lunedì 8 giugno 2020

Printed Rainbow

Evidentemente anche l’India ha una sua tradizione nel campo dell’animazione e, sempre evidentemente, il sottoscritto ne è totalmente all’oscuro, per cui non ho paragoni né esempi da richiamare per Printed Rainbow (2006), non ho idea se assomigli o diverga da qualcos’altro, tuttavia, alla fin fine, a prescindere dalla nazionalità di appartenenza, c’è sempre una medesima cifra universale che scorre in questi piccoli oggetti da tenere stretti, una spinta delicatissima che è soffio ma anche vento se lo si vuole, corrente esistenziale, escatologica, di una dolcezza disarmante, e il tutto avviene utilizzando elementi altrettanto disarmanti in termini di semplicità: l’attrice e regista Gitanjali Rao crea quel tipico mondo in miniatura che ci dice quelle due o tre cose essenziali per mezzo di un quadretto basico dove un’anziana nonnina gatto-dotata si vive la sua vita normale, fa le faccende di casa, si affaccia alla finestra per vedere altre vite che, al pari della sua, vanno avanti, ognuna in modo diverso, e per trasmetterci ciò la Rao usa un tratto di carboncino privo di nitidezza, molto simile ad un altro film dal titolo Un perro llamado Dolor (2001) con però maggiore fluidità (non sono male dei scivolamenti laterali atti a mettere in serie diverse azioni fisiche che annullano lo spazio logico), in sintesi la scoloritura che idealizza la condizione di chi la vive (e per di più piove, mannaggia!).

Però la donna ha un vicino (peraltro il sosia disegnato di László Krasznahorkai) che spaccia delle scatolette di fiammiferi colorate che le permettono, in uno slancio immaginifico, di entrare in altri mondi dove al contrario della grigia realtà i colori divampano, al pari dell’avventura, della scoperta, della bellezza e di tutti gli ingredienti che in fondo mancano anche nella nostra quotidianità. Che il confronto tra le due dimensioni, accentuato dall’impostazione visiva, sia di un’elementarità lampante è sotto gli occhi di chiunque vedrà Printed Rainbow, eppure io dico, appunto, vedetelo!, perché esemplari del genere vanno difesi, anzi, vanno tutelati dalle raffiche escrementizie che facciamo fatica a schivare, e quindi niente, sarà anche scontata la struttura del corto, ovvia nel suo dispiegarsi, facile, prevedibile, ma quando si apre, quando si spoglia del candore che per buona parte lo caratterizza, quando pur restando ciò che è, d’improvviso, fa sul serio, care amiche e cari amici, quell’istante è un’irradiazione di amore, un riconciliamento intimo e profondo con delle zone recondite che abbiamo dentro di noi. 
Se avete un cuore, e sono sicuro che lo avete, piangerete.

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