Mai letterale, fazioso o ammiccante, Vers Madrid va dritto per una strada che sa di rivoluzione, veniamo sballottati dall’impeto del malcontento, dalla rabbia di chi non arriva a fine mese, e quindi anche dall’utopia perché sotto sotto sappiamo di quanto sia complicato, per non dire impossibile, scontrarsi con questa massa informe e proteiforme che risponde al nome di Sistema, e a tal proposito il film non fa sconti quando si occupa dell’altra faccia della medaglia, la negazione degli ideali prende corpo sotto le manganellate della polizia, è un risveglio traumatico che grazie a George viviamo in prima persona, è il caos che si palesa, urla, grida, colluttazioni violentissime, la tensione schizza fuori dai fotogrammi in bianco e nero, due uomini si denudano davanti ad un impassibile plotone di forze dell’ordine, purtroppo ecco la solita triste storia in cui chi detiene il potere lo esercita senza scendere a compromessi, anche in un Paese democratico nel cuore dell’Europa. E allora viene da chiedere che senso ha tutto questo? In quale modo il sacrosanto diritto delle classi medio-basse di far sentire la propria voce può scardinare la morsa elitaria? Il luccichio che brucia del sottotitolo si è poi tramutato in un incendio? Be’, forse qualcosa è cambiato visto che Podemos è diventato un partito di rilievo in Spagna, ma la percezione è che non sembra mai abbastanza, ciò, tra le altre cose, si deve all’eclissamento di una sinistra che non ha saputo più fare politica, ovvero non è più stata in grado di dare risposte ai cittadini, di programmare, e di conseguenza hanno preso piede tendenze pericolosamente nazionaliste e reazionarie. Il quadro, otto anni dopo Vers Madrid, è quello appena descritto, aspettiamo di vedere il successivo Paris est une fête - Un film en 18 vagues (2017) per misurare nuovamente con mano la temperatura di un mondo che non riesce a guarire.
The Son
1 ora fa
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