
Era un
matrimonio che si doveva fare quello tra João Nicolau e una precisa
stagione della vita: l’infanzia. I motivi sono ovvi ma giusto per
rimpinguare un po’ il commento vale la pena rimarcarli: se c’è
un’età dove la fantasia galoppa selvaggia quella è proprio la
fanciullezza, e se c’è un cinema che ama dare asilo a slanci
immaginifici la visione del portoghese è un porto più che sicuro, e
quindi Nicolau pone
Gambozinos (2013) in uno scenario
perfetto, un centro estivo a ridosso di un bosco, qui il giovane
protagonista sperimenta in forma laboratoriale le magagne
dell’adultità, dalle sofferenze amorose (che si svilupperanno nel
successivo
John From, 2015)
al rapporto con i ragazzi più grandi. In pratica il corto inscena la
contrapposizione tra le due fazioni del campus, bambini (i Trolls)
versus adolescenti (gli Exterminadores), nel mezzo Nicolau piazza la
sua zampata con le fattezze di una sorta di Bigfoot che si aggira tra
le frasche (e non solo) dei dintorni. La questione, sottile, si
gioca sulla possibilità che la creatura sia una proiezione mentale
del personaggio principale (notare il gioco di inquadrature quando
Tania impila le pigne sotto l’albero, stacco sul volto del
ragazzetto, e poi di nuovo l’albero con la mano pelosa che arraffa
una pigna), verremo (credo) smentiti in seguito, ma l’arte di
Nicolau, anche in un episodio minore, rimane un territorio aperto
alle infiltrazioni del fantastico.
Certo
non accade molto in Gambozinos,
dopo un incipit che mostra subito di che pasta è fatto il mistero
nonché la sua docilità (un articolo spagnolo [link] paragona il
preambolo boschivo alle sortite di Weerasethakul, be’, perché
no?), nel film bisogna carpire i dettagli, ad esempio i sentimenti
del bimbo vengono suggeriti con il passaggio di una cartella vincente
del Bingo all’amata compagna di classe, oppure, per sottolineare il
discendere nella diegesi di una polvere onirica, delle candele
possono accendersi da sole. In alcuni frangenti Nicolau non è molto
leggibile, si veda la preghiera a Marsupilami, un cartone animato di
qualche anno fa, i gargarismi collettivi in aula o l’immagine del
Nostro con un sacchetto di plastica tra le piante. Ad ogni modo
Gambozinos mantiene
una direzione che va dritta nel protocollo favolistico perché l’eroe
primeggia sul nemico (… con valevole aiuto) e conquista la bella
sotto una palla stroboscopica in un vissero felici e contenti (anche
se la scena del ballo stride con l’idea di un happy end), forse, se
c’è da fare un appunto al regista, non è che la componente
inventiva dell’opera abbia un impatto tale da farci strabuzzare gli
occhi, resta comunque un prodotto gradevole che ben si incastra nella
corrente artistica a cui appartiene.
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