sabato 10 febbraio 2018

Metrobranding

Una storia d’amore tra gli uomini e gli oggetti, così recita il sottotitolo di Metrobranding (2010), piccola operazione rumena ideata da due giovani laureati all’università d’arte cinematografica di Bucarest: Ana Vlad e Adi Voicu per tre anni (dal 2007 al 2010) hanno infatti girato la Romania sulle tracce di quelle città che sotto il comunismo ospitavano grossi centri produttivi, e raccogliendo le testimonianze delle persone che vi lavoravano sono riusciti ad estrapolare un sentimento che è proprio delle storie d’amore (finite): la nostalgia. La carrellata proposta dal duo ritrae individui comuni rispolverare vecchi oggetti tenuti in casa (e il documentario nasce proprio così: Vlad & Voicu, due ragazzi che seppur presenti non hanno vissuto gli anni precedenti al 1989, nell’incappare in brand per loro sconosciuti hanno voluto ricreare un particolare ponte con il passato) attraverso i quali è possibile compiere un’ennesima analisi sociale sulla Romania. La macchina da cucire Ileana, la bicicletta Pegas e le scarpe da tennis prodotte a Dragasani, sono tutti reperti archeologici provenienti da un’altra era, simboli di un immaginario che si è disgregato lasciando soltanto il ricordo di ciò che è stato. Chiuse le fabbriche (o ricalibrate in un settore evidentemente più redditizio: dalle cucitrici meccaniche ai fucili), persi gli operai, volatilizzato l’ideale di un benessere, rimane l’interrogante presenza dei manufatti intatti e ad oggi ancora funzionanti.

Messa così sembrerebbe che Metrobranding strizzi l’occhio ad una malinconia che parafrasandoci potrebbe dire “ah quando c’era Ceaușescu…”, in realtà il film si chiude con la seguente frase proferita da un ex manager di una ditta di lampadine: “all’epoca di Ceaușescu abbiamo usato più candele che ai tempi dei nostri genitori. I giornali, in quel periodo, ci facevano credere che vivevamo in una situazione ideale. E noi credevamo che quelli fossero anni luminosi.” Dunque, facendo fede al proprio animo indagatore, l’opera di Vlad & Voicu vuole sì rispolverare un lato marginale degli effetti prodotti dall’aberrante politica del dittatore, ma soprattutto si impegna in un’azione che forse nessun altro esemplare rumeno si è impegnato a fare: ci mostra il dopo, non meno preoccupante del prima. Metrobranding compie un passo importante verso tale direzione perché mette alla berlina l’establishment successivo a quel famoso 25 dicembre, e quanto emerge è una classe politica che non ha saputo adattare il sistema produttivo interno alle dinamiche del capitalismo impoverendo ulteriormente la nazione. Un documentario che non ci riguarda direttamente, no, ma se vogliamo parlare di Europa credo sia utile conoscere la storia recente dei nostri vicini di casa, potrebbe essere un buon antidoto per l’ottuso razzismo.

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