sabato 7 novembre 2020

Le Saphir de Saint-Louis

Commissionato a José Luis Guerín direttamente dal Festival del cinema di La Rochelle, Le Saphir de Saint-Louis (2015) è una piccola seduta spiritica che, avvalendosi dell’unione tra la settima arte e la pittura, rievoca un episodio disperso nelle pieghe della Storia. Guerín scopre all’interno della cattedrale di La Rochelle un quadro (o meglio un ex-voto) firmato da un autore ignoto raffigurante la nave negriera Le Saphir, e il regista, attraverso una voce narrante in francese, ne ripercorre le perigliose vicende così riassumibili: l’imbarcazione partì nel 1739 da La Rochelle con un carico di sale da scambiare con degli schiavi sulla costa africana, dopodiché attraversò l’Atlantico verso Santo Domingo con l’idea di stipare dello zucchero da portare in Francia, ma nel bel mezzo dell’Oceano il bastimento andò incontro ad una bonaccia che lo bloccò nel nulla per centotrentasei giorni. Malattie, violenze, fame, disordini e morti si susseguirono in una spirale drammatica fino a quando, grazie ad un refolo Provvidenziale, fece ritorno nel porto di La Rochelle il 24 maggio 1741, due anni dopo la partenza, il bilancio finale disse di dieci deceduti tra l’equipaggio e cinquantaquattro tra i prigionieri.

Guerín non difetta mai in eleganza ed anche in questo corto sfoggia una raffinatezza rara mettendo in mostra le sue abilità e la sua voglia di ricercare nuove forme dentro al mezzo cinema. L’inizio è quasi documentaristico, delle riprese fluttuanti che ricordano quelle di Ad Astra (2016) ci conducono nella chiesa, prima esternamente e dopo internamente, proprio come se fossimo dei visitatori (ascoltiamo, per un attimo, quella che forse è una guida turistica), e sempre come tali arriviamo nella cappella dove si trovano alcune pitture, d’improvviso si diffonde della salsedine, Guerín intensifica sapientemente il racconto che di lì in avanti farà di tutto per trasportarci in un ambiente marino, idealmente non ci siamo mossi dalla cattedrale però con la fantasia si vola altrove grazie agli accorgimenti dello spagnolo che ricrea il viaggio della Saphir adottando delle soluzioni intriganti, dalla semplice inquadratura di un modellino che messo in prospettiva con il dipinto che ha davanti sembra che stia davvero per salpare, al tragitto segnato su una vecchia mappa passando per l’esemplificazione dell’assenza di vento con un cielo azzurro + un POV dondolante o la videocamera che, mentre si ode la cronaca della tragedia, gira a 360° nel sottotetto. La ricostruzione degli eventi si appaia infine all’analisi certosina del quadro in cui Guerín, dotato di lente di ingrandimento, spiega e analizza i dettagli lì presenti trasformando il film in una lezione di arte, oltre che di storia e ovviamente di cinema.

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