ALL’ANTI-SONO
Il 2015 di Sion Sono,
annus mirabilis che i fatti hanno tramutato in annus
horribilis, riserva un colpo di coda che è, per rimanere nel
mood del titolo, un gradevole luccichio di cui, in tutta onestà,
avevamo ampiamente perso le speranze, ed invece si può asserire con
una compostezza figlia delle precedenti visioni che hanno fatto
rivalutare di molto il giapponese a chi scrive, che Sono è
finalmente tornato a proporre un cinema sopra il livello della
decenza, e meno male!, la serie infinita di titolacci che nell’ultimo
lustro portavano la sua firma non prometteva niente di buono per il
futuro (The Land of Hope [2012]?, Shinjuku Swan [2015]?
… si salvi chi può!), e continuano a farlo visto che Sion non
accenna ad una pausa e prosegue indefessamente a sfornare pellicole a
nastro seminando pesanti dubbi sulla qualità delle stesse, ma Hiso
hiso boshi (2015) è comunque un’inaspettata risposta ai
detrattori dell’ultimo periodo (che mi vedono in primissima fila)
e, soprattutto, un esempio di come anche un autore che si aggira
intorno alla cinquantesima opera possa ancora scovare nuovi canali di
trasmissione compiendo dei passi oltre il proprio seminato.
Che Sono fosse un tipo
eclettico è un dato ampiamente assodato, e dopo aver attraversato i
generi più disparati, sovente anche all’interno di un singolo film,
ciò che gli mancava era una liaison con la fantascienza, attenzione:
il terrore della pre-visione paventava di quanto tutto potesse pericolosamente sbracare
in una delle carnevalate a cui ci ha abituato, ma la paura lascia il
posto all’ammirazione già dopo pochi minuti che ci restituiscono un
Sono incredibilmente misurato e trattenuto, una novità quasi assoluta
nello sterminato portfolio dell’autore, “quasi” perché
parecchi anni prima aveva dato alla luce il noir The Room (1993),
altro asciuttissimo oggetto in bianco e nero (ma il b/n di The
Whispering Star possiede altri contasti per tendere al seppiato
d’antan). Qui Sono operando di sottrazione fa le cose semplici, che
risultano più credibili di qualunque ricostruzione iper-tecnologica,
l’astronave ed il mondo spaziale, ad esempio, ricordano molto
l’artigianalità low cost dell’americano Cory McAbee col dittico
The American Astronaut (2001) / Stingray Sam (2009), e
il sapore retrò contribuisce a montare uno stato nostalgico barra
malinconico che si diffonde sottile nel girato, ciò si deve anche ad
un’impostazione narrativa che dilatandosi ludicamente (il tempo
passa eppure non passa mai per l’androide protagonista) lascia Yoko
sempre più sola in una bolla lontana, e si sente, si tocca con
gli organi invisibili della percezione, ed è semplicemente così:
bello. E che questo sia un Sion Sono realmente diverso ce lo ricorda
anche il registro attoriale (di solito costituito da una pletora di
saltimbanchi pronti ad urlare come pazzi ad ogni momento buono)
dove regna un piacevole contegno, e assistere a dialoghi sussurrati, a
gesti minimi, a fugaci e delicate interazioni spiazza e al contempo
scalda il muscolo sotto il nostro pettorale sinistro.
L’avrete ormai capito:
non si era mai visto un Sono così! E l’aspetto buffo è che per
ritrovare se stesso, o forse un altro se stesso, è dovuto andare al
suo opposto, all’anti-Sono, e la cosa dovrebbe farlo riflettere
così come dovrebbe far riflettere noi spettatori: perché uno dei
vertici della produzione sononiana è l’antitesi della sua
riconosciuta poetica? Forse perché sebbene sotto altre vesti i film
del regista non hanno mai mancato di porre un’attenzione speciale
al substrato umano (Love Exposure [2008] si chiude con una
salvifica stretta di mano, Himizu [2011] è un lacerante corpo
a corpo metaforico tra uomo e ambiente), con The Whispering Star
la potatura di ogni eccesso permette la sbocciatura di un alito
poetico che si dispiega grazie ad un sacco di trovate (mi è piaciuto
moltissimo il parallelo suggerito tra l’insetto rinchiuso nel
neon-universo e Yoko ingabbiata nella metodicità di una realtà
eterna) che aprono letteralmente Hiso hiso boshi ad un senso
profondo in linea con il cinema dei grandi maestri orientali del
passato e del presente e che ha nella figura del corriere
intergalattico che trasporta piccoli pezzi di vita alle persone
(reduci, si dice, dal disastro di Fukushima, al pari dei “pianeti”
visitati) un picco di dolcezza, una cuccia in cui raggomitolarsi
felici.
Indubbiamente il miglior
Sono del 2015 e probabilmente uno dei migliori di sempre.
grazie...
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