Certo non accade molto in Gambozinos, dopo un incipit che mostra subito di che pasta è fatto il mistero nonché la sua docilità (un articolo spagnolo [link] paragona il preambolo boschivo alle sortite di Weerasethakul, be’, perché no?), nel film bisogna carpire i dettagli, ad esempio i sentimenti del bimbo vengono suggeriti con il passaggio di una cartella vincente del Bingo all’amata compagna di classe, oppure, per sottolineare il discendere nella diegesi di una polvere onirica, delle candele possono accendersi da sole. In alcuni frangenti Nicolau non è molto leggibile, si veda la preghiera a Marsupilami, un cartone animato di qualche anno fa, i gargarismi collettivi in aula o l’immagine del Nostro con un sacchetto di plastica tra le piante. Ad ogni modo Gambozinos mantiene una direzione che va dritta nel protocollo favolistico perché l’eroe primeggia sul nemico (… con valevole aiuto) e conquista la bella sotto una palla stroboscopica in un vissero felici e contenti (anche se la scena del ballo stride con l’idea di un happy end), forse, se c’è da fare un appunto al regista, non è che la componente inventiva dell’opera abbia un impatto tale da farci strabuzzare gli occhi, resta comunque un prodotto gradevole che ben si incastra nella corrente artistica a cui appartiene.
domenica 1 novembre 2020
Gambozinos
Era un
matrimonio che si doveva fare quello tra João Nicolau e una precisa
stagione della vita: l’infanzia. I motivi sono ovvi ma giusto per
rimpinguare un po’ il commento vale la pena rimarcarli: se c’è
un’età dove la fantasia galoppa selvaggia quella è proprio la
fanciullezza, e se c’è un cinema che ama dare asilo a slanci
immaginifici la visione del portoghese è un porto più che sicuro, e
quindi Nicolau pone Gambozinos (2013) in uno scenario
perfetto, un centro estivo a ridosso di un bosco, qui il giovane
protagonista sperimenta in forma laboratoriale le magagne
dell’adultità, dalle sofferenze amorose (che si svilupperanno nel
successivo John From, 2015)
al rapporto con i ragazzi più grandi. In pratica il corto inscena la
contrapposizione tra le due fazioni del campus, bambini (i Trolls)
versus adolescenti (gli Exterminadores), nel mezzo Nicolau piazza la
sua zampata con le fattezze di una sorta di Bigfoot che si aggira tra
le frasche (e non solo) dei dintorni. La questione, sottile, si
gioca sulla possibilità che la creatura sia una proiezione mentale
del personaggio principale (notare il gioco di inquadrature quando
Tania impila le pigne sotto l’albero, stacco sul volto del
ragazzetto, e poi di nuovo l’albero con la mano pelosa che arraffa
una pigna), verremo (credo) smentiti in seguito, ma l’arte di
Nicolau, anche in un episodio minore, rimane un territorio aperto
alle infiltrazioni del fantastico.
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