Evidentemente anche
l’India ha una sua tradizione nel campo dell’animazione e, sempre
evidentemente, il sottoscritto ne è totalmente all’oscuro, per cui
non ho paragoni né esempi da richiamare per Printed Rainbow
(2006), non ho idea se assomigli o diverga da qualcos’altro,
tuttavia, alla fin fine, a prescindere dalla nazionalità di
appartenenza, c’è sempre una medesima cifra universale che scorre
in questi piccoli oggetti da tenere stretti, una spinta delicatissima
che è soffio ma anche vento se lo si vuole, corrente esistenziale,
escatologica, di una dolcezza disarmante, e il tutto avviene
utilizzando elementi altrettanto disarmanti in termini di semplicità:
l’attrice e regista Gitanjali Rao crea quel tipico mondo in
miniatura che ci dice quelle due o tre cose essenziali per mezzo di
un quadretto basico dove un’anziana nonnina gatto-dotata si vive la
sua vita normale, fa le faccende di casa, si affaccia alla finestra
per vedere altre vite che, al pari della sua, vanno avanti, ognuna in
modo diverso, e per trasmetterci ciò la Rao usa un tratto di
carboncino privo di nitidezza, molto simile ad un altro film dal
titolo Un perro llamado Dolor
(2001) con però maggiore fluidità (non sono male dei scivolamenti
laterali atti a mettere in serie diverse azioni fisiche che annullano
lo spazio logico), in sintesi la scoloritura che idealizza la
condizione di chi la vive (e per di più piove, mannaggia!).
Però
la donna ha un vicino (peraltro il sosia disegnato di László
Krasznahorkai) che spaccia delle scatolette di fiammiferi colorate
che le permettono, in uno slancio immaginifico, di entrare in altri
mondi dove al contrario della grigia realtà i colori divampano, al
pari dell’avventura, della scoperta, della bellezza e di tutti gli
ingredienti che in fondo mancano anche nella nostra quotidianità.
Che il confronto tra le due dimensioni, accentuato dall’impostazione
visiva, sia di un’elementarità lampante è sotto gli occhi di
chiunque vedrà Printed Rainbow,
eppure io dico, appunto, vedetelo!, perché esemplari del genere
vanno difesi, anzi, vanno tutelati dalle raffiche escrementizie che
facciamo fatica a schivare, e quindi niente, sarà anche scontata la
struttura del corto, ovvia nel suo dispiegarsi, facile, prevedibile,
ma quando si apre, quando si spoglia del candore che per buona parte
lo caratterizza, quando pur restando ciò che è, d’improvviso, fa
sul serio, care amiche e cari amici, quell’istante è
un’irradiazione di amore, un riconciliamento intimo e profondo con
delle zone recondite che abbiamo dentro di noi.
Se
avete un cuore, e sono sicuro che lo avete, piangerete.
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