per quello che è,
ovvero un film
del 2018 che viene dal Vecchio Continente. Ordunque, la
considerazione fondamentale che sento di esprimere riguarda la
grammatica del film, tutto quell’insieme di accorgimenti che in
dieci anni di carriera non è cambiato di una virgola e che,
onestamente, non può nuovamente essere riproposta senza la minima
innovazione. L’assenza di un’evoluzione è un atto che a Makridis
non riesco minimamente a perdonare, visto che, a mio avviso, la
corrente greca non è riuscita a guadagnarsi gli effettivi gradi di
canone autoriale, riproporre ancora una volta uno schema pressoché
usurato sa molto di occasione persa, e se ad un’auspicata
progressione risponde al contrario una stagnazione metodologica non
si può rimanere appagati a fine visione. Perché è sempre una
questione di metodo (ri-appunto) e nient’altro, ad esempio la scelta effettuata
da Makridis & Filippou di affrontare la complessa faccenda della
commiserazione è davvero interessante, c’era, eccome, del
potenziale che poteva aprire dibattiti sul vittimismo e sui
meccanismi psicologici autoindotti dalle persone per provare ad avere
dei riscontri emozionali nell’altro. E tali dibattiti si saranno
anche aperti, non lo metto in dubbio, ma il dispiegarsi per mezzo
della famigerata codifica lanthimosiana rende l’intero processo
molto meno ficcante di quanto sarebbe potuto essere. Si standardizza
pur non aderendo ad uno standard comune, tuttavia sempre di un
percorso uniformante si tratta per cui diventa normale
che il padre arrivi a compiere i gesti efferati del sanguinoso
finale. L’esito maggiormente preoccupante dell’intero discorso è
che l’eccezionalità di Dogtooth (2009) si
è via via esaurita lasciando residui sempre più fiochi nei suoi
successivi epigoni, tanto da farmi giungere a codesta conclusione: signore e signori, il Cinema ritengo sia un’altra
cosa.
Nessun commento:
Posta un commento