domenica 21 febbraio 2016

Carcasses

Compreso tra Elle veut le chaos (2008) e Curling (2010), Carcasses (2009) è opera estremamente periferica di una filmografia, quella di Denis Côté, che già di per sé non orbita intorno all’elementarità preferendo tracciati sghembi, sovrapposizioni di registri, oscuramenti r(el)azionali.
Ritroviamo qui il medesimo scenario agreste del Québec provinciale presente anche in tutti gli altri film del regista, e ritroviamo parimenti una tendenza a ritrarre l’Uomo in una certa condizione di isolamento, non solo dal mondo urbano ma anche dai propri simili. Queste impressioni trovano un recipiente di interesse nella figura del rigattiere strampalato che accatasta rottami nel prato attorno alla propria casa; la descrizione che Côté fornisce di tale personaggio avviene tramite un canale prettamente documentaristico che scansa qualunque accenno tramico in favore di una testimonianza oculare volta a raccogliere istantanee esistenziali del vecchio. Il susseguirsi di riprese in cui vediamo catafalchi arrugginiti spostati dall’uomo, o quest’ultimo assorto nell’abitazione ricolma di cianfrusaglie, rendono ardua la visione per via di un torpore che si diffonde minuto dopo minuto e che nemmeno il mood bizzarro riesce a mitigare.

Verso metà proiezione l’autore nato nel New Brunswick decide però di cambiare rotta e, con una sorta di ribaltamento che potremmo lontanamente parificare agli impianti teorici che sostentano il cinema di Miguel Gomes, soffia nel documentario una polvere di finzione sottoforma di quattro disabili che piombano incoscientemente nella realtà del robivecchi. Il torpore sopraccitato non è che subisca tangibili cambiamenti con questa entrata in scena, per di più data la pressoché totale mancanza di dialoghi tocca assistere a situazioni tutt’altro che chiare (nel vero senso della parola: Côté non si lascia sfuggire l’occasione di offuscare le atmosfere con un macabro quanto misterioso episodio mortuario) col rischio concreto di sfiorare una seccante insolenza artistica. Eppure nel modo di fare cinema che caratterizza Côté è sempre intravedibile una tendenza a voler lasciare un’impronta precisa su quanto ci viene proposto, ed anche se qui il cosa non viaggia di pari passo al come, in un’intraprendente avvicendamento strutturale come quello di Carcasses risiedono pronostici favorevoli per il futuro.

4 commenti:

  1. Questo l'ho tradotto io x AsianWOrld :D
    Mi piacque anche abbastanza, queste le mie impressioni

    http://www.asianworld.it/forum/index.php?showtopic=16076

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  2. Allora colgo l'occasione e ti ringrazio per il lavoro che fai/fate. E' sempre un piacere dare uno sguardo su Altro Cinema.

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    1. ehehhe grazie grazie ma ti confesso che se non ci fosse stato il tuo blog non mi sarebbe mai venuta la voglia di cimentarmi in questo hobby :D Se riesci recuper Someone Else's Happiness e Kid , entrambi di Fien Troch, ci starebbero a pennello su oltreilfondo ^^

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